Venezia, Arti e Biennale 2015. Guida breve per il pubblico pagante

A beneficio di chi non è andato e non va a Venezia durante la calca presenzialista degli addetti ai lavori in pellegrinaggio per la 56. Biennale Internazionale d’Arte (www.labiennale.org, fino al 22 novembre 2015), ma deve selezionare come investire tempo (e denaro), diamo una lista, inevitabilmente non esaustiva, ma – nelle intenzioni –  utile ad evitare incidenti di percorso.

Se l’anno scorso l’evento lagunare  a maggior valore aggiunto era stato inaugurato – negli stessi giorni della vernice – alla Fondazione Prada (Art of Sounds), quest’anno la mostra più bella e utile è quella sulla Nuova oggettività in Palazzo Correr (http://correr.visitmuve.it/it/mostre/mostre-in-corso/mostra-correr-nuova-oggettivita/2015/03, ingresso da P.za S.Marco,  fino al 30 agosto).  Nei celebri tedeschi degli anni ’20-’30 (Mak Beckmann, Otto Dix, Georg Grosz) fino ai meno noti in Italia (Karl Hubbuch, Frank Lenk, Jeanne Mammen, Georg Scholz) la violenza patita sulle strade  è grande al punto che nelle arti pare suppurare, risalire dalle cloache dell’uomo, dando volto più che dignità alle sofferenze dei contemporanei, arti speculari alla brutalità e al degrado morale di affaristi e lenoni senza scrupoli.

Per ora dunque  il trofeo passa dalle mani private alla mano pubblica, fermo restando che i privati stanno dando un grande contributo al recupero e al restauro di molti edifici ed opere d’arte veneziani e non solo, a partire da Prada e da quel Pinault, attore tra i più visibili dell’Art Market System, cui dobbiamo  il grande piacere di vedere al suo massimo splendore l’ineguagliabile Punta della Dogana. Diversamente si orienta il binomio cuore-cervello del critico sui contenuti, anche in Palazzo Grassi (http://www.palazzograssi.it/it/, fino al 30 novembre), che ci fanno rimpiangere – pur nel rispetto per il lavoro di artisti, curatori e organizzatori tutti – che il grande edificio già degli Agnelli non presenti una programmazione più appassionante. Ci sono troppi artisti che è più coinvolgente od interessante ascoltare o leggere che guardare.

War Paintings ispirata a Jenny Holzer (fino al 22 novembre) dai documenti desecretati dopo le guerre di Afghanistan ed Iraq,  ha il privilegio di (ri)trovarsi calata nelle auliche sale del Museo Correr, la Galleria Civica permanente, adattandosi persino alle grandi ciocche Ca’Rezzonico (i lampadari di Murano a vari ordini di bracci). Quindi – nel conoscere questa campionessa USA delle mega-proiezioni etico-urbane allo “xeno” – potete facilmente arrivare, lì accanto, alle tavole di Giovanni Bellini e degli altri, insieme alla Wunderkammern e a certi marmi Grimani del  Museo Archeologico (piazza San Marco, presso le Procuratie Nuove), tutte opere che lasceranno il segno sul visitatore più scaltro. Mai dimenticare Venezia durante la Biennale. Ne uscirete più consapevoli e soddisfatti, combattendo anche la distruttiva assuefazione dei lagunari  ai maratoneti della cultura. Mete scontate e percorsi  obbligati (es. Arsenale-San Marco-Accademia-Rialto), tanto dello specialista che del turista, sono il tarlo più insidioso dell’incantato bosco di Venezia. Vi contribuiscono un’ancora insufficiente integrazione dei biglietti d’ ingresso delle molte decine di siti meritevoli di una visita. Aiutatevi con questi web-sites:  http://www.polomuseale.venezia.beniculturali.it; http://www.visitmuve.it).

Sempre raffinate  le mostre sull’Isola di S.Giorgio (www.cini.it), dalle emozionanti sculture di Jaume Plensa, in rete metallica e in alabastro (http://jaumeplensa http://www.abbaziasangiorgio.it/) , alle 110 statue acefale di juta della polacca Magdalena Abakanowicz (http://www.cini.it/events/magdalena-abakanowicz-folla-individuo, fino al 2 agosto),  al nuovo appuntamento nelle Stanze del Vetro, con la collezione finlandese dei Bischofberger (http://www.cini.it/events/vetro-finlandese-collezione-bischofberger, fino al 2 agosto). Non tralasciate di visitare la casa del tè o Glass Tea House Mondrian di Hiroshi Sugimoto (fino al 30 novembre 2015) e di controllare sul sito orari e modalità di visita al monastero benedettino (http://www.cini.it/visite-guidate/orari).

