Hello Dolly. Fotografia e bellezza sino alla fine del mondo. Giovanni Presutti

Hello Dolly! è la personale di Giovanni Presutti alla Galleria Gallerati di Roma e a cura di Noemi Pittaluga. Il titolo della mostra è lo stesso del film di Gene Kelly e porta alla riflessione sulla donna in quanto essere umano: mentre nel film la donna è la quintessenza della positività, nel lavoro fotografico di Presutti essa diventa una bambola di plastica che rappresenta la fine dell’umanità e che in qualche modo assume il ruolo di messaggera di un concetto più complesso. È una vera Winks che l’artista ha trovato in un mercatino, l’ha poi inserita in set fotografici che raffigurano icone del consumismo contemporaneo come Ikea o l’ipercoop o McDonald. È stata scelta una bambola al femminile anche per alludere alla mercificazione del corpo nella nostra società.

La riflessione si costituisce attraverso il pensiero sulla fine del mondo perché la Winks è l’unica superstite di un’umanità distrutta che ha cancellato la propria esistenza sulla Terra. Il genere umano è stato annichilito dal consumismo e a guardar bene la plastica è l’origine della mentalità usa e getta che caratterizza i nostri tempi. Scenari apocalittici, complice una luminosità contrastata, sono accompagnati da una perfezione estetica che forse è fin troppo marcata; accolgono delle modifiche in post produzione 3D che assolutizzano il concetto alla base, come la “K” di Ikea caduta a terra, o le vetrine di McDonald rotte; la bambola è sempre presente a ricordarci una tematica che si rivela in un’estetica allucinata. Le luci vengono alterate in maniera tale da giungere ad un’immagine patinata e irreale, che non ha profondità, ma è dato tutto quasi sullo stesso piano, nonostante rimanga flebile una sorta di prospettiva. I film di fantascienza giocano un ruolo importante perché le fotografie si ispirano ai cult Blade Runner, Incontri ravvicinati del terzo tipo, V come vendetta, Matrix ed altri. Sembra di entrare in uno scenario futuribile in contrasto con l’idea di vita e di esistenza umana. La tensione sotterranea si risolve nell’accuratezza delle scelte espressive, ma dall’altra parte non si esprime in maniera evidente perché viene bloccata, paradossalmente, dalle stesse scelte; se ne possono intuire i suggerimenti dati ad uno sguardo attento. La conclusione di tutto il viaggio è rappresentata da una discarica di plastica, dove anche la bambola trova la sua fine negando totalmente la speranza e mettendo un punto duro da digerire, ma possibile nel percorso che l’uomo sta facendo nella sua evoluzione.

Dalle parole della curatrice:

“Presutti, prendendo spunto da ambientazioni fantascientifiche e iperrealiste, opera una meditazione dal sapore malinconico, e la sua riflessione sul concetto di bellezza, di cui la protagonista del film Hello, Dolly! di Gene Kelly era ambasciatrice, è la tematica sulla quale si sofferma e ci invita a ragionare. Il pensiero nostalgico, che pervade gli scatti, valuta indispensabile il bisogno di incompiutezza e di sentimenti per scardinare un sistema spesso sterile, asettico e alienante.”

Info mostra

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Claudia Quintieri, classe ’75, è nata a Roma, dove vive e lavora. Si è laureata in Lettere indirizzo Storia dell’arte. È giornalista, scrittrice e videoartista. Collabora ed ha collaborato con riviste e giornali in qualità di giornalista specializzata in arte contemporanea. Nel 2012 è stato pubblicato il suo libro "La voglia di urlare". Ha partecipato a numerose mostre con i suoi video, in varie città. Ha collaborato con l’Associazione culturale Futuro di Ludovico Pratesi. Ha partecipato allo spettacolo teatrale Crimini del cuore.

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