Ritrovarsi sulla via dei canti, nel bosco di Paliano

Mai come quest’anno è stato importante tornare a immergerci in ambienti naturali. Che fosse mare, montagna, lago o campagna, avevamo astinenza – per alcuni inconsapevole– di ascoltare, toccare, percorrere la natura e i suoi spazi. Risvegliare i sensi, ri-attivare la nostra percezione, mettendoci nuovamente in ascolto.
Camminare in un bosco restituisce questo genere di sensazioni e ci porta a compiere gesti spesso divenuti inconsueti, come quello di alzare la testa. Il nostro sguardo corre sopra di noi ed eccoci circondati da alti alberi, nei raggi di sole che si battono per infilarsi tra rami e foglie. Lì percepiamo la nostra fragilità e al tempo stesso una energia dimenticata, imprecisata, genuina.

Inoltrarsi nel Bosco di Paliano (in provincia di Frosinone nel Lazio) mi ha dato fin da subito questa sensazione. I cerri sono ancora verdi e avvolgono il camminatore che segue lo slancio di questi alberi verso l’alto. I tronchi tutto intorno si affiancano silenziosi ai nostri passi ed è inevitabile pensare quante memorie, passaggi e suoni custodiscano. I rumori, i fruscii e i versi degli uccelli ci circondano senza mai esaurirsi del tutto.

Proprio il canto degli uccelli si fa sempre più chiaro e nitido pian piano che ci si addentra nel cuore della boscaglia. Lì, in un punto in cui la radura si apre, due piccoli tronchi distesi si fronteggiano e creano una piccola scena pronta ad accogliere il riposo del passante. Qui i suoni sono più chiari, avvolgono, confondono, per lasciare infine emergere le tracce di nuove narrazioni.

Canti di uccelli diversi, misti a rumori e suoni che appartengono ad altri ambienti – urbani, marini, domestici – uniti a sonorità elettroniche, meccaniche, si susseguono uscendo da quattro casse intorno alla piazzola. Si tratta di 24 tracce sonore firmate da 25 artisti e compositori per realizzare un’unica istallazione dal titolo la Via dei Canti: Uccelli-Birds, progetto a cura di Zerynthia, associazione che si occupa di arte contemporanea e sound art.

Le origini del progetto sono più lontane nel tempo e nello spazio. Risale infatti al 2013 la raccolta di queste tracce sonore pensate per un intervento alla Nuit Blanche di Parigi sotto la direzione artistica di Chiara Parisi e Julie Pellegrin. I canti degli uccelli, in quell’occasione, dovevano liberarsi nell’aria parigina partendo da una barca che scivolava sul canale St. Martin.

Oggi gli stessi suoni si ritrovano in un ambiente a loro più affine, tra gli alberi di un bosco, ma si relazionano con questi rami, arbusti e con gli uccelli locali in modo nuovo, creando nuovi paesaggi sonori inaspettati.

Il bosco di Paliano in passato è stato scenario di altri interventi artistici, tra i quali il Simposio Uccelli/Birds tra artisti, compositori, storici dell’arte, ornitologi ed etologi a cura di Carolyn Christov Bakargiev e Hans-Ulrich Obrist che poco più di venti anni fa si svolse proprio in questo Parco degli uccelli voluto da Antonello Ruffo di Calabria, fin da principio impegnato a tutelare questo ambiente e a farlo vivere attraverso nuovi dialoghi con le arti.

Oggi le sue figlie coinvolgono Mario Pieroni e Dora Stiefelmeir di Zerynthia in un progetto artistico dedicato ai visitatori del parco e per loro arriva quasi spontaneo pensare di realizzare qui una nuova Via dei Canti.

Ci racconta Dora:

“Abbiamo pensato: cosa fai in un bosco? Il progetto del 2013 ci è sembrato perfetto, ma doveva essere riadattato. La mancanza di corrente nel mezzo del bosco ci impediva di realizzare la sincronizzazione delle singole registrazioni, così abbiamo rimontato tutto, accoppiando le registrazioni dei diversi artisti. Abbiamo lavorato come montando un puzzle”.

