La primavera che celebra la donna nell’arte a Palazzo Fortuny

Ann-Karin Furunes - Shadows - Museo Fortuny, Venezia - ph. Federica Casetti

Primavera a Palazzo Fortuny è la nuova mostra in corso al museo veneziano diretto da Daniela Ferretti e comprende una serie di esposizioni di opere di artisti perfettamente inseriti nel contesto dello splendido palazzo, fatto costruire da Benedetto Pesaro a partire dalla metà del Quattrocento in stile gotico veneziano, acquistato poi da Mariano Fortuny (pittore, ricercatore, scenografo, studioso di illuminotecnica, creatore di costumi e tessuti raffinatissimi, inventore), nel 1898 e abitato dalla moglie Henriette fino al 1965.

Oltre alla personale, la prima in Italia, dedicata a Dora Maar, si ha l’occasione di vedere, cominciando dal piano terra, una parte della ricchissima collezione di Mario Trevisan su Le amazzoni della fotografia.

La rassegna presenta una significativa antologia di stampe originali, eseguite da alcune tra le principali fotografe operanti dalla seconda metà ‘800 fino ai giorni nostri, come Julia M. Cameron, Margaret Bourke White, Ghitta Carell, Leni Riefenstahl, Dora Maar, Lisette Model, Diane Arbus, Francesca Woodman, Nan Goldin, Loretta Lux e le nostre Silvia Camporesi, Sabrina Mezzaqui, Giusy Calia. Tutte donne, anche perché “La fotografia, oltretutto – scrive il curatore Italo Zannier nel catalogo (Silvana Editoriale) – ha liberato anche dalle difficoltà operative manuali, alcune lungamente considerate maschili, offrendosi innanzitutto come linguaggio astratto, concettuale, poetico”.

A fare da contrappunto tra le opere in mostra e quelle appartenenti alla collezione permanente, troviamo le creazioni di Ritsue Mishima, ispirate alle forme della natura, ai riflessi di luce: i suoi vetri trasparenti trasmettono una sensazione di purezza e luminosità, raccolgono ed esaltano la luce e i colori dell’ambiente circostante.

Barbara Paganin, artista veneziana alla sua prima esposizione al Museo Fortuny con un progetto al quale ha lavorato per oltre due anni, dal titolo Memoria aperta, curato da Valeria Accornero e pensato appositamente per questo spazio, il grande armadio posto al piano nobile del palazzo, ci racconta come è arrivata a realizzare le 25 piccole storie.

Spille che raccolgono miniature di antiche fotografie, animaletti di ceramica, scarpine, una bussola…

Come assembli questi oggetti, come nascono i tuoi lavori?

“sempre dalle emozioni forti che provo e che creano la memoria. A volte domina il ricordo del momento in cui ho pensato l’opera, altre volte invece prevale l’emozione legata all’oggetto stesso, al nostro incontro. In particolare ho voluto portare avanti questo lavoro utilizzando oggetti che già avevo, ma che ho guardato in modo diverso e ho rielaborato creando un percorso attraverso 25 spille. Ognuna è un mondo, un piccolo racconto, con un significato personale, intimo, ma che può dare accesso al mondo immaginario e affettivo di ognuno di noi, in modo diverso.

Il mio lavoro sulle emozioni è diverso da quello di un artista concettuale, che prima pensa all’opera, ci ragiona; io invece agisco più d’istinto ed è anche difficile parlarne perché è una dimensione ancora in fermento, non è ancora trascorso il tempo sufficiente a farla sedimentare”.

Da dove provengono le piccole sculture che inserisci nelle opere?

“molte le avevo già, raccolte in tanti anni, fanno parte delle cose di famiglia, o sono regali che ho ricevuto da bambina, per esempio questi coralli mi sono stati regalati quando avevo sei anni. Alcuni li ho usati così come sono, altri li ho trasformati in fusione a cera persa o direttamente dell’oggetto, che se è in materiale deperibile cede lo spazio al metallo all’interno del cilindro in gesso. Le parti in vetro sono tutte fatte da me in un periodo in cui lavoravo in fornace a Murano, sono fusioni in pasta di vetro, alcune ottenute da cavolfiori, che mi ricordano dei piccoli alberi.”

Qui a Palazzo Fortuny presenti 25 pezzi, ognuno con la propria storia e pronto per le storie degli altri. Consideri conclusa questa serie?

 “No, anzi quella che porto addosso è la spilla numero 26 e per me è stato importante finirla in tempo perché volevo fosse il proseguimento di questa esperienza, è la prima della nuova serie.”

Arrivando al secondo piano del palazzo, dopo la penombra degli arazzi e dei broccati che ricoprono le pareti, colpisce la grande luminosità dell’ampio salone con i muri nudi e le finestre che raccolgono luce su tre lati, luce che diviene parte essenziale del lavoro di Ann-Karin Furunes (1961, Trondheim, Norvegia) intitolato Shadows  (a cura di Elena Povellato e della stessa Furunes), che nel proprio studio affacciato su un fiordo, ha realizzato le grandi tele qui istallate. La tecnica usata dall’artista scandinava è molto particolare: partendo dalla fotografia, riporta su tela i ritratti (dipinti solo in nero, grigio o bianco), in seguito perforati a mano attraverso l’uso di punteruoli. I fori ottenuti, distribuiti a seconda dell’effetto di chiaroscuro che si vuole rendere, servono proprio a far passare la luce naturale, che anima l’immagine e la trasforma col trascorrere delle ore del giorno e degli spostamenti dello spettatore. Per questa mostra Ann-Karin Furunes ha compiuto un’attenta ricerca nell’archivio personale di Mariano Fortuny, ritrovando le fotografie da lui stesso scattate alle modelle che posavano nell’atelier e alle operaie del laboratorio.

L’istallazione, il contesto, la cura nella realizzazione, danno a questi volti grande dignità, ne svelano la bellezza intrinseca e l’unicità, aprendoci la via per esplorare anche la parte più profonda del soggetto e di riflesso, la nostra.

Info mostre

  •  PRIMAVERA A PALAZZO FORTUNY
  • 8 marzo – 14 luglio 2014
  • Venezia, San Marco 3958
  • Campo San Beneto
  • Tel. +39 041 5200995
Fax +39 041 5223088
  • Email fortuny@fmcvenezia.it
  • Orari:dalle ore 10 alle 18 (biglietteria ore 10 -17)
  • Chiuso il martedì e il 1° maggio.
  • Dora Maar – Nonostante Picasso
  • Anne-Karin Furunes – Shadows
  • Ritsue Mishima – Tras Forma

 

  • Barbara Paganin – Memoria aperta

 

  • Le amazzoni della fotografia dalla collezione di Mario Trevisan

 

 

 

 

 

 

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Vive a Bologna, dove lavora come logopedista al Servizio di Neuropsichiatria Infantile occupandosi prevalentemente di disturbi della comunicazione, del linguaggio e dell'apprendimento, è appassionata da sempre di Arte, in qualunque forma si presenti. Da alcuni anni ha iniziato un percorso nel campo della fotografia

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