Inverno di Straperetana. Linguaggi d’arte disseminati in territori altri e ritratti di tempo vissuto

Dovremo ormai saperlo che è intorno ad un tavolo imbandito da buon cibo e vino che prendono forma le idee migliori, le anime affini si incontrano e si riesce a vivere al meglio il tempo presente. Se poi il pasto condiviso è il risultato di uno scambio di saperi culinari e tradizioni, realizzato in una cucina partecipata, in cui l’arte si pone al servizio del nostro e altrui palato, l’incontro diventerà un’esperienza dagli esiti imprevedibili.

È questa l’atmosfera che si può trovare a Pereto, in occasione di Straperetana Winter, evento promosso dalla galleria Monitor che in questo paese alle porte dell’Abruzzo ha aperto, da qualche mese, una sua sede (dopo Roma e Lisbona). Si tratta di un appuntamento che questo dicembre arriva alla sua terza edizione e vuole idealmente unirsi alla manifestazione estiva Straperetana che, esattamente da tre anni, dissemina progetti e opere di arte contemporanea nel territorio di questo borgo (si legga qui dell’edizione estate 2019).

Lontani dalla frenesia che contraddistingue l’ambiente urbano – specialmente in questo momento dell’anno – la gallerista Paola Capata, insieme a Delfo Durante, creano un’occasione particolare per riunire amici e colleghi del piccolo ma popolato universo dell’Arte e coinvolgerli in un vero contest culinario.

Se l’anno scorso sono stati curatori e artisti a confrontarsi ai fornelli, quest’anno è la volta di artisti e galleristi, raggruppati in quattro coppie diverse: Marco Raparelli e Beatrice Bertini, Diego Gualandris e Carla Carchiaro, Giovanni De Cataldo e Sara Zanin, Matteo Fato e Paola Capata (quest’ultima coppia improvvisata, in sostituzione di Elisabetta Benassi e Gabriele Gaspari, assenti all’ultimo momento), coinvolti nella realizzazione di ricette da loro predilette o a loro tramandate.

La sfida gastronomica e il pranzo sono stati ospitati negli ambienti dell’ Università della Terza Età di Pereto e al convivio è stato invitato qualche abitante locale e i partecipanti alla scorsa edizione, artisti e curatori che quest’anno hanno avuto anche un ruolo di giuria, dando un personale voto alle diverse portate e proclamando infine la coppia vincitrice.

L’edizione invernale di Straperetana, però, vuole essere anche occasione di confronto e dialogo con il territorio di Pereto con il quale, negli ultimi anni, gli artisti hanno cercato uno scambio e hanno lavorato per realizzare una lettura artistica e contemporanea del borgo.

Così il primo anno il collettivo Fondazione Malutta è stato invitato a proporre un progetto che indagasse la storia e l’ambiente che attraversava, concependo l’intervento Maluttaklaus che li ha condotti a bussare alle porte delle case muovendosi sulle orme di riti e usanze tradizionali. L’anno scorso, oltre ad inaugurare lo chef contest, i partecipanti e abitanti di Pereto sono stati coinvolti nel gioco del Mercante in fiera, realizzato con le carte originali dall’artista Adelaide Cioni.

Anche per quest’ultima edizione le azioni proposte hanno portato a vivere il territorio, proseguendo un’ideale indagine e lettura dell’ambiente circostante.

Nella prima parte della mattinata, infatti, artisti e galleristi (con la supervisione del curatore Saverio Verini) hanno affisso in diverse zone di Pereto quattro manifesti realizzati dai quattro artisti coinvolti nella sfida. Tra la Piazza del Castello, Piazza della Fonte e le vie principali che disegnano il paese, è quindi possibile ritrovare affisse su strutture predisposte, le quattro stampe realizzate per l’occasione che si inseriscono tra le architetture del borgo e si confrontano con i boschi e i profili delle montagne che circondano Pereto.

Successivamente, in seguito al contest culinario, siamo tornati a incontrare l’arte in ambienti preposti ad ospitarla, seppur originali e unici per la loro storia e posizione. Siamo entrati nella sede della galleria Monitor che qui è ospitata a Palazzo Maccafani, elegante edificio in pietra dalle forme tardo-barocche – ma dalla storia ancora più antica – che in  questi giorni di fine anno, accoglie la personale di Matteo Fato, con il quale lo spazio espositivo è stato inaugurato lo scorso settembre.

Immagine è somiglianza (come il ritratto sia parte della pittura) è una mostra che riporta l’attenzione sul genere del ritratto, linguaggio al quale negli ultimi anni Fato ha dedicato grande attenzione. Le opere esposte sono state realizzate in gran parte per questa mostra (dislocata tra questa sede e la galleria romana) e ad esse si affiancano alcuni altri precedenti lavori che concettualmente – e rispetto al percorso personale dell’artista – trovano qui una inedita collocazione. La pittura dell’artista abruzzese sembra riportare vita nelle stanze, nude e spartane, scolpite nella pietra. Le pennellate che danno forma ai corpi e ai volti sulle tele, restituiscono i gesti calibrati e misurati dell’artista che nel medium pittorico ha sempre riconosciuto un’estensione del pensiero e della parola.

La pittura di Matteo Fato non è mai silenziosa, ma nella materia e nei colori portati sulle sue tele – come anche nelle installazioni dove la pittura ritrova una sua terza dimensione – trapela il pensiero dal quale il gesto è scaturito.

Le opere si installano nelle sale del Palazzo quasi seguendo una loro personale necessità, rintracciando muti legami con l’ambiente nel quale si trovano. Così il ritratto di Cesare Manzo – gallerista da poco scomparso, con il quale Fato ha iniziato il suo percorso artistico – si inserisce in modo incredibilmente spontaneo nella sala più sotterranea, dove la posa raccolta e familiare del soggetto rappresentato è avvolto da un’atmosfera quasi sacrale, accentuata dalle forme dolci e fredde dei neon blu che lo circondano.

Anche i due paesaggi presenti – le uniche opere esposte, realizzate in precedenza e lontane dal genere del ritratto – sono predisposte in una stanza che affaccia sulle maestose montagne del territorio circostante e tendono inevitabilmente i fili di un originale legame con queste.

Tutte le parole non dette e i gesti sfuggiti alle superfici di tela, li ritroviamo infine su una piccola base: corpi di colore confusi e riuniti insieme come materia al riposo, quasi ancora ansimante, che qui si placa dopo un viaggio lungo nelle profondità della memoria, nel tentativo di ritrarre un tempo che non procede lineare ma sfugge e si dimena, trovando sempre una nuova forma.

Info mostra

  • Matteo Fato | Immagine è somiglianza (come il ritratto sia parte della pittura)
  • a cura di Simone Ciglia
  • fino al 2 gennaio 2020
  • Monitor Gallery
  • Palazzo Maccafani, Pereto (AQ)
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Francesca Campli ha una laurea in Storia e Conservazione del Patrimonio artistico e una specialistica in Arte Contemporanea con una tesi sul rapporto tra disegno e video. La sua predilizione per linguaggi artistici contemporanei abbatte i confini tra le diverse discipline, portando avanti ricerche che si legano ogni volta a precisi territori e situazioni. La passione per la comunicazione e per il continuo confronto si traducono nelle eterogenee attività che pratica, spaziando dal ruolo di critica e curatrice e quello di educatrice e mediatrice d'arte, spinta dal desiderio di avviare sinergie e confrontarsi con pubblici sempre diversi.

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