Viva Arte Viva. Biennale di Venezia. 57a Esposizione Internazionale d’Arte

Paolo Baratta e Christine Macel - Photo by Jacopo Salvi - Courtesy La Biennale di Venezia

Il titolo anticipa quello che intende essere un inno alla vitalità e al potere dell’arte, occasione di incontro con i protagonisti, di scambio e di creazione corale, di condivisione delle pratiche.

Paolo Baratta, Presidente della Biennale:

“La Biennale è il luogo che ha come metodo e quasi come ragion d’essere, il libero dialogo tra gli artisti e tra questi e il pubblico e l’edizione di quest’anno è proprio dedicata a celebrare, quasi a render grazie, all’esistenza stessa dell’arte e degli artisti, che ci offrono con i loro mondi una dilatazione della nostra prospettiva e dello spazio della nostra esistenza. Un fatto che da solo basterebbe a qualificarla al di là di ogni tema o narrazione, è che dei 120 artisti invitati, ben 103 non hanno mai partecipato prima alla Mostra: alcune sono scoperte, molte altre sono riscoperte. È questo un modo concreto di esprimere, con il coraggio delle scelte, la propria fiducia nel mondo dell’arte.»

E Christine Macel (Parigi, 1969), curatrice scelta per dirigere la 57° edizione dell’Esposizione Internazionale d’Arte che si svolgerà a Venezia dal 13 maggio al 26 novembre 2017, aggiunge:

“Una Mostra ispirata all’umanesimo. È un umanesimo nel quale l’atto artistico è a un tempo atto di resistenza, di liberazione e di generosità.”

Vedremo 85 Partecipazioni Nazionali negli storici Padiglioni ai Giardini, all’Arsenale e nel centro storico di Venezia, con  4 paesi presenti per la prima volta: Antigua e Barbuda, Kiribati, Nigeria, Kazakistan (prima volta da solo).

Il Padiglione Italia alle Tese delle Vergini in Arsenale, sarà curato quest’anno da Cecilia Alemani (Milano, 1977), che introduce così gli artisti scelti:

Giorgio Andreotta Calò (Venezia, 1979), Roberto Cuoghi (Modena, 1973) e Adelita Husni-Bey (Milano, 1985) sono nati in Italia tra la metà degli anni ‘70 e degli anni ‘80 e sono emersi sulla scena artistica nazionale e internazionale raggiungendo diversi livelli di notorietà. Le loro opere e i linguaggi sono globali ma intimamente legati alla cultura del nostro Paese. Ho scelto di invitare un numero ridotto di artisti rispetto al passato per allineare il Padiglione Italia agli altri presenti in Biennale. Per questo il mio progetto non cerca di rappresentare uno sguardo completo su tutta l’arte italiana: piuttosto vuole guardare in profondità al loro lavoro, dando loro spazio, tempo e risorse per un grande progetto ambizioso che costituisca un’occasione imperdibile nella loro carriera e che possa offrire al pubblico un’opportunità di immergersi nella mente e nel mondo degli artisti. Spero che questo Padiglione possa proporre un’immagine dell’Italia attuale e cosmopolita, non più vista solo attraverso la lente nostalgica delle generazioni precedenti, ma che guardi al futuro con entusiasmo e con la capacità critica di confrontarsi con nuovi linguaggi e con le esperienze di altre nazioni.”

Suggerendo una chiave di lettura più generale, afferma Macel:

VIVA ARTE VIVA è un’esclamazione, un’espressione della passione per l’arte e per la figura dell’artista. E’ una Biennale con gli artisti, degli artisti e per gli artisti, sulle forme che essi propongono, gli interrogativi che pongono, le pratiche che sviluppano, i modi di vivere che scelgono.

L’arte di oggi, di fronte a conflitti, crisi e sussulti di un mondo carico di energie negative, addirittura regressive, testimonia la parte più preziosa dell’umanità e diventa il luogo per eccellenza della riflessione, dell’espressione individuale e della libertà, un’alternativa al ripiego su di se’, all’individualismo esacerbato e all’indifferenza. L’artista, posto al centro dell’esposizione, detiene un ruolo di tale importanza da comportare anche l’assunzione di responsabilità. Ci siamo interrogati e continueremo a farlo per tutta la durata della Biennale, su cosa sia l’artista e quale sia il suo compito, di cosa si nutra. Non esiste una risposta univoca, ognuno possiede proprie caratteristiche, in una eterogeneità di scelte tipica della nostra epoca.  Sogni e utopie, relazioni con l’altro e gli altri, legami con la natura e il cosmo, oltre che con la dimensione spirituale, trovano nell’arte il loro spazio di predilezione. L’arte ci costruisce ed edifica, in un momento di disordine globale, in un mondo dai contorni incerti, di cui gli artisti meglio di altri intuiscono la direzione.

