Vermeer, la Fanciulla e gli altri artisti dei Paesi Bassi a Bologna. Tra icone, storia culturale e microcosmi museali

Il Mauritshuis dell’ Aia è un museo delizioso. Una casa elegante -piccolo capolavoro classicista- romanticamente protetta da un fossato pieno d’acqua, progettata per Giovanni Maurizio di Nassau, quello che fu governatore del Brasile secentesco immortalato nelle originali vedute dello straordinario Franz Post.

Le sue pregiate collezioni d’arte – dal XV al XVIII secolo – contengono un’esemplare selezione di opere del Seicento olandese, una parte significativa delle quali (37 dipinti)  è in mostra a Bologna  durante importanti lavori di ampliamento della sua sede permanente. Genus Bononiae, la rete museale nata dalla Fondazione Carisbo (a guida Leone Sibani), presieduta da re Fabio Roversi Monaco, dopo un decennio di cospicui investimenti – che paiono riscuotere la sostanziale approvazione dei bolognesi-  ospita l’icona di Vermeer, La Ragazza con l’orecchino di perla e altri dipinti d’eccezione: prima del rientro tra le esperte cure dello staff olandese, il quale – responsabile di un edificio intimo, sobrio e raffinato – è attento ad una crescita coerente del suo patrimonio artistico. Il suddetto, non ha detto no ad una tappa italiana della tournée estera dopo Tokio, Kobe, San Francisco, trovando nel restaurato Palazzo Fava (Carracci pinxit) la più bella delle ospitalità.

Massimo riserbo sui costi dell’operazione. Di indubbio e apprezzabile richiamo per il circuito museale civico, pubblico e privato, che – dopo i fasti delle già imperdibili esposizioni sul Seicento – dovrebbe riconquistare attenzione nazionale e internazionale.
Curata da Linea d’ombra di Marco Goldin, l’ imprenditore-prodigio del Nord-Est allargato, è stata ampliata e suddivisa in sezioni tematiche (paesaggio, ritratto, interni con figure, natura morta) che rispecchiano lo straordinario sviluppo borghese e cittadino che l’arte pittorica dei Paesi Bassi settentrionali (Repubblica delle Sette Province Unite), di prevalente fede calvinista, ebbe -parallelamente al ridursi delle committenze religiose e monarchiche- dopo la scissione seguita alle guerre di religione del Cinquecento. Vermeer, figlio di un locandiere-mercante d’arte fu convertito al cattolicesimo da una suocera abbastanza influente, probabilmente proto-collezionista delle sue opere, e fu padre di 15 figli, decano della Gilda, mercante d’arte e consulente-valutatore. Pare producesse circa due dipinti l’anno in tutto. Forse protetto e aiutato – ma non abbastanza da non morire povero, dopo la crisi del 1672 – da alcuni facoltosi concittadini di Delft.

La potenza evocativa della cosiddetta Golden Age pittorica olandese – anche per quelli che sanno già che antichi Paesi Bassi ed Italia non hanno reciprocamente nulla da temere dal confronto tra le loro grandi storie artistiche – sta nel sintetizzare il meglio degli artefatti dell’epoca: le pregiate ceramiche Blu di Delft, le ruvide brocche in grès, i tappeti orientali, i tavoli e gli armadi intagliati nella quercia, le finestre, i calici e i bicchieroni soffiati, alla pari coi volti realistici o tipizzati (tronie, come la Fanciulla), alle figure in colloqui intimi, amorosi, familiari, corporativi. Raccontano una società nuova per orizzonti e modi di autogoverno. La divisione dei poteri (stadthouer/stadtholder o luogotenente da una parte, Province e Stati Generali dell’ Aia dall’ altra) corrispondeva alla duplice natura della neonata Repubblica, mercantile-borghese e insieme aristocratico-militare. Quest’ultima era diretta eredità del carismatico Guglielmo d’Orange -già confidente di Carlo V, l’imperatore difensore dell’ortodossia cattolica- ucciso dai sicari del suo fervente erede, Filippo II di Spagna, nella sua casa di Delft (1584).
I dipinti dell’Orange furono impegnati per finanziare la rivolta antispagnola, originata sostanzialmente da una pesante commistione di pressione fiscale e repressione anti-protestante. Tale era la forza del nemico cattolico, che gli olandesi affratellarono idealmente se stessi agli israeliti e alla Repubblica Romana. Le attuali collezioni sono tanto eredità della dinastia Orange, quanto bottini di guerre e di complesse divisioni ereditarie, confluiti nella Reale Galleria dal 1816.
Per tutti questi motivi si tratta di pittura sia aristocratica che borghese, ad esempio nei superbi ritratti di Franz Hals, che lavorò per ambedue le gerarchie dominanti sui Paesi Bassi tra fine Cinquecento e Seicento avanzato, dopo la scissione nei territori degli odierni Paesi Bassi e Belgio. Malgrado la riconquista cattolica di Anversa (1585, guidata da Alessandro Farnese), la chiusura della Schelda orchestrata dagli olandesi condizionò la florida economia portuale e mercantile della citta di Rubens e l’intensa migrazione artistica fu la naturale conseguenza dell’ ascesa di Amsterdam come snodo portuale del commercio internazionale e delle altre città olandesi come fiorenti centri manifatturieri. Avvenne così che i grandi predecessori fiamminghi dei cattolici Paesi Bassi del Sud – Pieter Bruegel, Pieter Aertsen, Joachim Beuckelaer, Paul Bril, Adriaen Brouwer – furono alle radici dei generi pittorici prosperati durante la rivoluzione artistica della Golden Age dei Paesi Bassi del Nord. Gli eventi militari, politici ed economici ne furono le premesse storiche. E su di esse la grande pittura olandese fiorì, malgrado le battaglie della Guerra degli Ottanta anni (1568-1648).
Assursero al rango dei capolavori anche opere prima considerate di “genere”: paesaggi urbani e marine, nature morte, ritratti singoli e di gruppo. Ed anche le storie bibliche e mitologiche furono impreziosite da una straordinaria passione per la resa dei materiali.

