Pamela Diamante, Async. Visione alternativa dell’antropocene e del rapporto Uomo Natura

immagine per Pamela Diamante, Async

“L’artista non si fa, artisti si è ed è praticamente impossibile disobbedire alla propria essenza”
Sono queste le parole di Pamela Diamante (Bari nel 1985),  che agisce nel mondo artistico grazie all’unione di vari medium quali installazioni, fotografie e video, cercando un equilibrio concettuale che faccia convergere tutte le varie forme di espressione in tematiche che siano affini per realizzare un quadro completo del suo pensiero.

Importante nel suo percorso l’impossibilità di studiare, cinque anni nell’esercito, la voglia di scoprire il mondo, un flusso di situazioni ed incontri che hanno lasciato un segno, l’Accademia di Belle  Arti frequentata praticamente dieci anni dopo il lavoro nell’esercito, per poi arrivare a dominare il caos che ci appartiene e dargli una forma logica, attraverso l’utilizzo di modelli estetici e l’approfondimento della coscienza.

È l’attimo che ci coinvolge nel suo lavoro, quell’istante dove la complessità del reale, nella coabitazione con la complessità dell’essere umano, si rivela alterando il tempo e lo spazio con cui entriamo in gioco, così da condurci alla comprensione di aspetti della stessa realtà che prima ci era impossibile cogliere.

La velocità del tempo e l’intensità di un attimo creava una discontinuità nel flusso temporale alterando le significazioni delle esperienze e della materialità, prima della pandemia; ora è tutto assoggettato ad un presente assolutistico in cui nulla accade, anche l’istante si è detemporalizzato e tutte quelle riflessioni che si sono aperte con l’inizio del fenomeno pandemico in qualche modo si sono perse nel tempo.

In questo mondo dilatato, si eludono i contorni delle cose e si va verso un’immobilità che espande l’attimo invece di rendercelo immediato e parte di successioni subitanee, per cui le istanze del nostro pensiero si amplificano in una maniera cui non siamo più abituati e rendono le immagini, le informazioni, le sollecitazioni, più meditative.

Per questo l’arte di Pamela Diamante risponde con opere immersive e stravolgenti le nostre capacità di comprensione.

Inoltre, nella poetica dell’artista, è essenziale l’attenzione ai mezzi d’informazione che influenzano le nostre vite generando modelli culturali che si adattano ad una complessità collettiva: in questa direzione riflessiva i punti di riferimento di Diamante per lo sviluppo di un pensiero critico sono stati principalmente Jean Baudrillard e Paul Virilio.

E ciò ci porta ad analizzare la più recente mostra dell’artista, Async, alla Galleria Gilda Lavia di Roma.

Tutta la mostra riflette sul rapporto asincronico tra uomo e natura cercando di ribaltare la prospettiva antropocentrica.

Il titolo della mostra prende origine dalla grande installazione in galleria che nasce da una riflessione di Virilio, che Diamante ha applicato a questo periodo pandemico. Virilio, nel suo articolato pensiero, prevedeva che i mezzi di informazione sarebbero stati in grado di generare una “sincronizzazione dell’emozione collettiva nel paradosso dell’individualismo di massa”, in cui “il movimento panico diventa l’accelerazione della realtà che distrugge il nostro senso dell’orientamento – in altre parole la nostra visione del mondo”.

In questo senso ha lavorato la nostra artista, che ci dice:

“Ho pensato immediatamente all’assenza di stupore che caratterizza i nostri giorni, detta anche languishing; per me è stato un atto dovuto realizzare un’opera capace di generare uno spazio altro, capace di strappare almeno un attimo al quotidiano per condurre ad un risveglio magico attraverso la ricerca del fantastico.”

L’opera Async è un’installazione site specific, con una forte estetica futurista, allestita in un tunnel di nove metri dove protagoniste sono bellissime piante tropicali. L’intento è di riflettere sul potere della natura attraverso la generazione di suoni ancestrali e forti vibrazioni estrapolati dalle stesse piante attraverso la tecnica arduino che trasforma i campi di potenza in frequenze.

Utilizzando questa tecnica, Pamela Diamante, con il supporto del compositore Marco Malasomma, è arrivata quindi a suoni organici e a volte acuti che si alternano in maniera randomica.

Nella serie di fotografie in mostra, dal titolo Fenomenologia del sublime, l’artista utilizza la preziosissima e ormai piuttosto rara Pietra Paesina, di derivazione calcarea, che si trova in Toscana, dove Diamante vive.

La particolarità di tale pietra – geologicamente originata circa 50 milioni di anni fa –  è che essa, sulla sua superficie, dà luogo a delle particolari immagini naturali, dai contrasti cromatici e dalle forme che sembrano paesaggi dipinti, ma senza alcun intervento umano. Giocando su questa caratteristica figurativa-evocativa, ad ogni pietra l’artista accosta una fotografia correlata che riprende il paesaggio della pietra stessa, in modo sorprendentemente simile.

Pamela ha trovato queste immagini attraverso un complesso lavoro, usando un motore di ricerca tecnologico russo. La perfezione della Natura che si manifesta nelle pietre esclude l’uomo e si cristallizza in forme estetiche, per l’appunto, sublimi; con la sua forza, la stessa Natura continua a palesarsi e a vivere nonostante la pandemia. La Rete da cui sono tratte le fotografie può solo alludervi.

L’ultima opera di questa mostra è il video 5’ per indurre un’assenza. Qui l’artista si esprime in un respiro affannoso e interrotto che segna un nuovo rapporto con il corpo verso la sua smaterializzazione e un mancamento.

Infatti, Diamante cerca di indurre il suo corpo a provare un’assenza epilettica, un tipo di epilessia (JAE) che conduce verso una realtà di percezioni alterate e  inspiegabili ma senza la perdita della coscienza. Nel video, il tentativo è un insuccesso. Infatti, come ci spiega l’autrice:

“Sì, è un poetico fallimento, un puro gesto estetico poiché, non essendo affetta da tale patologia, non mi resta che accettare il mio destino e rimanere imprigionata nella realtà.”

Per concludere, le parole di Diamante sul suo processo interiore per la realizzazione dei suoi lavori:

“Trascorro lunghi periodi in cui studio mantenendomi sempre aggiornata sull’attuale, costruisco e decostruisco immagini mentali per poi passare alla fase operativa in cui tutto converge in una danza. Adoro danzare.”

Info

+ ARTICOLI

Claudia Quintieri, classe ’75, è nata a Roma, dove vive e lavora. Si è laureata in Lettere indirizzo Storia dell’arte. È giornalista, scrittrice e videoartista. Collabora ed ha collaborato con riviste e giornali in qualità di giornalista specializzata in arte contemporanea. Nel 2012 è stato pubblicato il suo libro "La voglia di urlare". Ha partecipato a numerose mostre con i suoi video, in varie città. Ha collaborato con l’Associazione culturale Futuro di Ludovico Pratesi. Ha partecipato allo spettacolo teatrale Crimini del cuore.

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e statistici. Cliccando su "Accetta" autorizzi tutti i cookie. Cliccando su "Rifiuta" o sulla X rifiuterai tutti i cookie eccetto quelli necessari per il corretto funzionamento del sito. Cliccando su "Personalizza" è possibile selezionare quali cookie attivare.