Giorgio Morandi e Luigi Ontani. L’arte della Meraviglia

Luigi Ontani nella casa studio Giorgio Morandi-ph. L. Leonotti

Un incontro fra conterranei, quello tra Luigi Ontani e Giorgio Morandi, nelle suggestioni e nei paesaggi cari ad entrambi, dell’Appennino bolognese.

Ma cosa ci fa Luigi Ontani a casa di Giorgio Morandi?

La prima risposta nelle parole di Eleonora Frattarolo, direttrice artistica dell’esposizione “Luigi Ontani incontra Giorgio Morandi. CasaMondo. Nature Extramorte Antropomorfane”, che dal 26 giugno fino  al 26 settembre, sarà allestita negli spazi espositivi della Casa-Studio di Giorgio Morandi e negli adiacenti Fienili del Campiaro, a Grizzana Morandi (BO):

“Avevo l’assoluta certezza che Ontani avrebbe realizzato una mostra straordinaria, nel momento in cui, dopo aver visitato la casa, disse “Voglio realizzare delle nature morte.” Compresi che questo avrebbe avuto a che fare non con il terreno della sfida, ma del riconosce e proporre ciò che aveva visto e amato. Spesso mi sono sentita chiedere cosa ci sia tra Luigi Ontani e Giorgio Morandi. Un curioso accostamento, in realtà molto meno strano di quanto possa apparire. Dovremmo abituarci ad interrogarci su ciò che precede l’opera, sui movimenti dell’animo, spirituali, mentali che sono all’inizio, che lavorano a quella che sarà poi la creazione di opere, visibili e materiali. Se ci muoviamo all’interno di questo territorio, labile e difficoltoso, che ha a che fare con il visibile e l’invisibile, ci rendiamo conto che ci sono tangenze tra i due artisti, molto più di quanto sembrerebbe al primo sguardo.
Ontani è nato a Vergato, nello stesso territorio dove è collocata la casa di Morandi. Entrambi hanno avuto come riferimento un frammento di Genius Loci, quell’elemento cioè che caratterizza i luoghi e di conseguenza è sempre connivente nel caratterizzare la mente e la spiritualità degli individui e forse ancora di più, degli artisti.”

Un lungo, delicato, lavoro e profonde riflessioni stanno dietro a questa mostra, continua Frattarolo:

“Questa mostra è nata da una riflessione protratta nel tempo, con una produzione di opere studiate appositamente per casa Morandi. Ci si domanda spesso quali siano i cortocircuiti visivi che nutrono l’artista. Ontani li ripropone continuamente attraverso la presenza del proprio volto e del proprio sguardo, come a dire “questo è ciò che ho amato, che ho visto” e questo diviene opera d’arte.
Da qui una moltitudine di segni, le prime e le ultime nature morte di Morandi, gli oggetti che ridiventano tridimensionali sottoforma di sontuose maioliche, le nature extramorte antropomorfane, attivatori di cortocircuiti del visibile che intessono un discorso amoroso con la “sublime pittura” di Morandi,  attivando un paradosso rispetto a questa, spesso scabra, attivata per sottrazione”.

Ricorrente anche il riferimento alla Rocchetta Mattei (edificata a partire dal 1850 dal Conte Cesare Mattei su rovine risalenti al 1200), sempre sul territorio bolognese, una sorta di castello delle meraviglie, un edificio eclettico, fusione di stili ed epoche diversi, in un disordine armonico, che la Direttrice Artistica introduce così:

“il riferimento di Ontani è anche alla Rocchetta Mattei, questa architettura, orientalista, bizzarra, esoterica, ibrido simbolo di viaggi, ricca di straordinari ornamenti e decorazioni, costruita in relazione ad alcuni insegnamenti di ornato dell’Accademia di Belle Arti e ad Antonio Basoli, dove l’ornamento (il termine, di origine sanscrita, significa “ciò che è indispensabile”, così come per i romani il DECORUM era la spada che caratterizzava il soldato) è parte fondante di un percorso spirituale e materico, di commistione di stili, laddove la commistione di stili produce un nuovo stile e una nuova modalità di racconto, di immaginario.
A testimonianza di questo forte legame, Ontani insieme alla sorella Tullia, acquista e abita, in alcuni periodi, il villino adiacente la Rocchetta, chiamato RomAmor, (fatto costruire assieme alla Rocchetta dal conte Mattei per ospitare celebri pazienti, che si sottoponevano all’elettroomeopatia, terapia adoperata ancor oggi diffusamente dalla medicina indiana), un mondo fiabesco, orientalista, magico.
Dall’altra parte, invece, troviamo Morandi, con la cultura rurale, sobria, le case di sasso, le strade bianche, i coltivi che caratterizzavano i colori di quella terra e delle sue tele.”

Differenze che però non dobbiamo pensare come inconciliabili, i punti di contatto sono molteplici e ci vengono rivelati dalla particolare capacità di Luigi Ontani di porsi al mondo con grande generosità, come sottolinea il filosofo Roberto Marchesini:

“sono stato molto colpito dal lavoro di Ontani, dalla capacità di creare vasi comunicanti tra mondi differenti, sottolineando le strutture che li connettono. E’ un’arte ecologica che distrugge le divisioni, crea un flusso dionisiaco tra realtà differenti, rivelando aspetti nascosti della realtà.
Se guardassimo l’opera di questo artista con una cornice interpretativa tradizionale, vedremmo soprattutto la sua presenza invasiva, la sua onnipresenza. In realtà la sua è una presenza panica, veicolo di rivelazioni, basata sull’accoglienza. La creatività di Ontani non è solipsistica, ma relazionale; il dialogo sta al centro del processo creativo e il corpo viene trasformato in una sorta di palcoscenico e reso disponibile all’espressione dell’alterità.
Il suo sguardo forte ci permette di coniugare realtà non presenti, esperienze biografiche e culturali dove la contaminazione non è più inquinante, ma vitale, che rivitalizza l’opera d’arte.
Anche l’aspetto ironico diventa profondo, quasi tragico nel mettere in campo le complessità della vita, comica, brillante, problematica.
Ontani rompe cornici mentali che spesso ci portiamo dietro senza esserne consapevoli e non ci aiutano a comprendere le differenze proposte perché continuiamo a leggerle con focali tradizionali.”

Ma è lo stesso Maestro Ontani che ci mostra nella meraviglia del suo linguaggio, il percorso che lo ha portato a  “dialogare senza disturbare” con Giorgio Morandi:

“Penso di aver cercato una dimensione di organicità. Questa processualità è la mia attrazione e rispetto per tutto ciò che è linguaggio diverso dal mio e Morandi è assolutamente all’estremo opposto. Quando mi ritrovai in questa mia convinzione di uscire dalla mia stanza infantile per vivere un’avventura nell’arte, non c’era nessuna dimensione agli opposti per reazionarietà, ma per simpatia, come una dichiarazione della propria debolezza, della propria capacità di esprimere anche fuori dagli strumenti della tradizione, qualcosa che era già tradizione. Il rapporto con Morandi è una considerazione timorosa. L’unico appiglio oggettivo che mi ha permesso non di sfidare, ma di adorare ed elogiare la sublime arte di Morandi, è stata una scelta di avventura, di viaggio, nutrito da tanta di poesia e letteratura, che mi incoraggiava. Tra l’altro abbiamo trovato nella libreria di Morandi una copia di “Il coccio di terracotta” di Riccardo Bacchelli, autografata e dedicatagli dall’autore e l’abbiamo rifatta in fotoceramica, con l’aggiunta un elemento simbolico distintivo, un’ulteriore ragione d’essere. Nel caso di questo lavoro, con Davide Servadei della Bottega d’arte Ceramica Gatti di Faenza abbiamo usato una tecnica estremamente elaborata, che ci ha permesso di lavorare con colori e materiali molto particolari e ogni natura extramorta avrà un titolo specifico espresso, spero, abbastanza capricciosamente.
E’ stato per me molto significativo poter percorrere una dimensione del linguaggio effimero e precario, anche semplicemente avendo la convinzione, fin dal primo momento, di far riapparire con una posa, l’arte che ho sempre adorato, come in un apprendistato, che può essere sublimato come un’iniziazione all’arte, senza avere un mestiere, come quegli artigiani che hanno un mestiere sopito nella ripetizione. Ho giocato anche sulla ripetizione di Morandi, che mi affascina, in quanto è sempre differente. Morandi nelle sue sintesi d’eccezione ha dimostrato come la ripetizione porta, nella continuità, il capolavoro della sua visione.
Le opere che non saranno mimetizzabili, o ostentabili, nella casa come il canopo dedicato all’Elettro-Conte Mattei ad esempio (il cui volto, desunto da un’antica fotografia, Ontani sostituisce con il proprio, aggiungendogli come copricapo la cupola dorata della Rocchetta e come decorazione i rami d’alloro della sua Sala della Musica), le Uova pineali e altre immagini definite Anamor-Pose, saranno al Campiaro, il fienile modello del paesaggio di Morandi. La mostra, dunque, si rende ancora più complessa nello spazio di frontale alla casa.
In casa Morandi (come in altre occasioni), così modesta, semplice, integra, straordinariamente umile, come la sua scelta di quotidianità, ho cercato di mimetizzarmi nella vistosità, ho aggiunto le mie cose in un gioco entusiasmante di interlocuzione e di simpatia, un sentiero che ha fatto proliferare il piacere oltre il progetto, ritrovando una possibilità che non avevo espresso da tanto tempo, proprio nella dimensione delle illusioni, del ludico.
Non ho avuto perplessità, ho cercato attraverso la maschera, di dare una dimensione antropomorfa alle bottiglie e ai barattoli di Ovomaltina, di cui mi sono nutrito anch’io. Ho cercato di esprimere nella semplicità e nell’artificiosità dell’istantanea fotografica il punto di vista di Morandi, attraverso la porta o la finestra da cui non si è mosso, dalle quali ha visto il paesaggio, le bottiglie, le nature morte, che tuttora sono lì, nel loro miraggio di semplicità, che lui ha saputo narrare col suo pennello in una sintesi meravigliosa.”

“VIVA L’ARTE”, esclama il Maestro a conclusione del suo racconto. Come non unirsi a questo augurio?

Info mostra

LUIGI ONTANI INCONTRA GIORGIO MORANDI. CASAMONDO

  • Nature extramorte antropomorfane
  • Direzione artistica: Eleonora Frattarolo
  • Grafica e fotografia catalogo e mostra: Luciano Leonotti/Trasguardo
  • Catalogo Danilo Montanari Editore con testi di Eleonora Frattarolo e Roberto Marchesini
  • Video “Il racconto di Luigi Ontani”: Massimiliano Galliani
  • Sede espositiva: Grizzana Morandi, Casa-Studio Giorgio Morandi e Fienili del Campiaro
  • Periodo di apertura al pubblico: 26 giugno / 26 settembre 2015
  • Orari: giovedì-venerdì ore 15.00 – 19.00
  • sabato-domenica ore 10.00 – 13.00/ 15.00 – 19.00

Contatti per il pubblico:

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Vive a Bologna, dove lavora come logopedista al Servizio di Neuropsichiatria Infantile occupandosi prevalentemente di disturbi della comunicazione, del linguaggio e dell'apprendimento, è appassionata da sempre di Arte, in qualunque forma si presenti. Da alcuni anni ha iniziato un percorso nel campo della fotografia

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