Tra gli affascinanti capolavori presenti, oltre alla Ragazza vi sono la Veduta di Haarlem con i campi di candeggio e Il cardellino di Carel Fabritius.  Nel primo ricorrono elementi straordinariamente caratteristici del territorio della modernissima Repubblica secentesca come dell’ attuale – bizzarie della storia – solida monarchia parlamentare: un cielo vastissimo aperto a tutti i venti oceanici sopra una piana modellata dal lavoro umano, interrotta solo dalle alte torri gotiche dei suoi bellissimi centri storici. Pare di sentirli i profumi e i ritmi dei rinomati campi di Haarlem, il meglio per sbiancare i pregiati lini dell’ industria locale. Quell’eccellente candeggio – due/tre mesi di liscivia in acque ben filtrate, pioggia, sole e vento – li rese celebri presso l’ industria tessile del tempo, tanto che a metà del XVII secolo erano 80-100.000 le pezze di lino candeggiate ad Haarlem, provenienti anche da Fiandre, Inghilterra e paesi baltici.
Il Cardellino di Fabritius è uno dei trompe-l’oeil più riprodotti al mondo, difficile che deluda, anche se in Italia se ne ricorda meno l’autore. Forse dipinto per ingannare dall’ interno di una gabbietta decorativa, come quelle che si vedono in qualche tarsia lignea rinascimentale. Raro e pregiatissimo come ogni opera sopravvissuta alla precoce dipartita del geniale artista, malauguratamente ucciso nel 1645 dall’ esplosione della polveriera di Delft, a pochi passi dal suo atelier.
Tra i ritratti e le nature morte le menzioni più convinte possono andare alla splendida coppia dei coniugi Olycan-Hanemans, autentici capolavori del grande Franz Hals e alle opere di Pieter Claesz e Willem Claesz Heda. Ma intense emozioni e ammirazione senza riserve possono andare anche alle vedute fluviali e alle marine di Jan van Goyen, Salomon e Jacob van Ruisdael, senza cedimenti o stanchezze neanche di fronte a Willem van Velde il giovane, altro campione del genere.

L’ opportunità è buona anche per (ri) vedere alcuni eccezionali Interni di Pieter de Hooch e Jan Steen, che erano stati già rappresentati alle Scuderie del Quirinale (Roma, 2012-13) in occasione della più estesa mostra su Vermeer e i suoi contemporanei. Si tratta di Interni rappresentativi della nascita di generi inediti e originali, sia di chiese protestanti e non, che di cortili e stanze domestiche. L’ intensità e la precisione lenticolare dell’ occhio degli artisti restituisce un mondo di rinnovati riti ed abitudini sociali, in cui il lavoro e le attività umane, senza risparmiare talvolta la satira, ma anche una positiva accezione della prosperità, rappresentano i temi centrali che interessano pittori e loro committenti. Protagonisti tutti di una crescita esponenziale del mercato dell’ arte secentesco, in cui atelier, fiere e mercati, gilde ma soprattutto tanti privati cittadini del ceto medio, investivano volentieri in opere d’arte – data anche la relativa esiguità di cespiti immobiliari su quel piccolo territorio- che riflettessero i valori e i modi del loro mondo quotidiano. Pure per l’arte incisoria fu un’ epoca straordinaria, a quella latitudine.
Sono ben rappresentati nella mostra anche Adriaen van Ostade e infine Rembrant Harmenszoon van Rijn e – molti suoi ex allievi – da Gerrit Dou, Ferdinand Bol, Govert Flinck, fino al già citato Carel Fabritius e a Nicolaes Maes. Di Rembrant impressionano soprattutto il Canto di lode di Simeone e il Ritratto di uomo anziano. Ed ancora, non possono essere trascurati Gerard ter Borch, di cui è presente un magnifico Autoritratto (1668 ca) e Donna che scrive una lettera (1655 ca).
Dell’adorato Vermeer, oltre all’iconica Fanciulla, è presente una delle misteriose opere ritenute giovanili, Diana e le ninfe per la quale viene menzionato (Catalogo, pp.68-69) un “influsso italiano” indiretto, legato alla conoscenza di opere provenienti dalla penisola presso artisti o collezioni olandesi.

Fino al 25 maggio a Bologna e poi, dal 20 giugno, questi magnifici 37 saranno nuovamente visibili nel nuovo allestimento del Mauritshuis dell’ Aia.

Altre info qui:
www.lineadombra.it
www.genusbononiae.it

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Laureata e specializzata in storia dell’arte all’Università “La Sapienza” di Roma, ha svolto, tra 1989 e 2010, attività di studio, ricerca e didattica universitaria, come borsista, ricercatore e docente con il sostegno o presso i seguenti istituti, enti di ricerca e università: Accademia di San Luca, Comunità Francese del Belgio, CNR, ENEA, MIUR-Ministero della Ricerca, E.U-Unione Europea, Università Libera di Bruxelles, Università di Napoli-S.O Benincasa, Università degli Studi di Chieti-Università Telematica Leonardo da Vinci. Dal 2010 è CTU-Consulente Tecnico ed Esperto del Tribunale Civile e Penale di Roma. È autrice di articoli divulgativi e/o di approfondimento per vari giornali/ rubriche di settore e docente della 24Ore Business School.

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