Pendulum, l’uomo sfida se stesso – MAST Bologna

immagini per Pendulum. Merci e persone in movimento

Con l’incessante movimento di alternanza tra opposti, l’oscillazione trattenuta dal filo, il pendolo traccia infinite vie che collegano mappe mentali e concrete, definisce i percorsi e dà il titolo all’attuale mostra curata da Urs Stahel, alla Gallery del MAST di Bologna (fino al 13 gennaio 2019). Il museo bolognese fulcro di prestigiose e diversificate occasioni, a cinque anni dall’apertura continua ad offrire ad un bacino di visitatori in costante aumento, innumerevoli appuntamenti con la cultura nel senso più ampio del termine.

Come l’attuale esposizione, Pendulum. Merci e persone in movimento, oltre 250 foto di 65 autori selezionati dalla collezione della Fondazione MAST, con una datazione che spazia dalle più recenti, solo di pochi mesi fa, a quelle ottocentesche, appartenenti al periodo di esordio della fotografia.

Tutte queste concorrono ad allargare la visione sui movimenti delle masse, intendendo sia materiali che persone, aiutandoci a cogliere in queste ultime, per esempio, molti punti in comune tra i pendolari sui mezzi pubblici nelle grandi città; ma mentre un tempo, come vediamo nei ritratti degli anni ‘70 e ‘80 di Helen Levitt (1913 – 2009) o del sudafricano David Goldblatt (1930 – 2018), si poteva cogliere uno scambio fatto di sguardi, stanchi ed assonnati, un sorriso, persino un abbraccio, alla ricerca forse di conforto e condivisione, oggi i viaggiatori sono spesso estraniati dal contesto: chini sul proprio smartphone (emblematica l’opera “iPortrait” dell’olandese Jacqueline Hassink) e immersi nell’individualità di uno schermo, inseguono un social virtuale che di fatto esclude la società reale e concreta che sta proprio accanto.

Il concetto stesso di rapidità si è evoluto in modo iperbolico: nella contrazione del tempo il senso del viaggio è mutato, con aerei, automobili, treni spinti al massimo, ad una velocità che secondo il filosofo e urbanista Paul Virilio (1932 – 2018), ci cambia la vita non solo quantitativamente ma anche qualitativamente e rischia di aumentare fino a quando gli equilibri tra forze ed energie non potranno più reggere la metamorfosi.

Il tema della migrazione è toccato in modo struggente: lo spagnolo Xavier Ribas (1960), con l’opera “Nomads”, testimonia la (auto)distruzione del territorio praticata per rendere inabitabili ai nomadi le zone industriali dismesse; l’occhio della termocamera di Richard Mosse (1980) registrando le variazioni di calore di un’area portuale, rivela oltre alle rotte di navi e materiali, come parte dei container parcheggiati sulle banchine, siano in realtà abitazioni per gli immigrati irregolari, congelati in un luogo indefinito e sospeso, come il loro destino.

Al livello 0 del MAST “G.D Novantacinque anni – Memoria e Futuro. Una storia per immagini”, omaggio ai 95 anni di fortunata carriera dell’azienda G.D del Gruppo COESIA, dalla quale hanno avuto inizio le vicende industriali della famiglia Seràgnoli che tra varie trasformazioni, giungono fino al MAST e all’omonima Fondazione.

Nel rispetto delle peculiarità del museo, sono esposte le prime moto prodotte tra gli anni ‘20 e ‘30 dalla piccola officina rilevata dalla famiglia, in un allestimento che le valorizza come gioielli della manifattura e del lavoro dell’uomo, dalla progettazione alla realizzazione, il tutto documentato da preziose lastre fotografiche di vetro colorate a mano, da stampe e filmati d’epoca dell’archivio aziendale, che ripercorrono l’arco di tempo considerato.

A corollario della mostra Pendulum, come d’abitudine, si possono godere diverse occasioni d’incontro con i maggiori esponenti della cultura e in particolare della fotografia come, di recente, Martin Parr e Jeff Wall. 

Wall (Vancouver, 1946) è stato protagonista di un talk durante il quale ha condiviso con il pubblico la propria visione della fotografia e dell’arte, descrivendo i processi attraverso i quali avviene la trasformazione in immagini di pensieri, riflessioni politiche e sociali, emozioni, il tutto fortemente influenzato dalla pittura, che “offre libertà nella scala delle dimensioni”. 

A monte delle opere di Wall, sta una suggestione che scatena il processo creativo, un incontro, uno sguardo, un dettaglio, “e mi richiede innanzitutto un primo atto di rinuncia. Non faccio la foto e questo provoca un rilascio di energia”.

Tale energia viene convogliata nel tempo lungo della rielaborazione, della preparazione tecnica; una vera e propria regia cinematografica, la costruzione del set, con attori, scenografia, luci, costumi e la composizione dell’immagine, “ma non è vero che pianifico tutto fino all’ultimo dettaglio, non è possibile, tante cose succedono per caso”, per restituire in uno scatto unico (non realizza mai serie) ciò che lo aveva colpito. 

Ammette con rigoroso candore, le proprie abilità “so immediatamente quando ho davanti la foto giusta, anche se devo scegliere tra centinaia di scatti. Lo so e basta.”

Precisa che la sua opera non intende essere una narrazione, è simbolica, non documentaria, ambigua, aperta a diverse letture e arriva allo spettatore con una forza tale che non lascia indifferenti. 

La complessità poetica dell’artista ci fa apprezzare le rare occasioni durante le quali si concede al pubblico e in questa sede si racconta in modo generoso ma oculato e riservato. Ama molto il cinema, ammira profondamente i grandi registi italiani come Rossellini, Visconti, Pasolini, conosce tutti i direttori della fotografia che hanno lavorato nei loro film e li considera fotografi talmente raffinati da saper concentrare tutto il senso dell’opera in un solo fotogramma.

I processi lenti, caratteristici di Wall, impregnati di profondo interesse per l’animo umano, attenti e rispettosi nell’affrontare le tematiche, stridono e contrastano con la folle corsa di cui si parla sopra, che ci obbliga, come dice Urs Stahel a “ruotare senza posa su noi stessi, una piroetta a velocità supersonica che finirà per conficcarci nel terreno o farci toccare il cielo”.

 

Info mostra

  • Pendulum. Merci e persone in movimento
  • MAST. Gallery
  • A cura di Urs Stahel
  • Via Speranza 42, Bologna
  • 4 ottobre 2018 – 13 gennaio 2019
  • Martedì – Domenica 10.00 – 19.00
  • Ingresso gratuito
  • www.mast.org
  • Catalogo ELECTA con testi di Urs Stahel
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Vive a Bologna, dove lavora come logopedista al Servizio di Neuropsichiatria Infantile occupandosi prevalentemente di disturbi della comunicazione, del linguaggio e dell'apprendimento, è appassionata da sempre di Arte, in qualunque forma si presenti. Da alcuni anni ha iniziato un percorso nel campo della fotografia

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