Australiani a Roma. Kenny Pittock, Georgina Lee e Nothing’s Happened Since Yesterday

“Andremo a Milano per vedere The Last Supper di Leonardo” mi annuncia Kenny in un bar di Via Nazionale a Roma.
“Andy Warhol ne ha fatto una sua versione, uno dei suoi ultimi lavori” gli dico io.
“Oh sì è vero è bellissima, ti piace Warhol?” mi chiede.
“Sì, molto. E’ stato il più grande disegnatore del Novecento”.
Ce ne andiamo dentro Santa Maria degli Angeli per fare l’intervista, la gran quantità di chiese nelle città italiane affascina e un po’ fa sorridere gli stranieri. Kenny si siede sull’inginocchiatoio.
Kenny Pittock e Georgina Lee sono due giovani artisti australiani che hanno da poco esposto alcuni loro lavori alla rassegna Common Place, alla Galleria 291 Est, spazio giovane gestito da Vania Caruso e Roberto D’Onorio a Roma nel quartiere S.Lorenzo. La mostra, intitolata Nothing’s Happened Since Yesterday è stata curata da Naima Morelli, giovanissima critica ed esploratrice delle ultime frontiere dell’arte australiana e indonesiana che, avendo conosciuto i due artisti durante un viaggio a Melbourne, ha deciso di invitarli per questa loro prima mostra in Italia.

Il lavoro di Kenny si ispira a oggetti e situazioni quotidiane, ad esempio su un tavolo dispone cose che gli hanno sempre fatto pensare all’Italia: una scatola di gelato, un videogioco di Super Mario Bros, un cappellino della Ferrari, una copia de Il Padrino.

Kenny:

“Sono immagini che mi facevano venire in mente l’Italia prima di conoscerla realmente. Il cappello della Ferrari lo vedevo sempre in testa a un mio vicino di casa e il libro de “Il Padrino” me lo ha regalato mia madre tempo fa. Alcuni sono ovviamente stereotipi, come il cibo. In Australia vendono un tipo di pane, il garlic bread, che spacciano come ricetta italiana ma quando sono arrivato qui mi sono reso conto che voi italiani non sapete nemmeno cosa sia.”

Un modo di concepire la realtà che sembra provenire dall’infanzia e da archetipi ormai consolidati nell’immaginario di tutte le giovani generazioni, come le quattro Tartarughe Ninja, protagoniste di un altro lavoro di Kenny. Le vittime della TV hanno conosciuto prima loro che i quattro grandi artisti omonimi. Tra l’altro, nei giorni in visita nei musei italiani, Kenny si è divertito a scattare foto, mettendo un pupazzo di ogni tartaruga di fronte a un quadro ora di Leonardo, Michelangelo, Donatello e Raffaello. Lo stesso titolo della mostra, Nothing’s Happened Since Yesterday”, è un suo voler ironizzare sui titoli dei tabloid.

Kenny:

“In Australia è pieno di tabloid simili a quelli inglesi che scrivono solo stupidaggini. Quando venne in visita il principe William, questi giornali parlavano solo di cosa faceva lui ogni giorno.”

Georgina, che ha studiato economia e che lavora presso una società a Melbourne, descrive l’alienazione della vita d’ufficio tramite oggetti che la rappresentano: tazze per il caffè lungo di cartone, scrivania, calcolatrice, risme di fogli per stampanti, orologi che scandiscono il tempo della nostra vita e dove pochissimi momenti sono dedicati a noi stessi. Le faccio notare che è una condizione comune a molti giovani artisti e operatori del settore culturale in ogni angolo del mondo quella di svolgere un lavoro poco attinente alla loro attività creativa.

Georgina:

“Ovviamente so che sono fortunata ad avere un buon lavoro e mi piace, però allo stesso tempo sono critica nei confronti della vita lavorativa che sembra alienarti da qualsiasi altro momento dedicato a te stesso.”