Ho voluto una mostra in una successione di padiglioni senza un tema conduttore unico: dal Padiglione degli artisti e dei libri fino al Padiglione del tempo e dell’infinito, nove episodi formano un racconto, spesso discorsivo e talvolta paradossale, con deviazioni che riflettono la complessità del mondo, la molteplicità delle posizioni e la varietà delle pratiche. L’esposizione si svilupperà in modo organico e fluido, in assenza di materiali separazioni, come un libro, un viaggio, un percorso che consente di vivere l’esperienza concreta dell’opera accompagnata ad una riflessione squisitamente intellettuale, in un contesto teso a favorire l’accesso e la comprensione dei significati.”

Nove capitoli, dunque, con due primi universi nel Padiglione Centrale e altri sette che si snodano dall’Arsenale fino al Giardino delle Vergini. Ogni capitolo costituisce di per sé una sorta di Trans-padiglione, che vede coinvolti protagonisti di varie generazioni e provenienze.

E prosegue:

“E’ molto importante per me infondere energie positive e nuove prospettive, includendo una gran parte di presenze inedite, non per questo giovani, ma anche riportandone altre scomparse troppo presto o a cui è mancato l’incontro con il grande pubblico, malgrado l’importanza della loro opera. La formazione di storica dell’arte mi ha indotta a tenere una certa distanza dalla frenetica e continua rincorsa dell’assolutamente nuovo e mi ha sempre molto colpita la fugacità di un’opera che può raggiungere repentinamente la fama e poco dopo cadere nell’oblio. Dei 120 artisti presenti con circa 800 opere, avremo 52 nuove produzioni, ma anche rigenerazioni,  come nel caso dei lavori degli anni ’60 di David Medalla. Tutto ciò funge da collegamento tra la storia recente e il contemporaneo, una riflessione che intreccia presente e futuro in un moto di apertura del soggetto verso l’ignoto, dove esperienza e speculazione vengono messe in primo piano a rappresentare di per sé la risposta a un clima conservatore, pericolosa origine di opinioni scontate, diffidenza e indifferenza.

Benché l’arte non abbia cambiato il mondo, rimane il luogo in cui poterlo reinventare.”

La Mostra parte da un’indagine sulle pratiche e il modo di fare arte, tra l’otium romano, tradotto in tono peggiorativo dal termine pigrizia, che invece rappresenta una condizione privilegiata e implica quel momento di inoperosità e di disponibilità, di inerzia laboriosa e di lavoro dello spirito, di tranquillità, in cui nasce l’opera d’arte, all’opposto del mondo degli affari, il negotium, a cui comunque non si sfugge: seppure l’artista produca opere destinate a un sistema commerciale, sono le modalità stesse della sua attività a proporlo come alternativa, nella quale la necessità dell’inattività o dell’azione non produttiva, del vagabondaggio mentale e della ricerca, rimangono basilari.

Iniziamo ora l’esplorazione dei nove Trans-padiglioni, guidati dalle parole della Curatrice:

“Il Padiglione degli artisti e dei libri rappresenta una sorta di prologo, una riflessione sulla figura dell’artista. Troveremo chi lavora in maniera classica, nel proprio atelier, come Franz West, ritratto mentre è disteso sul divano, proprio nel momento in cui l’opera viene creata nella mente, in un tempo non usurato perché dedicato a sé; Dawn Kasper invece trasferirà qui il suo atelier e si confronterà col pubblico in un’alternanza di non azione e performance. Olafur Eliasson, avvierà una sorta di workshop per coinvolgere i visitatori, gli studenti, gli immigrati che vivono a Venezia e dintorni, nella creazione corale di opere, in particolare lampade.”

Si analizzeranno poi le fonti di ispirazione degli artisti, la loro relazione con la conoscenza.