Deflagrante  la creatività espressa ancora una volta in Glasstress, con GOTIKA (http://www.glasstress.org, nelle due sedi di Palazzo Franchetti e Murano), in cui circa cento opere in vetro di 50 artisti contemporanei inglobano, appunto,  il tema del “gotico”, rappresentato anche da  opere antiche, prestate dall’ Hermitage di San Pietroburgo e altri musei russi.

All’Arsenale, per  questa Biennale Internazionale curata da Okwui Enwezor, titolata All the World’s Futures, non mancano di  interesse  le molte  installazioni e macchine-scultura in cui da un ben digerito ready-made vengono generate creature  animate da vita fantasiosa e contenuti speciali. Catturano l’ attenzione il faro, il mulino e le lanterne con sonorità proprie del cinese Qiu Zhijie (Chronicle Theater Project). D’ausilio al curatore e agli artisti scelti stanno –  in filigrana e in modo trasparente sia qui che in molti altri casi – le gallerie, tra cui la meritoria Galleria Continua di S.Gimignano (non siamo a  libro paga!) che “continua” ad esprimere slancio e impressionanti capacità di talent scout. Poi una serie di creative e inedite Wunderkammern, tra cui quella di Ricardo Brey con le sue teche-mondi di armoniche raccolte, in amorevoli combinazioni cromo-multimateriche. E gli strumenti-scultura di Terry Adkins, ora totem di tamburi, ora tondi-amplificatori  e molti altri (v. Photogallery).

Mentre l’interesse cala se documenti diversi e video non bucano grazie ad una necessaria autorevolezza di contenuti, formalizzati nel visivo o nel sonoro. Sbagliato chiedere al pubblico l’impossibile – vederli tutti per intero –  persino ai citati maratoneti dell’arte, mancando oltretutto didascalie comprese nel prezzo.  Quindi:  mai temere di far parlare gli addetti di sala, se sono bravi e motivati tutto sarà più divertente. In materia di video chi scrive ha potuto apprezzare quelli di Steve Mc Queen, Wangechi Mutu  e dei Padiglioni di Cina, Taiwan e Singapore.

l peccato di Codice ITALIA, il padiglione del nostro paese, al paragone di precedenti tristi allestimenti – fatta eccezione per l’inutile parata quasi turistica della mega-installazione dell’inglese Peter Greenaway – non sta nella progettazione delle stanze monografiche; se l’interpretazione “funerea” datane da alcuni può essere opinabile, va detto che esse ospitano solo 18 artisti:  Alis/Filliol–Andrea Respino, Mondovi, 1976 e Davide Gennarino, Pinerolo, 1979; Andrea Aquilanti – Roma, 1960; Francesco Barocco – Susa, 1972; Vanessa Beecroft – Genova, 1969; Antonio Biasiucci – Dragoni, 1961; Giuseppe Caccavale – Afragola, 1960; Paolo Gioli– Sarzano di Rovigo, 1942; Jannis Kounellis – Pireo (Grecia), 1936; Nino Longobardi – Napoli, 1953; Marzia Migliora – Alessandria, 1972; Luca Monterastelli – Forlimpopoli, 1983; Mimmo Paladino – Paduli, 1948; Claudio Parmiggiani – Luzzara, 1943; Nicola Samorì – Forlì, 1977; Aldo Tambellini – Syracuse (USA) 1930; a questi si aggiungono due non italiani (perché Tambellini è italo-statunitense e Kounellis possiamo considerarlo nostrano): il citato Greenaway, e poi Straub e Kentridge. Se le opere non mancano di peso specifico, certo non rappresentano delle novità. Nel suo complesso, la kermesse più glamour del mondo, pur influenzandolo ed essendone influenzata, non sceglie al posto del Sistema dell’arte dei paesi partecipanti; nel caso dell’art-system italico, (in)capacità e (dis)continuità di selezione per il merito e nel merito tra talenti e innovatori giovani, ex-giovani ed emergenti, tanto tra gli artisti che tra i curatori, hanno portato molti alla migrazione verso Francia, Germania, Gran Bretagna, Paesi Bassi, Stati Uniti, ecc. da cui (ri)partono con carriere meritate, appunto. Non possiamo aspettarci che una Biennale che si da’ come “gerarchica” e “top-down” in molte sue espressioni, dalla comunicazione coi giornali a quella col pubblico, lasciato senza adeguati supporti, modifichi miracolosamente lo stato delle cose. Il Padiglione Italia ha sempre rispecchiato un Paese, che forse non è più il “nostro”, ma il “loro”. Esso è cioè molto spesso un frutto – meno saporito, troppo politicamente incrociato e protetto –  di quelli maturati in altri Padiglioni Nazionali.

