Pepe Espaliù lo spagnolo, artista sfrattato per cui il futuro non esisteva perché era nel suo lavoro

immagine per Pepe Espaliú. Foto Giorgio Benni

Per coloro che non vivono più in me. 
Alcuni credono che l’arte sia una forma di comprensione del mondo. Nel mio caso, è sempre stata il modo in cui non lo si capisce…, non lo si ascolta. Ho iniziato facendo dell’arte una tana in cui sopravvivere nel sottosuolo, rimanendo estraneo e protetto da una Realtà che ho sempre vissuto come insopportabile. L’arte è stata il mio grande alibi. Uno star fuori da qualcosa che mi è sempre stato estraneo, ancorato in parametri che non ho mai condiviso.”

Questo l’incipit del testo Ritratto dell’artista sfrattato dello spagnolo Pepe Espaliù (Córdoba, 1955 -1993) pubblicato su “El Pais” il 1 dicembre 1992.

Con queste parole l’artista, omosessuale e ammalato di AIDS, inizia una sorta di confessione che si volge esprimendo la sua esclusione dal mondo a causa della sua condizione, esclusione dovuta a regole sociali, giuridiche, religiose, politiche, pubblicitarie, che lo hanno portato verso un universo parallelo fatto di arte.

Ma conclude così:

 “Sono grato all’AIDS per questo ritorno inimmaginabile alla superficie, dandomi posto per la prima volta in un’azione in termini di Realtà. Magari questa volta, è non m’importa se si tratta dell’ultima, il mio fare in veste di artista ha un senso compiuto, un’unione assoluta con il limite esistenziale in cui ho sempre girovagato senza conoscerlo a fondo, ballandoci insieme senza arrivare mai ad abbracciarlo. Oggi so qual è la vera dimensione di questo limite. Oggi ho smesso di immaginarlo. Oggi io sono quel limite.

Parole forti che indicano una sofferenza, ma anche una presa di coscienza e quasi una liberazione da schematismi e ghettizzazioni in quegli anni molto presenti.

La mostra è la prima personale di Espalù in Italia e ha titolo L’ultimo Espaliù; raccoglie opere degli ultimi anni della sua vita – quando è stato colpito dalla malattia – si svolge alla Reale Accademia di Spagna di Roma ed è a cura di Xose Prieto Souto, Rosalía Banet, Raffaele Quattrone.

A Espaliù sono dedicate tre sale, mentre nella quarta vi è un confronto con artisti italiani che hanno riflettuto su tematiche a lui care, e sono: Bruna Esposito, Francesco Impellizzeri, Cesare Viel, Marinella Senatore, Alessandro Moreschini e Vincenzo Marsiglia.

Sono presentati nella mostra pittura, disegno, scultura, testimonianze di performance e video.

Si percepiscono nel percorso espositivo una riflessione sull’identità, uno stato di vulnerabilità, una richiesta di protezione, un senso della morte che diventa ciclico, la sensazione di isolamento, di incomprensione.

Il ricorrere del nido, nei disegni di Espaliù, come espressione di circolarità della vita nella morte, ha una controparte nella performance  Il Nido (1993, Arnhem, Olanda) in cui a vari metri d’altezza costruisce, appunto, un nido su di un albero. Salito sul nido, a mano a mano si toglie le vesti fino a restare nudo. Ripete questa azione varie volte finché non scende da questa costruzione senza abiti. Si legge, oltre al concetto di circolarità, un voler dichiarare la propria vulnerabilità nella nudità con cui si offre senza difese.

Mentre nell’azione titolata Curring, che ha aperto vari telegiornali, si fa portare da più uomini in braccio per un lungo percorso: si intende una richiesta di essere sostenuto, una volontà di condividere la propria situazione di disagio. L’azione è stata svolta a San Sebastian e poi a Madrid. A Madrid ha partecipato anche Pedro Almodovar con alcuni attori interpreti dei suoi film.

Nella prima sala le portantine nere, collegate all’azione Curring, sono chiuse come fosse impossibile trasportare qualcuno, nella negazione dell’aiuto e nella discesa verso la morte, quasi queste sculture fossero feretri. Nella stessa sala il video in cui Espaliù parla, in una trasmissione televisiva, della sua condizione di malato di AIDS: testimonianza toccante di un uomo che, nella sua situazione, racconta, si espone, riflette, citando anche il Vangelo per parlare della malattia come fonte di luce religiosa. Spesso compaiono le stampelle, in forma scultorea e nei disegni: sono indice di una ricerca di sostegno, nella precarietà, nella malattia; vogliono alludere alla difficoltà di vivere nell’incertezza; sono una dichiarazione di instabilità fisica e psicologica.

Molteplice la documentazione tra cui una foto di quando Espaliù è stato borsista alla stessa Accademia di Spagna tra il 1992 e il 1993, ultimi anni della sua vita, oppure la pagina de “El Pais” con il suo citato testo Ritratto dell’artista sfrattato.

Nell’ultima sala due dipinti di Alessandro Moreschini si esplicano con una precisione dell’uso del colore che si risolve in una figuratività dove scheletri e teschi alludono alla circolarità della vita nella morte. Circolarità presente nel video di Bruna Esposito, video che riprende una sua performance dove persone realizzano Mandala fino a costituire con essi una svastica con un canto corale finale suggestivo.

Francesco Impellizzeri porta una testimonianza che si contrappone alla serietà dell’esposizione con le sue opere giocose e ironiche che riflettono sull’identità grazie al travestimento, firma storica di Impellizzeri. Cesare Viel è in mostra con un video in cui indossa i panni dell’intervistatore andando a chiedere opinioni sull’omosessualità: le risposte sono le più varie, dal vedere l’omosessualità come malattia fino alla difficile accettazione, rendendo un quadro culturale sconcertante.

Vincenzo Marsiglia crea appositamente per l’esposizione disegni dove figure umane appaiono in un gabbia alludendo sia all’essere costretti che alla ricerca di protezione. Mentre Marinella Senatore porta un video che testimonia una sua performance in cui l’arte teatrale si mette al servizio della creazione di una comunità: il concetto di comunità è presente nella produzione di Espaliù.

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Claudia Quintieri, classe ’75, è nata a Roma, dove vive e lavora. Si è laureata in Lettere indirizzo Storia dell’arte. È giornalista, scrittrice e videoartista. Collabora ed ha collaborato con riviste e giornali in qualità di giornalista specializzata in arte contemporanea. Nel 2012 è stato pubblicato il suo libro "La voglia di urlare". Ha partecipato a numerose mostre con i suoi video, in varie città. Ha collaborato con l’Associazione culturale Futuro di Ludovico Pratesi. Ha partecipato allo spettacolo teatrale Crimini del cuore.

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