“Raymond Hains ha trascorso la vita a leggere, conversare, viaggiare e ha poi raccolto in valigie le opere e i testi trovati nel suo errare. Le giovani filippine Katherine Nuñez (1992) e Issay Rodriguez (1991) presenteranno la loro istallazione di libri: nel periodo descritto come post-internet, i legami degli artisti con la scrittura non appaiono indeboliti, ma anzi arricchiti di nuove riflessioni. L’ambivalenza dell’artista rispetto al testo scritto sembra presagire un’epoca di profonde trasformazioni in rapporto al linguaggio, alla conoscenza e ai mezzi per accedervi, alla sua posizione nella stessa società.”

La Mostra prosegue con il Padiglione delle Gioie e delle Paure:

“Qui si evoca il rapporto del soggetto con la sfera dei sentimenti. Conflitti, guerre e crescenti disuguaglianze generano populismi e rifiuto delle élite, ma le emozioni risorgono più che mai e vengono riconosciute come il luogo di ancoraggio del pensiero. L’epoca ci costringe a vedere l’umano come l’essere razionale in grado di costruire un mondo nuovo, libero e fraternale, ma anche vulnerabile e fragile, in contatto con i suoi impulsi e le sue emozioni, comprese le meno nobili, come paura, ansia o aggressività. Emergono sensazioni di annullamento, di sospensione e di alienazione dovute alle migrazioni o alla sorveglianza di massa. Diversi artisti evocano l’individuo nei suoi più intimi sentimenti, collegati alle relazioni interpersonali con i famigliari o all’attaccamento al paese di origine.

Troveremo Tibor Hajas, un artista ungherese mancato troppo presto, che ha lavorato sulla tematica del Sé, Marwan grande pittore siriano esiliato alla fine degli anni ‘50 e morto a Berlino lo scorso anno, poi le giovani Firenze Lai, pittrice e disegnatrice delle emozioni e dell’introspezione e Rachel Rose, recentemente premiata con il Frieze Art Award, che sulla traccia dei film di animazione evoca il suo mondo immaginario.”

Inaugura il percorso dell’Arsenale, il Padiglione dello Spazio Comune che:

“riunisce artisti le cui opere sono incentrate sul concetto di collettivo, sul modo di costruire una comunità che vada oltre l’individualismo e gli interessi specifici, particolarmente presenti in un’epoca di inquietudine e di indifferenza. La questione, molto dibattuta negli anni ’60 e ’70, permane oggi immutata, benché attenuata e disillusa rispetto alle istanze originarie che diedero vita a queste utopie. L’aspetto antropologico assume qui una particolare importanza con più opere storiche che interrogano il concetto di comune, laddove la distanza nella concezione dei mondi si rivela maggiore o, al contrario, risulta legata alla terra e alla comunità, senza pretese ideologiche. Diversi artisti hanno fatto di questa compartecipazione all’opera il motto della loro pratica, coinvolgendo gruppi a geometria variabile, ricreando a livello micropolitico condizioni di uguaglianza e fraternità. Tra questi ho voluto dare risalto ad una grande artista ancora troppo poco conosciuta al di fuori dell’Italia, Maria Lai (Ulassai 1919, mancata nel 2013), la cui opera è intrisa di poesia e collettività, come nella performance del 1981 Legarsi alla montagna, in cui ha portato tutto il suo paese, Ulassai, a legarsi e a collegarsi alle montagne circostanti con un nastro di tela azzurra, per sottolineare la profonda appartenenza al territorio. Poi la decana dell’esposizione, Anna Halprin, 96 anni ma più giovane che mai con la sua danza del planetario e Marcos Avila Forero, che con un nuovo video ci farà conoscere il tamboleo, una danza afro-colombiana praticata in cerchio in acqua.

Il Padiglione della Terra celebra ideali, constatazioni e sogni intorno all’ambiente, al pianeta e al mondo animale. Alcune utopie corrispondenti ai debutti dell’ecologia, considerano l’opera d’arte come un’esperienza totale, collegata alla vita stessa. In un rifiuto programmatico del mondo del progresso individualista e sedentario, alcuni artisti portano avanti le loro azioni al di fuori del sistema dell’arte. La questione energetica, la trasformazione industriale, lo sfruttamento delle risorse terrestri, in molte opere coniugano nostalgia e incertezza del futuro. Vedremo realizzata qui la casa galleggiante del gruppo nipponico The Play, l’artista canadese di origine inuit Kananginak Pootoogook, scomparso nel 2010, che con un meraviglioso disegno mitologico racconta l’evoluzione del mondo e la brasiliana Erika Verzotti, che in tema di tortura e vivisezione degli animali, realizzerà un Pets Cemetery nel Giardino delle Vergini.