La marcata presenza di  installazioni o macchine scultoree continua nei padiglioni di Giappone, Indonesia ed altri ancora (v. Photogallery). Non rientrano in questa sorta di scultoreo macchinismo altre opere degne di nota: i pitturati scenografici detriti di Katharina Grosse, le sculture di Huma Bhabha, attorniate dai nuovi ed ipnotici dipinti di Ellen Gallagher, il Dead Tree di Robert Smithson, i  memento mori  di Marlene Dumas e la gigantesca Phoenix di Xu Bing (Cina), dentro le Gaggiandre. Senz’altro, rafforzata la presenza di opere da artisti d’Africa e Asia, ma ciò – oltre che connesso ad un’oggettiva capacità di (ri)conoscerle del curatore – da’ un notevole equilibrio  internazionale, meno nord-occidentale (136 artisti, 96 new entries, da 53 paesi) che sembra far emergere linfa nuova e irrobustire ancor di più  il primato della Biennale di Venezia, largamente riconosciuto dal pubblico e dai media, grandi e piccoli, di tutto il mondo (la Biennale Arte del  2013 registrò 475.000 visitatori). La Parola e il pensiero creativo  si incarnano anche nel  Padiglione Vaticano, con  splendide foto di  Mário Macilau (Mozambico) e  una tensio-struttura di materiale organico della macedone Elpida Hadzi-Vasileva. E anche quest’anno il Leone d’Oro è davvero “politically correct”: archiviata la premiata e impossibile convivenza delle due Coree (Biennale Architettura 2014), la Corea del Sud è tornata a fare da sola il padiglione con un glaciale video sul futuro di  tech-solitudo che ci aspetterebbe e l’ambito riconoscimento è –  dispettoso idealista-andato alla diaspora Armen(i)a, isolata a San Lazzaro con 18 artisti e un monastero, dove tanti imprevidenti poco (in)sider non sono nemmeno andati,  sommersi dagli eventi.

A Palazzo Ducale (http://palazzoducale.visitmuve.it/it/mostre/mostre-in-corso/mostra-rousseau-palazzo-ducale/) la bella mostra Henri Rousseau. Il Candore Arcaico (fino al 5 luglio) merita molta attenzione per come dipana il filo conduttore del primitivismo, insieme alle  connessioni tra il mondo figurativo di Rousseau e quello di colleghi e amici (Franz Post, Edouard Manet, Paul Gauguin, Wassily Kandinski, Ardengo Soffici, Giorgio Morandi, Carlo Carrà!).

Per la fotografia si devono segnalare  il Viaggio nel mondo del caffè di Sebastiao Salgado (Fondazione Bevilacqua La Masa-San Marco ( http://www.bevilacqualamasa.it/sebastiao-salgad,  fino al 27 settembre ) e l’intelligente focus fotografico sulle Tavolozze dei maestri di Matthias Schaller  (Das Meisterstuck-S.Giorgio  (http://www.cini.it/events/das-meisterstuck, fino al 7 giugno).

Se si vuole raccogliere una riflessione onesta e profonda su Arte e Turismo in Venezia (e altrove) non si manchi la Casa-Museo e Fondazione Querini Stampalia (http://www.querinistampalia.org) per le sue deliziose sale antiche e per la mostra di Jimmie Durham, accompagnata da altre 3  proposte espositive (la serba Lilya Pavlovic Dear , il russo Grisha Bruskin e i Premi Furla, Iorio e Cuomo).  Alla Ca’ d’Oro (www.cadoro.org) , il noto gioiello architettonico, e alla Tesa 94 dell’Arsenale c’è Fabrizio Plessi.

In un’ altra Casa Museo, Palazzo Cini-San Vio (vicino al ponte dell’Accademia), i pregevoli e fascinosi ambienti già del conte – Fondatore ante-litteram – ospitano  una piccola ma soave mostra di Ettore Spalletti (http://www.cini.it/eventi).  Chi non l’avesse ancora visto però non deve assolutamente perdere  l’ incantevole Palazzo Grimani, creatura rinata dopo un accurato restauro pubblico, partorita dalla passione umanistica e collezionistica del primo storico donatore e fondatore dei Musei veneziani (http://www.palazzogrimani.org, con biglietto integrato alle Gallerie dell’ Accademia). Il luogo ospita Frontiers Reimagined, con 44 artisti di Africa, Asia e Occidente, che ben rappresentano lo spirito oltre-frontiera, lo scambio interculturale come  “realtà del futuro”, scelto dalla Biennale 2015, ma anche dai Grimani, punta avanzata del collezionismo della loro epoca (con artisti oltramontani e d’avanguardia come Hieronymus Bosch).