I venticinque artisti sono stati scelti fin da principio perché la loro ricerca artistico-sonora poteva avvicinarsi a questo tema o era già stato di loro interesse. Molti di loro avevano già utilizzato il suono come medium (Richard Crow, Maria Thereza Alves, Filippo Leonardi), altri sono dei veri e propri compositori (Alvin Currain, Arturas Bumšteinas, Riccardo Giagni), altri come Gianfranco Baruchello o Fabrice Hyber sono soprattutto visual artist. Per ognuno di loro il canto degli uccelli è divenuta la chiave di accesso per leggere un paesaggio, raccontare un momento di vita o per tradurre un preciso stato d’animo.

I canti che escono dalle casse sospese tra i tronchi sono stati realizzati o composti con metodi e macchinari diversi.

“Ogni pezzo musicale ha la sua storia”.

Così ci precisa Dora e nel farlo mi sembra quasi di cogliere una certa emozione, come di chi sta svelando il lato più prezioso, non così evidente ed esplicito al primo ascolto. Ed è vero, perché i vari versi canori, gli stridii elettronici, i fischi ripetuti e gli altri diversificati rumori di sottofondo svelano ognuno una storia, proveniente da uno spiraglio aperto di una porta, dal davanzale di una finestra spalancata sul mare, da un carillon del Settecento riprodotto fedelmente, dall’Ornithological Counselling: un archivio che “raccoglie field recording di uccelli dentro una clinica psichiatrica, per tutti i nostri amici pennuti che trovano difficoltà ad affrontare il mondo moderno”.

Le storie si disperdono nel fogliame e nella nostra mente accendono immagini. È richiesta attenzione e un vero esercizio di ascolto e filtrazione tra i vari suoni mentre siamo seduti su quei tronchi. Se inizialmente si fa fatica a distinguere i suoni portati nel bosco da quelli che dal bosco nascono, poi questo non ha più importanza e le sonorità si fondono, diventano parte di un’unica via sulla quale si snodano narrazioni che percepiamo ogni minuto che passa con più chiarezza.

In realtà sono pochi i field recording, le registrazioni in presa diretta, come quella di Donatella Landi che porta qui i versi di 13 specie di uccelli tropicali diversi, pur raccogliendole di fronte alla voliera dello zoo di Roma. A lei si affiancano le strofe composte appositamente da Alvin Currain e le due sonorità, naturale e artificiale, sembrano compensarsi e arricchirsi a vicenda.

In alcune tracce il canto degli uccelli resta sullo sfondo, emergendo di tanto in tanto, mai del tutto scomparendo, ma restando parte di un paesaggio più ampio e composito, come quello di Porta Capuana a Napoli, dove sul far della sera, Jimmie Durham e Maria Thereza Alves hanno raccolto le voci dei rondoni che qui si raggruppano sui bianchi marmi del portale. Ascoltiamo gli uccelli garrire e mischiarsi alle onde del mare, al vociare della folla, al traffico caotico finché non notiamo emergere tra essi i versi di altri uccelli, quelli raccolti dal compositore Riccardo Giagni, sulle orme del Catalogue d’oiseaux di Olivier Messiaen, e le due registrazioni trovano un nuovo equilibrio, come modulandosi l’uno sull’altro.

Ogni coppia di tracce risulta trovare un nuovo modo di essere, di dialogare insieme con il paesaggio reale, quello presente, del bosco di Paliano. Come accade sempre nell’incontro con l’arte – visiva, sonora, performativa – ognuno avrà una percezione unica e sola dell’opera e quando è il suono il medium con cui ci confrontiamo, questo accade ancora più frequentemente.

Dall’ascolto emergeranno quelle narrazioni che più sentiremo affini, infondo ogni traccia sonora non è altro che “un diario personale in riferimento all’atmosfera del luogo e all’umore di quel giorno”.

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Francesca Campli ha una laurea in Storia e Conservazione del Patrimonio artistico e una specialistica in Arte Contemporanea con una tesi sul rapporto tra disegno e video. La sua predilizione per linguaggi artistici contemporanei abbatte i confini tra le diverse discipline, portando avanti ricerche che si legano ogni volta a precisi territori e situazioni. La passione per la comunicazione e per il continuo confronto si traducono nelle eterogenee attività che pratica, spaziando dal ruolo di critica e curatrice e quello di educatrice e mediatrice d'arte, spinta dal desiderio di avviare sinergie e confrontarsi con pubblici sempre diversi.

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