Il Sistema in equilibrio di Lulù Nuti

Lulù Nuti, Sistema, 2015 - Case Romane Celio

In natura non ci sono esempi di equilibrio fisico di un corpo così come noi lo produciamo per necessità; la stabilità dei piatti della bilancia o un’asta che poggia su un fulcro sono il risultato di un artificio, come lo è tutta l’arte.

Sistema, la personale della giovane artista italo-francese Lulù Nuti, riflette anche sul concetto di equilibrio, chiudendo un ciclo di tre mostre progettate e curate dalla galleria Takeawaygallery alle case romane del Celio, al Clivo di Scauro, nei sotterranei della basilica dei SS. Giovanni e Paolo a Roma. La prima delle esposizioni era dedicata alle sculture di Marco Milia, basate sull’idea di spazio, di domus, attraverso le forme geometriche e gli elementi dell’acqua e dell’aria. Poi è la volta di Latinorum, in cui l’artista Giancarlo Neri, con le sue ironiche installazioni, gioca con il concetto di reperto archeologico e di tesoro, invitando il pubblico fruitore a diventare degli Indiana Jones a tempo determinato.

Lulù Nuti ha studiato alla Ecole Nationale Supérieure des Beaux Arts di Parigi e in Sistema si esprime attraverso la forma, ideando delle sculture in gesso e metallo che si basano tutte sulle tre figure geometriche della linea orizzontale, triangolo e semicerchio. Ogni scultura richiama quella che la segue, la scelta delle forme è stata suggerita dalle decorazioni presenti negli affreschi degli ambienti della domus romana e che l’artista ha voluto estrapolare per renderle visibili. La materia delle sculture dà l’impressione di degradarsi in maniera ciclica, opera dopo opera. Questo a causa della scelta voluta dell’artista di accostare materiali che di solito non convivono insieme: il ferro, ossidandosi, fa gonfiare il gesso.

Corpo ha in sé tre dimensioni: longitudine, latitudine et altitudine” (Piero della Francesca, De prospectiva pingendi). Era propria di molti autori del Rinascimento l’intenzione di indagare, più che i corpi o gli oggetti, le leggi che sottostanno alla loro rappresentazione. Queste leggi sono a fondamento di un sistema, “un insieme di elementi o concetti interconnessi tra loro organizzati in una struttura” come quello concepito da Lulù Nuti, che si pone anche il problema dell’aderenza tra questa struttura e i suoi significati. Questa solitamente è il risultato di una capacità e di una condizione culturale della civiltà che li esprime. La società romana antica, ad esempio, è impressionante per la cura con cui viene inteso e si manifesta il segno; nel lapidarium dei Musei Capitolini sono conservate lapidi che regolano il rito per un felice viaggio di andata (itus) e di ritorno (reditus) al viandante, con tanto di impronte di piedi raffigurate mentre vanno e vengono.

Lulù Nuti, come accennato, gioca con l’idea di equilibrio delle sue sculture, capovolgendone le regole fisiche e i ruoli delle loro parti. La base o il supporto dell’opera in qualche caso non ha più la funzione di sorreggere la scultura ma quella opposta di metterla in pericolo.  L’opera Ragno è retta solo da una moltitudine di fragili fili da pesca, che ricordano anche un ipotetico sviluppo di punti di fuga, una griglia immaginaria della realtà.

Lo spazio in cui le opere della mostra vivono deriva dalla stratificazione di vari ambienti romani, prima una domus popolare, poi una residenza patrizia e infine un titulus cristiano, un luogo di culto. Ancora la Roma delle origini avvertiva la sacralità degli spazi, in termini sia religiosi, sia sociali. I romani erigevano dei tempietti sui luoghi colpiti dai fulmini (bidentalia), e mettevano statue di Ermes  a proteggere gli incroci stradali.

Lulù Nuti ha affrontato il tema dello spazio-paesaggio anche in una serie di disegni che intitola Orizzonti tascabili, basati sull’immagine dell’orizzonte, sviluppata lungo dei cartoni estendibili. Anche un suo precedente lavoro, Horizon, mostrava una grande linea orizzontale, quasi un simbolo matematico, racchiusa tra una sorta di parentesi. L’artista Giuseppe Penone ha affermato in più occasioni che in Europa tutto il paesaggio è fatto dall’uomo, e così tutta la natura che vi si trova è antropomorfa. Così Michelangelo Pistoletto ha trovato nel suo recente progetto del Terzo Paradiso una sintesi, un equilibrio appunto, tra mondo artificiale e naturale (vedi http://www.artapartofculture.net/2015/12/02/ritratti-al-tavolo-del-terzo-paradiso-intervista-a-michelangelo-pistoletto-e-massimiliano-mucciaccia/). In questo senso molti dei concetti dell’Arte Povera sono stati accolti e rielaborati dalle ultime generazioni. La preoccupazione della “cancellazione” del paesaggio e del contrasto natura-città interessa moltissimi giovani artisti che lavorano con elementi naturali. Tronchi d’albero, insetti, foglie, pollini, sono tra i materiali più ricorrenti.

L’elemento del tempo in Sistema è affrontato dall’artista con un video che mostra lo scorrimento della sabbia, come una clessidra. La stessa sabbia che ha sepolto per secoli le Case Romane e che, usando le parole di Lulù Nuti, “crea una finestra sull’esterno, sul tempo della materia “puro”, quello dell’universo”.

Info mostra in corso

 

  • Catalogo di tutte le mostre di takeawaygallery, con foto di Claudio Abate, di prossima pubblicazione

 

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Donato Di Pelino (Roma, 1987) è avvocato specializzato nel Diritto d’autore e proprietà intellettuale. Scrive di arte contemporanea e si occupa di poesia e musica. È tra i fondatori dell’associazione Mossa, residenza per la promozione dell’arte contemporanea a Genova. Le sue poesie sono state pubblicate in: antologia Premio Mario Luzi (2012), quaderni del Laboratorio Contumaciale di Tomaso Binga (2012), I poeti incontrano la Costituzione (Futura Editrice, 2017). Collabora con i suoi testi nell’organizzazione di eventi con vari artist run space.

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