Il Padiglione delle Tradizioni:

“Le tradizioni si ripresentano oggi nelle loro peggiori versioni, tra fondamentalismi e conservatorismi, generando rifiuto e nostalgia nei confronti dei tempi passati e supposti come migliori. Gli anni più recenti hanno visto pletore di artisti affrontare il passato come in un desiderio di riscoperta, di rilettura e di reinvenzione. Il nostro sarà un interrogare la storia nella lunga distanza, nelle usanze, nei comportamenti in senso antropologico, per esempio con un giovanissimo artista cinese, Liang Hao, che cercando un legame con la tradizione, presenterà grandi inchiostri su seta. Francis Upritchard, neozelandese, assemblando e ricombinando oggetti e frammenti, in un gioco di finto antico, si riferisce alla cultura Maori vicina a lei per geografia, ma spazia anche al Medio Evo di cavalieri e giullari, fino al movimento hippie, alle marionette, alle maschere del teatro Noh. La coreana Yeesookyung propone una rivisitazione dei vasi cinesi, che frantuma e ricompone in nuove aggregazioni quasi mostruose.

Nel Padiglione degli Sciamani, gli artisti divengono missionari e animati da una visione interiore, evocano scopi terapeutici, con un tono che non esclude il gioco o l’ironia. Questo punto di svolta spirituale, in cui si coniugano il desiderio di approfondimento e quello di meditazione, richiama diverse filosofie, in particolare quella buddista e quella sufi, come per l’artista Younes Rahmoun, che lavora con l’Illuminazione collegandola alla tradizione marocchina dei cappelli di lana. Ernesto Neto, si impegna in esorcismi e purificazioni, accompagnato dagli Huni Kuin, un gruppo di sciamani della foresta amazzonica, che si prefiggono il compito di guarire il mondo con una serie di rituali, ripresi durante i primi giorni di apertura e messi a disposizione dei visitatori. L’intervento artistico-politico per il nigeriano Jelili Atiku si concretizzerà in una sorta di processione con un centinaio di donne provenienti da tutto il mondo ad invocare la forza femminile.

Il Padiglione Dionisiaco celebra il corpo femminile e la sessualità, l’estasi, la vita e il piacere, con gioia e senso dell’humor. Disegni, costumi, dipinti geometrici dai contorni erotici, sculture organiche o fotografie, reinventano un’immagine del corpo femminile, affrontato in modo intimo; Huguette Caland ed Eileen Quinlan saranno le pioniere di questo luogo, inno alla sensualità e all’ebbrezza, che riunisce anche musica, danza, canto, trance, quali mezzi per accedere ad una dimensione in cui nuovi stati di coscienza si rivelano possibili.”

Il Padiglione dei Colori

“I colori non esistono in sé ma, secondo studi di neuroscienza oggi ben noti, sono il risultato di un processo del cervello e dell’occhio che decodifica la realtà, fonte di un’emozione particolarmente soggettiva, che invita a riconsiderare la pertinenza degli approcci fenomenologici dell’arte. Tra sensibilità e trasparenza, luce e spiritualità, carico di connotazioni antropologiche e politiche, il Padiglione dei colori rappresenta una sorta di spettacolo pirotecnico  in cui convergono, alla fine del percorso, tutte le questioni trattate in precedenza, con protagonisti come Riccardo Guarneri e Giorgio Griffa, che mancava dalla Biennale da tanto tempo, le raffinate tinte pastello di Karla Black, fino a due figure straordinarie, esponenti del Creative Growth Art Center in California che lavora con le problematiche della disabilità e dell’autismo: Dan Miller, che  seguendo la propria percezione, sovrappone in maniera ossessiva scritte e grafie fino ad ottenere nuove forme armoniche e la magica Judith Scott, artista sorda e Down, soprannominata “donna ragno” per le sue coloratissime ed emozionanti sculture di oggetti e intricati fili di lana.”

