Casale dei Cedrati a Villa Pamphili ha aperto le sue attività.

Allestimenti

Il Casale dei Cedrati, situato all’interno di Villa Pamphili a Roma, è stato restituito alla cittadinanza grazie al bando del 2013 promosso da Roma Capitale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, vinto dall’A.T.I. CoopCulture – Linea d’Arte, oggi trasformata in Società Consortile Casale dei Cedrati. Un progetto partecipato in cui sono coinvolti diversi soggetti e un gruppo di donne imprenditrici, espressione della comunità di Monteverde.

Il casale è stato edificato nel XI secolo come struttura di avvistamento e abitazione. Esso è addossato all’acquedotto Traiano Paolo e si compone di un corpo di fabbrica a due livelli con ampio cortile in adiacenza. La superficie del casale è pari a 390 metri tra il piano terreno e il primo piano. La superfice esterna dedicata a cortile e di 230 metri. La recinsione muraria che lo delimita è stata edificata da Gabriele Valvassori nel XVIII secolo e delimita anche il Giardino dei Cedrati. La vocazione iniziale del Giardino, che apre anch’esso in questa occasione, era quella di stalle, per poi passare nel ‘600-‘700 ad essere inteso come Giardino di Delizie, fino a divenire degli Agrumi agli inizi dell’800; il ciclo termina con la fase ottocentesca delle serre.

Oggi, all’interno del Casale vi saranno varie attività quali visite guidate, laboratori, mostre, incontri, conferenze, appuntamenti per gli sportivi,  grandi eventi e concerti di musica, il tutto ospitato in spazi dedicati anche allo studio e al gioco, serviti da caffetteria e bookshop, in linea con l’offerta  e la qualità dell’accoglienza dei grandi parchi europei con, in più, quel filo green di educazione all’ambiente, alla cultura del giardino e del verde urbano che vuole idealmente dare continuità, reinterpretandola in chiave contemporanea, all’antica vocazione agricola del Casale.

Al piano superiore dell’edificio si svolgerà il progetto project room_artist in residence a cura di Lori Adragna con media partner art apart of cult(ure). Questo progetto vede due giovani artisti di nazionalità e/o etnia diversa realizzare opere durante gli otto – dieci giorni della residenza per poi esporle in mostra alla fine del periodo. Non esistono temi prestabiliti, ma essenziale è cogliere l’essenza del luogo: dagli aspetti naturali a quelli storico-artistici e architettonici, trasformando l’ispirazione in rappresentazione condivisa. Dove il passato convive con il contemporaneo si genera attrazione e fermento. Partendo dalla memoria del posto, i due artisti potranno interagire e lavorare in solitaria, dar vita a sodalizi e creare le proprie opere. Il processo progettuale e realizzativo sarà aperto al pubblico attraverso visite, incontri, workshop, laboratori didattici. Lo scopo è dialogare con il territorio influenzandolo e facendosi influenzare nella consapevolezza dell’ambiente in cui ci si trova immersi, nel rispetto della memoria. Importante l’interazione con il pubblico attraverso gli incontri dove si potranno vedere gli artisti al lavoro. Gli artisti poi restituiranno al pubblico il loro atto creativo, favorito dalla possibilità che gli viene offerta di avere uno spazio dedicato, attraverso la mostra finale. La selezione degli artisti sarà effettuata per open call permanenti dietro insindacabile giudizio ed esplicito invito del curatore delle project rooms di Casale dei Cedrati, Lori Adragna. I primi due residenti sono stati Alessandro Calizza e Iulia Ghita.

Calizza ha lavorato con la frutta prendendo ad ispirazione l’antica vocazione del Giardino: Steal- life è una natura morta su di un’ara sacrale, quasi dionisiaca, che ci porta a riflettere sul tema della vanitas, sul decadimento della nostra società perché la frutta è grigia e si sta disfacendo, sciogliendo, liquefacendo. Come in un Ritratto di Dorian Gray traslato, vediamo il decomporsi di questa materia viva, simbolo della bellezza in riferimento alla società, non in un quadro, ma in una scultura, l’artista dichiara:

“È dove ci si dimentica della bellezza che la realtà si apre ad epoche buie, in cui l’Essenza migliore dell’Essere Umano viene sacrificata per seguire falsi dei e nuove, effimere, aspirazioni.”

L’utilizzo di materiali contemporanei quali la plastica, nelle diverse fasi di composizione dell’opera, rende ancor più centrato il discorso. Nel background dell’artista è presente poi un riferimento storico quale Caravaggio.

Ghita, invece, crea attraverso pastelli e gessetti delle carte ispirate alle piante del Giardino, carte in cui i colori sono differenti, le forme sono astratte e vanno dal centro materico alla leggerezza dei contorni. Le 25 tavole seguono il concetto di catalogazione enciclopedico-botanica, catalogazione vicina alla sfera emozionale più che ad una struttura scientifico-razionale. Presenta poi Latte, un grande acquerello dove bambini a grandezza naturale sono compresi di uno stato malinconico. Il mondo del bambino è tanto complesso quanto quello dell’adulto, ma una volta cresciuti non si può tornare indietro, si conserva però lo stato junghiano di puer, ovvero quell’aspetto primordiale che si colloca fra totalità universale e pulsioni egotiche distruttive. Come non si può tornare indietro dalla crescita così l’artista ha scelto di utilizzare la tecnica dell’acquerello da cui non si può tornare indietro se si fanno errori. Si vuole sottolineare poi il rapporto madre-figlio – come dalle parole di Ghita:

“momenti di incomprensione tra il bambino e l’adulto che possono interrompere anche un coerente rapporto dei due”

Info

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Claudia Quintieri, classe ’75, è nata a Roma, dove vive e lavora. Si è laureata in Lettere indirizzo Storia dell’arte. È giornalista, scrittrice e videoartista. Collabora ed ha collaborato con riviste e giornali in qualità di giornalista specializzata in arte contemporanea. Nel 2012 è stato pubblicato il suo libro "La voglia di urlare". Ha partecipato a numerose mostre con i suoi video, in varie città. Ha collaborato con l’Associazione culturale Futuro di Ludovico Pratesi. Ha partecipato allo spettacolo teatrale Crimini del cuore.

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