Il corpo di Frida. Riscritture di una vita

immagine per Frida Kahlo
Lina Meruane

Iperesposto, iperconosciuto, iperstrumentalizzato: il corpo di Frida Kahlo trova il proprio spazio (e la propria valorizzazione)in un Book Pride in cui essere vivente significa (anche) essere vulnerabile e cosciente della propria vulnerabilità.

L’incontro prevedeva un dialogo fra Lina Meruane (scrittrice  cilena il cui libro Sangue negli occhi pubblicato da La Nuova Frontiera affronta l’irrompere della malattia nella vita di una giovane donna) e Barbara Garlaschelli, scrittrice la cui vita, la cui opera e il cui impegno sono stati profondamente segnati da un incidente avvenuto durante l’adolescenza.

Con un imprevisto così attinente da sfiorare la poesia, il corpo di Barbara Garlaschelli si impone con una forza dolorosa e la costringe all’assenza che assenza non è, perché si manifesta nelle parole che Giorgio Vasta pronuncia prima dell’incontro. La riflessione che chiude la sua lettera si rifà alle parole di André Breton: l’opera di Frida è un nastro intorno a una bomba. Qualcosa di fragile e fiero che mai potrà contenere quella forza esplosiva.

A questa immagine efficacissima di incongruenza si collega Lina Meruane che ripercorre l’opera di Frida spogliandola di tutte le sue sovrastrutture commerciali (dal femminismo spiccio al romanticismo dolciastro che circonda la storia con Rivera) senza però esimerla da quella simbologia, da quella complessa rete di metafore che lei stessa ha creato , che lei stesa ha voluto incarnare.

La malattia, l’incidente, l’amore, la rivoluzione, il tradimento sono storie notissime perché rimbalzate su ogni schermo, ma che nelle parole di Lina si intrecciano per formare la trama di una pittura che è sì privata, autobiografica, ma non per questo non-politica, anzi.

Frida che non aveva limitato la sua arte alla pittura ma era diventata lei stessa incarnazione di un modo di vedere e di stare al mondo, Frida talmente consapevole manipolatrice della sua immagine da cambiare la propria data di nascita per farla coincidere con la rivoluzione messicana, aveva fatto del suo corpo dolente (reale e rappresentato) un soggetto cosciente. Cosciente della sua posizione di outsider, cosciente della posizione della donna nella politica, nella società e nell’arte, troppe volte oggetto osservato e ora (anche dolorosamente) soggetto portatore di un messaggio urgente.

Ma l’opera di Frida è e deve essere riconosciuta anche come momento fondamentale della storia dell’arte sudamericana, capace di farsi volutamente crogiolo di istanze che derivano dalla cultura indigena così come dalle influenze cattoliche postcoloniali, dai manuali di anatomia medica così come dalle prospettive distorte degli ex voto.

Un momento fondamentale che, come tale, è riconosciuto e ripreso da artisti successivi. Lina Meruane porta in particolare l’esempio del gruppo di performer queer Le giovenche dell’Apocalisse, che riprendendo pedissequamente l’iconografia di Frida Kahlo per schierarsi dalla parte degli oppressi, di coloro che non vogliono essere più invisibili, di coloro che hanno deciso di non essere più oggetti ma soggetti di una narrazione. Come Frida, non utopisti ma rivoluzionari, non sognatori ma uomini e donne coscienti, coraggiosi, sempre schierati dalla parte della vita, in tutta la sua vulnerabilità.

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Nata a Parma nel 1995 e qui incamminata sulla via degli studi umanistici, dal 2014 risiede al Collegio Ghislieri di Pavia. Nell'Ateneo della città studia Lettere Moderne e muove i primi, incerti, decisi passi verso la Storia dell'Arte Contemporanea. Sprovvista della esperienze e della sicurezza che occorrerebbero per parlare di se stessa in terza persona, si limita a seguire ogni strada buona con tutti gli strumenti possibili - che siano un libro, una valigia, un biglietto del cinema. Non sa quello che è, non sa quello che vorrebbe diventare: in mezzo, la voglia di non risparmiarsi e una passione sempiterna per la scrittura e per la cultura dell'Europa centro orientale.

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