Il Padiglione del Tempo e dell’Infinito

“Il tempo, come flusso, continuità incessante di mutazioni e transitorietà, è spesso presente nelle opere degli artisti degli anni ’70, dove la performance concettuale si mischia a una riflessione sul tempo lungo e sulla perdita irrimediabile. Riformulato dagli artisti a partire dagli anni ’90, questo concetto riappare oggi con una nuova tonalità metafisica, tra labirinti borgesiani, speculazioni su un futuro già iscritto nel presente o su un infinito sognato. Edith Dekyndt, belga, si produrrà in una performance durante la quale sposterà la polvere in un rettangolo di luce in continuo movimento, una sorta di meditazione sulla permanenza e sulla variazione. Al Giardino delle Vergini le opere di Vadim Fishkin, sconfinando nella magia e nella sperimentazione scientifica, ci riporteranno allo stupore infantile.”

Le Collaborazioni

È confermata per il secondo anno consecutivo la collaborazione con il Victoria and Albert Museum di Londra per il Padiglione delle Arti Applicate, sito alle Sale d’Armi dell’Arsenale,  a cura di Jorge Pardo, artista e scultore cubano il cui lavoro fonde arte e design.

Si ripropone l’accordo con il Teatro La Fenice per il Progetto Speciale affidato all’artista francese Philippe Parreno, dedicato quest’anno all’opera Cefalo e Procri. Si rinnova anche il progetto Biennale Sessions per la ricerca e la formazione nel campo dell’architettura, delle arti e affini, Università e Accademie. Anche per il 2017 è prevista l’attività Educational che si rivolge a singoli e gruppi di studenti, professionisti, aziende, esperti, appassionati e famiglie. Le iniziative mirano a un coinvolgimento attivo dei partecipanti e si suddividono in Percorsi Guidati e Attività di Laboratorio.

Eventi paralleli

Progetto Pratiche d’Artista è un insieme di brevi video realizzati dagli artisti stessi e ci  aiuteranno a scoprire il loro universo e il loro modo di lavorare. Fin dal 7 febbraio, un video viene giornalmente messo online sul sito della Biennale (http://www.labiennale.org/it/arte/esposizione/artisti/ )

Tutti i venerdì e sabato di ogni settimana durante i sei mesi di Esposizione, un artista terrà una Tavola Aperta, incontrando il pubblico durante un pranzo da condividere, al fine di accennare al proprio lavoro e dialogare, al Padiglione Centrale dei Giardini e alle Sale d’Armi dell’Arsenale, mentre la trasmissione in streaming sul sito della Biennale consentirà di seguirne lo svolgimento. Ogni Padiglione nazionale sarà altresì invitato a partecipare alla Tavola Aperta, il mercoledì e il giovedì.

Il progetto La Mia Biblioteca, ispirato al saggio di Walter Benjamin pubblicato nel 1931, permette agli artisti di riunire in una lista le loro letture preferite, fonte di reciproca conoscenza e d’ispirazione per il pubblico. Il Padiglione Stirling nei Giardini ospita la biblioteca costituita dagli artisti. 

Il catalogo ufficiale, dal titolo VIVA ARTE VIVA, è composto di due volumi, uno dedicato all’Esposizione Internazionale, a cura di Christine Macel, il secondo alle Partecipazioni Nazionali, ai Progetti Speciali e agli Eventi Collaterali. La Guida della Mostra è studiata per accompagnare il visitatore lungo il percorso espositivo.

La Redazione e l’Edizione dei 3 volumi sono a cura della Biennale di Venezia.

Informazioni per il pubblico

  • Sedi, date e orari di apertura
  • Venezia, Giardini – Arsenale, 13 maggio > 26 novembre 2017
  • Orario: 10.00 – 18.00
  • Orario: 10.00 – 20.00 sede Arsenale – venerdì e sabato fino al 30 settembre
  • Chiuso il lunedì (escluso lunedì 15 maggio, 14 agosto, 4 settembre, 30 ottobre e 20 novembre)
  • Sito web ufficiale della Biennale Arte 2017: www.labiennale.org
  • Hashtag ufficiale: #BiennaleArte2017
  • Tel. +39 041 5218 – 846/849 | infoartivisive@labiennale.org
  • Facebook: La Biennale di Venezia | Twitter: @la_Biennale | Instagram: labiennale
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Vive a Bologna, dove lavora come logopedista al Servizio di Neuropsichiatria Infantile occupandosi prevalentemente di disturbi della comunicazione, del linguaggio e dell'apprendimento, è appassionata da sempre di Arte, in qualunque forma si presenti. Da alcuni anni ha iniziato un percorso nel campo della fotografia

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