Giulia Marchi, Rokovoko.

“… era una limpida giornata di un azzurro acciaio i cieli dell’aria e del mare non si potevano quasi distinguere in quell’azzurro che tutto pervadeva …” è una frase del libro Moby Dick or The Whale di Melville da cui Giulia Marchi ha tratto ispirazione per creare le fotografie del lavoro Prima di essere schiuma saremo indomabili onde esposto nella sua personale Rokovoko alla galleria Matèria di Roma, con testo critico di Gemma Padley.

Nella mostra tre serie di lavori, quello già citato, Memorie selettive e Paesaggi irrisolti, tutte ricollegabili all’idea di un luogo immaginario cui tendere che viene incarnato dall’isola immaginifica Rokovoko, isola fantasticata da Melville da cui prende il nome l’esposizione. Dalle parole di Moby Dick nasce la ricerca di un colore che Giulia Marchi inventa e che segna tutti gli scatti di Prima di essere schiuma saremo indomabili onde: è un colore che si trova fra il blu, il grigio ed il verde, e che la caratterizza. In realtà, l’idea di base di questa serie deriva da un passo di Flaubert in cui si parla dei pescatori di ostriche che l’autore paragona anche agli artisti; dichiara l’artista:

“questi pescatori si innamorano di cose all’apparenza brutte, se brutte si possono definire, cose che racchiudono un’essenza irrisolta, ambigua, perché quando l’ostrica viene tirata fuori dall’acqua non si è certi che ci dia una perla, può anche essere vuota, e questa ambiguità mi guida nel mio lavoro” 

Il legame di Marchi con la letteratura è molto stretto, per tutte le sue creazioni studia precedentemente testi attraverso cui si rivela l’ispirazione per le fotografie. Nel percorso preparatorio per Prima di essere schiuma saremo indomabili onde oltre a Melville e a Flaubert ha letto Pavese e Brodskij; da lì è partita per costituire una propria dimensione acquatica in cui il suo blu domina e si veste di materiali diversi che non sono importanti in quanto tali, ma che creano quel colore che si manifesta in immagini differenti, sempre astratte. Lo scatto di partenza raffigura un legno che Marchi definisce:

 “la mia bacchetta del rabdomante da cui è iniziata la mia ricerca di una dimensione acquatica in foto che di acquatico non hanno nulla perché l’acqua non c’è mai.”

Ad accompagnare la serie un libro d’artista in cui sono riportate tutte le citazioni letterarie che hanno guidato Marchi in questo viaggio, è stato bagnato per creare un legame con il concetto di base. Da qui l’idea di dare vita ad una pubblicazione con parte degli scatti ed il testo di Gemma Padley.

La mostra comincia però nella prima sala dove sono esposte due opere che alludono ad una cartografia immaginaria e che costituiscono il lavoro Memorie selettive: protagoniste sono foto, rispettivamente, di un percorso per arrivare dalla casa dell’artista ad una casa dei suoi sogni, ma che non può avere, e foto di un muro scrostato, con i buchi, appartenente ad un vecchio cinema di Rimini, altro luogo dove la fantasia si perde e dove grazie alla stratificazione se ne può percepire la storia. A caratterizzare le due opere il fatto che le foto sono inserite in due cassetti da tipografo al posto degli spazi dove venivano messi lettere e numeri, ancora un legame con la parola scritta che, questa volta, riconduce alla memoria. Alcuni spazi sono vuoti perché la memoria dimentica le cose, ma anche per dare una possibilità a nuovi ricordi: la memoria agisce in maniera selettiva, da cui il titolo della serie. Altro legame con “l’isola che non c’è” è la capacità della memoria di ricordare collegando i fatti al “dove”, quindi ad un luogo. Infine, sempre nella prima sala, la serie Paesaggi irrisolti porta a cartografie irrisolte: su stampe precedentemente trattate in camera oscura Marchi traccia paesaggi con ago e filo: non sono banalmente creste di una montagna, colline o palazzi, ma paesaggi immaginari e sempre aperti, per un continuo mutamento, per una propensione al fantasticare. Tre opere di questa serie sono costituite da nodi bianchi:

“nodi che stanno a significare il punto di partenza o il punto di arrivo o una destinazione verso la quale ognuno di noi tende”.

Il libro d’artista Multiforms di Giulia Marchi, edito da Danilo Montanari Editore, sarà in mostra al Camusac di Cassino. Per questa pubblicazione l’artista ha letto i testi di e su Marc Rothko ed ha realizzato 19 fotografie ispirate a 19 quadri del maestro della serie Multiforms, da cui il nome del libro. Uno dei testi del lavoro è di Bruno Corà. Gli scatti hanno come soggetto lana e sabbia, materiali che costituiscono anche la base della scatola in cui è conservata l’opera. Inoltre due degli scatti di Multiforms diventeranno parte della collezione Longo del Camusac.

Info mostra

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Claudia Quintieri, classe ’75, è nata a Roma, dove vive e lavora. Si è laureata in Lettere indirizzo Storia dell’arte. È giornalista, scrittrice e videoartista. Collabora ed ha collaborato con riviste e giornali in qualità di giornalista specializzata in arte contemporanea. Nel 2012 è stato pubblicato il suo libro "La voglia di urlare". Ha partecipato a numerose mostre con i suoi video, in varie città. Ha collaborato con l’Associazione culturale Futuro di Ludovico Pratesi. Ha partecipato allo spettacolo teatrale Crimini del cuore.

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