Una delle case-museo più elettrizzanti per il gusto dei  globe-trotters contemporanei delle arti è senz’altro il Museo  Fortuny (http://fortuny.visitmuve.it/) , dimora gotico-rinascimentale dei Pesaro e poi casa-atelier del prodigioso talento di Mariano Fortuny y Madrazo. Nel luogo in cui dipingeva, disegnava e creava uno dei più imitati arbiter elegantiarum di tutti i tempi, è ora la  ricca e ambiziosa mostra Proportio, incentrata sulla Sezione Aurea, canone proporzionale al quale vengono ricondotte opere dal neolitico fino ai nostri giorni, da un blocchetto in giada egizio fino ad Anish Kapoor.

Se il contemporaneo è il vostro bersaglio principale e non sono bastati  l’Arsenale e i  Padiglioni Nazionali sparsi nel centro cittadino,  ai Giardini della Biennale – malgrado un sensibile ridimensionamento generale nelle proposte – spiccano per bellezza: il video della keniota Wangechi Mutu; per la bizzarra ironia  pseudo-sessuata – che tanto prende per il culo le sigarette –  Sarah Lucas, già membro degli YBA-Young British Artists, ora rappresentante della Gran Bretagna; per  il piacere dell’accoglienza, visiva e sonora: gli alberi della Francia (artista: C. Boursier-Mougenot), l’installazione scultorea e sonora di Camille Norment Trio (Norvegia al Padiglione dei Paesi Scandinavi, ad orari intermittenti). Tornando all’Arsenale, spiccano anche:  il ciclopico corridoio di juta di Ibrahim Mahama,  in cui poter passare; la passerella tra acqua e nebbia del Tivalu Pavillon, l’arcobaleno di riflessi  del Padiglione di Istanbul. Per la serietà, vanno menzionati: la bottega del lavoratore di pellami della Grecia, i lavori in fango delle carcerate della Giudecca fatti con Ana Gallardo, e altri impossibili da elencare per intero, così come molti tra i 44 eventi collaterali (es. Azerbaigian Pavillon in Campo S.Stefano).

L’Arte Povera di Mario Merz è presente anche nelle  Gallerie dell’ Accademia  ( a c. di Bartolomeo Pietromarchi, già curatore per l’Italia 2 anni fa) nelle Nuove Sale e nella corte restaurate da Tobia Scarpa. Nel suo importante ampliamento e ammodernamento di questo fondamentale Museo Statale cita l’eccezionale lavoro del padre (Carlo Scarpa), ma sembra patire le folli lentezze della macchina statale italiana.

Riduttive appaiono purtroppo, rispettivamente alla produzione degli artisti,  Cy Twombly e Cagnaccio di San Pietro allestite in Ca’ Pesaro (fino al 13 e al 27 settembre), la  bella Galleria d’arte moderna, al cui nitido riallestimento potrebbe seguire una valorizzazione/ (ri)emersione periodica dei dipinti dei depositi.

Per Portable Classics, una valutazione sarà possibile solo vedendo la sorella maggiore di Milano, nella neonata e ammirata sede meneghina della Fondazione Prada. Peccato che, come alla Biennale e in molte altre occasioni, nessun testo esplicativo, a parte risicati cartellini, avvicini il pubblico ad una visione meno superficiale e scenografica del tema  delle varianti, repliche, copie ecc. nell’arte. Ma forse ci sbagliamo, perché il pubblico del vernissage sa già tutto, e per il pubblico pagante l’ allestimento sarà terminato. O anche questa mostra ricade sotto l’affascinante specie delle Kunst-Wunderkammern, le Camere delle Arti e delle Meraviglie? Quelle del Seicento sono talmente banali per noi colti iper-connessi che  è più importante sorprendere che far comprendere?

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Laureata e specializzata in storia dell’arte all’Università “La Sapienza” di Roma, ha svolto, tra 1989 e 2010, attività di studio, ricerca e didattica universitaria, come borsista, ricercatore e docente con il sostegno o presso i seguenti istituti, enti di ricerca e università: Accademia di San Luca, Comunità Francese del Belgio, CNR, ENEA, MIUR-Ministero della Ricerca, E.U-Unione Europea, Università Libera di Bruxelles, Università di Napoli-S.O Benincasa, Università degli Studi di Chieti-Università Telematica Leonardo da Vinci. Dal 2010 è CTU-Consulente Tecnico ed Esperto del Tribunale Civile e Penale di Roma. È autrice di articoli divulgativi e/o di approfondimento per vari giornali/ rubriche di settore e docente della 24Ore Business School.

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