Intervista a Riccardo Majorana. Le avventure fantastiche di Lucio e Majo

Riproponiamo questo approfondimento del 2 maggio 2012 in memoria.

immagine per Riccardo Majorana
Riccardo Majorana ph. di Cristiano Collina

“Al coro, Riccardo Majorana!”. Così Lucio Dalla introduce al pubblico il suo giovane corista prima di iniziare una esecuzione magnifica di Nuvolari, contenuta nel disco live Amen (1992), un capolavoro dal punto di vista dei suoni, grazie agli straordinari musicisti e anche alla eccezionale vocalità  che  il  piccolo  grande  uomo dimostrò in quella come in tante altre occasioni. Il disco raccoglie tracce eseguite dal vivo durante il tour dell’album Cambio (1990) e le canzoni in esso contenute, grandi successi come Quale allegria, Felicità, Denis, Com’è profondo il mare, Attenti al lupo e Apriti cuore, assunsero una vena quasi mistica grazie alla scelta degli arrangiamenti: pareva nascondessero un Segreto… In effetti, questa atmosfera ascetica iniziò a percepirsi sin dalle prove per il tour documentato nel disco, come ci racconta proprio quel giovane corista, Riccardo Majorana, appunto, oggi musicista con una certa esperienza alle spalle:

“Durante le prove generali, Lucio cantò tutta la scaletta con in testa una bottiglia piena d’acqua, senza mai farla cadere, così pure il tappo della bottiglia, che aveva attaccato alla fronte. A volte era come se avesse dei poteri sovrannaturali.”

Riccardo Majorana è figlio di Maurizio Majorana, noto contrabbassista jazz e membro, alla fine degli anni Cinquanta della Doctor Dixie Jazz Band assieme ad un Lucio Dalla adolescente prodigio del clarinetto e ad un giovane Pupi Avati, quando questi in mano teneva un sassofono al posto della macchina da presa.

Dopo essersi diplomato al Conservatorio di Bologna, Riccardo inizia a collaborare con Dalla come corista e subito si rende conto della straordinaria atmosfera che lo circonda.

Lucio Dalla non aveva una formazione musicale accademica. Tu, Riccardo, cosa hai imparato da lui che prima non sapevi?

“E’ stato come frequentare una prestigiosa accademia musicale, una rara università, un’ esperienza unica per me, dalla quale credo di avere imparato tutto ciò che mi mancava di sapere; è anche per questa ragione che avverto fortemente la sua mancanza: con Lucio, anche con una semplice chiacchierata di cinque minuti si poteva imparare tanto. Con le sue parole, riusciva sempre a trascinarti fuori dalle mura dello studio di Bologna per portarti nelle case della gente, ti faceva sentire l’odore del fumo che esce dai camini, inoltre, meravigliato, si fermava a guardare le lucciole; certe sere andava sui colli per ammirarne la magia per poi ridiscendere e ricominciare il lavoro lasciato in sospeso.”

Per il fatto che noi tutti siamo le cose a cui ci interessiamo, è bene ricordare quanto un grande musicista come Dalla fu anche un grande appassionato di arti visive.

Vanta una collezione personale che raccoglie preziose opere del passato, come quelle del bolognese Amico Aspertini (1474­1552) e lavori di amici artisti contemporanei come Luigi Ontani, Mimmo Paladino e Valerio Berruti. Per Paladino, autore della copertina del suo disco Henna, Dalla è anche attore nel 2006 in un film intitolato Quijote, una rivisitazione da parte dell’artista del Don Chisciotte, in cui il cantante interpreta uno strampalato Sancho Panza. Nel 1997, poi, avviò assieme al gallerista Ricky Rizziero Di Sabatino il progetto della galleria No Code a Bologna, che rimase attiva per diversi anni e in cui si tenevano moltissimi eventi ed happenings con artisti celebri. Nulla nasce per caso.

Ma torniamo alla musica.

Tu con Lucio, tu, Riccardo, eri inizialmente un corista. Come interveniva lui sugli arrangiamenti dei pezzi da suonare dal vivo? Dava delle direttive particolari ai musicisti o delle indicazioni sul senso che il pezzo doveva assumere?

“Sì, Lucio seguiva tutto! A 360 gradi, tanto in studio quanto nei live. Era molto, molto esigente. Pretendeva di essere capito subito. Era capace di provare delle parti per una serata intera, finché tutto non andava come diceva lui. Stabiliva qualsiasi suono, qualsiasi intervento, di batteria, di chitarra, di tastiera, di coro… tutto, proprio tutto. Nelle prove, poi, si innervosiva parecchio e creava una tensione tra sé e la band altissima. Spesso pensavo che fosse necessaria quella tensione, senza la quale non si sarebbero potuti fare quei bellissimi e importantissimi concerti.”

Negli anni però hai portato avanti anche la tua musica. Quali sono le influenze che più ti ispirano e verso quali sonorità ti sei via via orientato?

“Se oggi nel mio piccolo faccio musica e ho portato avanti il mio sodalizio con lei, è perché l’ho sempre ascoltata tutta. Certo è che, come tutti quelli della mia generazione, anche io provengo dai fiati degli Earth Wind & Fire, dalle urla di James Brown, da Michael Jackson e Madonna. E credo di aver rivisto i Blues Brothers migliaia di volte. Quando però ascolto Mozart o Puccini, mi viene la pelle d’oca e certe canzoni napoletane mi commuovono. Quando ascolto Morricone, poi, a causa della sua grandezza, non mi sento un musicista ma, piuttosto, un gelataio.”

