Arbëreshe. Fotografie di Francesco Paolo Lavriani al Festival di Corigliano Calabro Fotografia 2017

Francesco Paolo Lavriani, Arbëreshe (Courtesy of the Artist)

Corigliano Calabro (Cosenza). Tradizione, forza, orgoglio: le comunità degli Arbëreshe (Albanesi d’Italia) di religione cattolica di rito bizantino, presenti in sette regioni italiane tra cui la Calabria, si nutrono di un passato lontano di oltre mezzo millennio.

Al tragico esodo dall’Epiro invaso dai turchi, nel 1468, ripercorso iconograficamente attraverso il busto dell’eroe nazionale Giorgio Castriota Skanderberg, collocato in tutte le piazze o negli affreschi della Chiesa di S. Atanasio a Santa Sofia d’Epiro (Cosenza), realizzati nel 1982 dal pittore greco Nikos Giannakakis, fanno eco i canti struggenti durante le funzioni religiose della domenica o in occasione di altri rituali che non mancano di ricordare ai fedeli che “il sangue sparso non si è dimenticato” (Gjaku jone i shprishur s’u harrua).

Francesco Paolo Lavriani, Arbëreshe (Courtesy of the Artist)

Rivivono anche nelle narrazioni dei cantastorie, talvolta inventate estemporaneamente in quella loro lingua antica che si evolve lentamente, di generazione in generazione, adattandosi alle esigenze della società contemporanea, proprio come i costumi, la gastronomia, le danze. Rimane, comunque, fortissimo il senso di appartenenza. “Chi è lei? Che ci fa qui?”, chiedono le tre anziane signore sedute davanti alla loro casa, nel vicolo principale di Vaccarizzo Albanese. Il fotografo Francesco Paolo Lavriani (è nato e vive a Santa Sofia d’Epiro) risponde loro in albanese, spiegando che la giornalista è lì per entrare in contatto con la loro cultura. Il sorriso, allora, fa breccia nel muro della diffidenza e le curiosità diventano reciproche. “Vengono in tanti a fotografarci”, spiega una di loro in italiano. Anche a Vaccarizzo Albanese, come negli altri ventisette paesi arbëreshe della Sila cosentina (tra cui Cervicati, Civita, San Demetrio Corone, San Cosmo Albanese, San Giorgio Albanese, Santa Sofia d’Epiro), appollaiati sulla sommità delle colline per ragioni di controllo e difesa, ci sono ancora begli esempi di case realizzate con la pietra, infissi di castagno, batacchi di ferro lavorato.

Mappare la “nazione sparsa” dell’Arberia è una missione per Lavriani, autore di vari libri fotografici fra cui Rotonda (2013) sui riti arborei della Basilicata, che negli anni ’80-’90 lavora a Firenze come fotoreporter frequentando contemporaneamente il circolo fotografico Il Cupolone. Al bianco e nero che è il suo linguaggio privilegiato, egli alterna l’uso del colore come nella serie Arbëreshe (esposta in occasione della XV edizione del festival Corigliano Calabro Fotografia, organizzato dall’Associazione Culturale Corigliano per la Fotografia BFI sotto la direzione artistica di Gaetano Gianzi) che fermano l’istante assecondando il ritmo delle nenie, il vortice delle gonne plissettate (per la realizzazione occorrono dagli otto ai dieci metri di tessuto con l’alto bordo ricamato con i fili d’oro) nei balli che esaltano la Primavera degli Italo-Albanesi, il profumo del pane caldo spezzato e poi mangiato durante il sacramento dell’Eucarestia.

La fotografia, quindi, come memoria per fermare l’attimo e contribuire a preservare la tradizione di una vita comunitaria dove la religione ha un ruolo centrale. Le pietre antiche riflettono i colori vivaci del presente lasciando spazio alla nostalgia del ricordo, come nella foto all’albumina di fine Ottocento (colorata a mano) che Francesco Paolo Lavriani, grande appassionato di antiquariato e meticoloso collezionista di mappamondi, attrezzature fotografiche, dagherrotipi ed altre curiosità, collocata in bellavista su un ripiano nel salotto della sua casa. Un’anonima mamma con le sue tre figliole tutte agghindate con il costume tradizionale albanese, sono ritratte nello studio di “Giuseppe Dragone, fotografo di Cervicati”, come ci ricorda il timbro sul retro.

Info kermesse

  • Arbëreshe. Fotografie di Francesco Paolo Lavriani
  • XV edizione Corigliano Calabro Fotografia 2017
  • 2 settembre-31 ottobre 2017
  • Castello di Corigliano Calabro
  • www.coriglianocalabrofotografia.it

 

 

+ ARTICOLI

Manuela De Leonardis (Roma 1966), storica dell’arte, giornalista e curatrice indipendente. Scrive di fotografia e arti visive sulle pagine culturali de il manifesto (e sui supplementi Alias, Alias Domenica e L’ExtraTerrestre), art a part of cult(ure), Il Fotografo, Exibart. È autrice dei libri A tu per tu con i grandi fotografi - Vol. I (Postcart 2011); A tu per tu con grandi fotografi e videoartisti - Vol. II (Postcart 2012); A tu per tu con gli artisti che usano la fotografia - Vol. III (Postcart 2013); A tu per tu. Fotografi a confronto - Vol. IV (Postcart 2017); Isernia. L’altra memoria (Volturnia Edizioni 2017); Il sangue delle donne. Tracce di rosso sul panno bianco (Postmedia Books 2019); Jack Sal. Chrom/A (Danilo Montanari Editore 2019).
Ha esplorato il rapporto arte/cibo pubblicando Kakushiaji, il gusto nascosto (Gangemi 2008), CAKE. La cultura del dessert tra tradizione Araba e Occidente (Postcart 2013), Taccuino Sannita. Ricette molisane degli anni Venti (Ali&No 2015), Jack Sal. Half Empty/Half Full - Food Culture Ritual (2019) e Ginger House (2019). Dal 2016 è nel comitato scientifico del festival Castelnuovo Fotografia, Castelnuovo di Porto, Roma.

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e statistici. Cliccando su "Accetta" autorizzi tutti i cookie. Cliccando su "Rifiuta" o sulla X rifiuterai tutti i cookie eccetto quelli necessari per il corretto funzionamento del sito. Cliccando su "Personalizza" è possibile selezionare quali cookie attivare.