Georgina è anche una studiosa di arte antica, in particolare interessata alla pittura fiorentina. Dice che Firenze le piace molto:

“sembra una specie di Disneyland con il suo centro storico medioevale, mentre Roma è più reale, ti fa rendere maggiormente conto di una crisi economica in atto”.

Nel frattempo arriva un custode e, senza parlare, solo con uno schiocco di dita seguito da un fermo cenno indicatore, fa capire a Kenny che deve alzarsi dall’inginocchiatoio e sedersi sulla panca. Il nostro amico esegue l’ordine a malincuore.

Che ne pensate di tutte queste chiese a Roma e dell’aspetto spirituale e religioso dell’ Italia?

Georgina:

“Quando ho avuto occasione di visitare le chiese italiane e di scoprire che ospitano capolavori di grandi maestri, ho immaginato che le loro opere sono state viste nei secoli da milioni di persone e ho pensato: questa cosa è la più grande opera d’arte mai concepita! Inoltre la cosa interessante dell’Italia è che è perfettamente visibile il progresso e l’evolversi delle arti.”

Kenny:

“Non sempre sono vicino ai temi religiosi ma vedere tutta questa cultura stratificata nei secoli in Europa, mi fa rendere conto della mia condizione, di artista e di cittadino di un paese giovane culturalmente come l’Australia. Rimango inoltre sempre molto sorpreso quando vedo gente nelle chiese che scatta continuamente foto o fa video invece di guardare le opere. E’ come un modo per schermare questa condizione duratura di ciò che le chiese rappresentano.”

Proprio Kenny, in occasione della mostra allo spazio 291 Est, ha realizzato un disegno sul soffitto della galleria: un Pinocchio della Walt Disney con un lunghissimo naso che va a terminare sulla cupola di S.Pietro. Un altro suo lavoro è una croce, realizzata con due bastoncini di gelato.

Esiste secondo voi un’identità australiana?

Georgina:

“Bè, c’è il fatto che tutti gli australiani che non sono aborigeni provengono da altre parti del mondo. Tempo fa vidi una mostra interessante alla Royal Academy di Londra dal titolo Australia, una specie di rassegna dell’arte australiana nei secoli, dove erano esposte opere dei primi pittori che hanno visitato Melbourne molto tempo fa ed è stato per me sorprendente vedere quelle testimonianze della realtà australiana passata.”

Com’è considerata dal pubblico australiano l’arte contemporanea? Chi frequenta le gallerie?

Georgina:

“Molte volte le gallerie sono un ambiente a sé, un po’ esclusivo, dove chi non è addetto ai lavori rischia di trovarsi disorientato. Però, rispetto a qui, c’è sicuramente un pubblico molto più giovane e una maggiore affluenza.”

Kenny:

“Tempo fa sono stato a vedere un concerto dei Coldplay e, guardando la folla immensa che era presente, ho pensato che forse la musica incide, essendo un mezzo più potente, incide di più nella vita delle persone di quanto lo faccia l’arte visiva. Per questo la gente spesso non la considera importante nella propria vita e frequenta poco i luoghi dove questa si esprime.”

Il nostro vociare tra i banchi della chiesa disturba la silenziosa meditazione dei fedeli e ad un tratto un signore esasperato ci sussurra stizzito: “Hey! This place is for praying, not for speaking!”. L’intervista l’abbiamo conclusa e togliamo il disturbo ma rimaniamo convinti che Salvator Rosa, sepolto lì, la nostra conversazione l’avrebbe gradita.

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Donato Di Pelino (Roma, 1987) è avvocato specializzato nel Diritto d’autore e proprietà intellettuale. Scrive di arte contemporanea e si occupa di poesia e musica. È tra i fondatori dell’associazione Mossa, residenza per la promozione dell’arte contemporanea a Genova. Le sue poesie sono state pubblicate in: antologia Premio Mario Luzi (2012), quaderni del Laboratorio Contumaciale di Tomaso Binga (2012), I poeti incontrano la Costituzione (Futura Editrice, 2017). Collabora con i suoi testi nell’organizzazione di eventi con vari artist run space.

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