Alessandro Twombly a Palazzo Cozza Caposavi di Bolsena. Friendly#1

Alessandro Twombly

Conosco Lorenzo Cozza Caposavi da qualche anno e nel suo splendido palazzo ci sono stata varie volte, compreso un capodanno con tanto di cena a lume di candela, in una serata così magica da aver paura di perdere la scarpetta e trovare la zucca al posto della macchina. Certo, Lorenzo è anche un Conte, e quindi il titolo nobiliare un po’ ti fa fantasticare, ma la sua accoglienza e cortesia non provengono di certo dal blasone, quanto piuttosto da una genuina nobiltà d’animo.

Palazzo Cozza Caposavi è situato in una delle strade principali all’interno del borgo di Bolsena. La struttura è di origine cinquecentesca ed è stata poi ridisegnata nel settecento. Ad accogliere il visitatore ci sono soffitti e pareti affrescate, una piccola cappella, saloni e stanze arredati con cura e gusto, tanto da mantenere ancora quel mood che si viveva negli anni ’50/’60 del secolo passato.

In questi giorni lo splendore del luogo ha lasciato spazio a una mostra: una serie di 12 sculture e alcuni disegni di Alessandro Twombly. Questa sua personale a Bolsena, ricuce una trama aperta proprio dai genitori dell’artista e del proprietario di casa. Infatti, Alessandro Cozza Caposavi (padre di Lorenzo) alla fine degli anni ’60 affitta a Plinio De Martiis (il fotografo e celebre gallerista romano della Tartaruga) un casale, Rentica, nel quale Cy Twombly (padre di Alessandro) andava spesso a lavorare. L’allora piccolo Twombly si ricorda perfettamente quel soggiorno al lago e la creazione delle tele della serie Bolsena.

Sin dalla nascita, Alessandro si trova dunque in un ambiente dove arte e respiro sono quasi la stessa cosa. Parlando con lui, mi sono anche ricordata che sua madre era la baronessa Tatiana Franchetti, sorella di Giorgio, collezionista e mecenate, in società con Plinio De Martiis: a testimoniare che l’artista ha vissuto, anche se in tenera età, quegli anni di fermento artistico romano incontrando, vedendo, e sentendo l’arte in ogni suo aspetto.

Tra le sculture grandi, alcune sono realizzate in resina e polvere di marmo, altre in bronzo: sembrano essere forme materiche nello spazio in uno stato di totale compenetrazione rispetto all’ambiente che le accoglie. Imponenti sì, ma che a dispetto del loro peso importante, danno un senso di estrema leggerezza. Le sculture più piccole, in bronzo, sono invece come dei totem con figure longilinee sinuose, affascinanti e magnetiche.

Il tema che l’artista porta avanti da anni è legato alla natura, e come la sua forza arrivi direttamente nelle sue creazioni lo dimostra anche nel suo modo di vivere. Proprio lui, infatti, mi racconta di aver scelto di vivere nella campagna viterbese per rimanere a contatto con l’ambiente; in una proprietà della sua famiglia a Capranica, dove c’è il suo studio e la sua casa.

Parlando con Alessandro Twombly mi sono venuti in mente i pensieri del filosofo Friedrich Schelling, il quale sosteneva che l’arte è lo strumento per la teoria della conoscenza, perché è l’espressione dell’uomo in cui lo spirito e la natura sono fusi. Così nella creazione di un’opera d’arte concorrono una dimensione di naturalità (l’ispirazione artistica), e una dimensione cosciente, l’istinto ‘animale’ insieme al razionale. L’arte come conoscenza dell’Assoluto.

Questa è la ricerca di Alessandro Towmbly: rappresentare lo spirito visibile della natura in forme che possono essere dipinte o scolpite e dove conscio e inconscio trovano materia: potenza generatrice che assume una concretezza, realizzata con narrativa poetica e studio di mezzi e materiali. Un focus aperto per contemplare e riflettere sul nostro rapporto con la natura, attraverso il dialogo che Alessandro instaura con essa creando opere che, assieme al luogo che le ospita, meritano la vostra attenzione e valgono il viaggio.

La mostra è in corso fino al 21 luglio 2016: per visitarla basta prenotare telefonando a Francesco Vesmile (342.8530373) che insieme con Caio Twombly ha curato l’evento. L’indirizzo è Piazza San Rocco 12, Bolsena (Viterbo).

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Serena Achilli, studiosa appassionata d'arte contemporanea, è curatrice indipendente e direttore artistico di Algoritmo Festival. Scrive per raccontare la propria contemporaneità cercando con cura pensieri e parole. Ha un Blog in cui c'è tutto questo e altro ancora.

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