Durante la sua avventura con Lucio Dalla, Riccardo Majorana divenne anche autore, componendo per Lucio pezzi come  Trash,  come Siciliano e INRI. Questo ultimo brano è contenuto nel disco Il contrario di me (2007) e testimonia un’attenzione alla realtà inspiegabile delle cose, la continua ricerca spirituale e materiale che tanto ha caratterizzato Dalla.

“Quella di INRI è una storia lunga, nel senso che l’ho scritta tra l’89 e il ’90 poi, come succede spesso per alcune canzoni, è rimasta chiusa in un cassetto. Dopo parecchi anni, mi trasferii per un periodo in via D’azeglio 42, proprio sopra lo studio di Lucio, avevo portato con me tutta la mia attrezzatura per registrare, così riaprendo un vecchio hard disk, ritrovai quella canzone che poi divenne INRI. La registrai un’altra volta con nuovi suoni apportando qualche modifica armonica e melodica, poi alla fine dell’estate, appena Lucio rientrò dalle isole Tremiti, gliela feci ascoltare. Sul momento non disse niente, se non Lasciami il cd che la riascolto con calma. Da quel giorno non seppi più nulla fino a qualche anno dopo, quando ricevetti una telefonata da Lucio che mi chiedeva l’autorizzazione per poter registrare quel brano del quale non mi ricordavo quasi più. Lucio scrisse il testo insieme ad Angelo Messini e aggiunse una parte alla musica. In quel periodo io già non lavoravo più per Lucio e dopo qualche mese venni a sapere che era stata cantata in coppia con Marco Alemanno.”

Riccardo Majorana ha preso parte a numerose produzioni di tanti artisti italiani come, per citarne alcuni, Samuele Bersani, Ron, Gianni Morandi e, negli ultimi anni, ha collaborato con il musicista Dave Rodgers alla creazione di pezzi di genere Eurobeat, un tipo di dance music che trova le sue fondamenta in Giappone. Attualmente si cimenta nella creazione di questi brani per l’etichetta Sun Fire. Questa esperienza gli sta facendo scoprire nuove sonorità ma soprattutto nuove metodologie di produzione musicale.

Gli domando se qui in Italia siamo realmente coscienti della nostra tradizione musicale…

“Penso che la nostra tradizione musicale, le nostre radici artistiche, ci appartengano a priori, sono i nostri tratti somatici. Quello che da sempre ci distingue e ci da’ prestigio nel mondo musicale è la nostra Melodia. La bellezza della nostra Musica è pari a quella della nostra Arte e della nostra Poesia. Inoltre credo che per un musicista, o un artista in generale, sia fondamentale comunicare o trasmettere le proprie emozioni indifferentemente dalle epoche e dalle mode.”

Come sono cambiati i modi di fruire della musica? Pare che oggi si tenda ad ascoltarla in maniera individuale, perde di significato la forma dell’aggregazione. Insomma, Woodstock oggi avrebbe ancora senso?

“Oggi siamo tutti musicalmente globalizzati; il formato digitale consente alla musica di girare il mondo velocemente e oggi si può raggiungere qualsiasi meta in zero secondi. Inoltre, dal momento che sono centinaia i canali da cui poter fruire della musica, oggi le emozioni si scelgono come gli hamburger in un fast food, mentre una volta passavano quasi per caso e quando ti colpivano… erano brividi intensi. Comunque penso che anche adesso la musica abbia una valenza sociale, infatti non mancano iniziative benefiche e grandi eventi, pensiamo al dopo terremoto in Abruzzo. In fondo, a pensarci bene, Woodstock ha lasciato traccia musicalmente ma politicamente  o  socialmente  cosa  ha  lasciato?  Però  la  musica    è invisibile e misteriosa, non potrà mai determinare mutazioni sociali vere e proprie, al limite potrà predirle ma, di certo, sarà sempre la colonna sonora dei nostri Woodstock interiori.”

Insomma, alla fine dei conti, chi era Lucio Dalla? Era un dichiarato nemico della specializzazione e una persona interessata ad ogni cosa: dal clarinetto al Basket, dalla Filosofia al prosciutto e melone, una specie di mago come fu Virgilio per i medioevali. E chi è, infine, Riccardo Majorana? Anche lui è uno che preferisce il numero sette all’otto, è uno dei custodi del Grande Segreto della musica. E se le persone speciali che la creano sono unite da una qualche alchimia invisibile, ogni tanto, per fortuna, possiamo vederla… e ascoltarla.

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Donato Di Pelino (Roma, 1987) è avvocato specializzato nel Diritto d’autore e proprietà intellettuale. Scrive di arte contemporanea e si occupa di poesia e musica. È tra i fondatori dell’associazione Mossa, residenza per la promozione dell’arte contemporanea a Genova. Le sue poesie sono state pubblicate in: antologia Premio Mario Luzi (2012), quaderni del Laboratorio Contumaciale di Tomaso Binga (2012), I poeti incontrano la Costituzione (Futura Editrice, 2017). Collabora con i suoi testi nell’organizzazione di eventi con vari artist run space.

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