Flying Photo Book Carpet. Saul Marcadent, Louise Dahl-Wolfe, Carolina Sandretto, 13onze15 et The Wall Projects 2020

Flying Photo Book Carpet. Saul Marcadent, Louise Dahl-Wolfe, Carolina Sandretto, 13onze15 et The Wall Projects 2020 (ph Manuela De Leonardis)

Già nel titolo, o meglio nel sottotitolo Progetto e immaginario nelle riviste di moda contemporanee di Editoria come curatela viene sottolineato il rapporto paritario tra immagini e parole nella costruzione di un percorso che Saul Marcadent, curatore e ricercatore all’Università Iuav di Venezia, dedica alle riviste di moda intese come luoghi d’indagine e strumento di comunicazione che sono l’estensione stessa della moda nella sua duplice veste materiale e immateriale. 

“Le riviste, come le mostre, sono sistemi progettati, dal carattere esperienziale, in cui le singole parti – le informazioni, i materiali – sono messe in connessione tra loro. In entrambi i casi i contenuti sono negoziati sul piano spaziale (lo spazio espositivo e lo spazio della pagina), estetico ed emotivo.”, scrive Marcadent in apertura del quarto capitolo Bidimensionale, tridimensionale del suo saggio che ha origine da una tesi di dottorato.

Le ipotesi di lettura ed interpretazione tra “riflessioni teoriche e azioni espositive” sono ricche di spunti, partendo proprio dalla considerazione della scarsa attenzione che si riserva a quella che viene considerata “una creatura effimera, attraversata da sguardi distratti”. Eppure nello studio della moda (e non solo) le riviste di moda sono una fonte storiografica insostituibile, inoltre “interpretano materiali già esistenti e inventano nuovi modelli estetici”. 

Il libro, che si apre con Doppie pagine, il saggio visivo concepito come “mostra in pagina” con le inedite fotografie a colori di sei autori contemporanei: Benoît Bèthume, Elizabeth Bick, Alan Chies, Paolo Di Lucente, Estelle Hanania e Dario Salamone, si chiude con uno sguardo sullo scenario contemporaneo attraverso l’analisi dell’“editoria di nicchia”. 

Tra le riviste di moda di tutti i tempi, una delle più innovative nel suo ruolo di portavoce dei fenomeni sociali è stata Harper’s Bazaar, fondata nel 1867 a New York. Tra la metà degli anni ’30 e la fine degli anni ’50 del secolo scorso è certamente il magazine più all’avanguardia, grazie al lavoro di tre straordinarie figure femminili: la capo redattrice Carmel Snow considerata capostipite del moderno giornalismo di moda, la leggendaria giornalista di moda Diana Vreeland (che dal 1962 passò a Vogue) e la fotografa Louise Dahl-Wolfe. 

Negli scatti di Louise Dahl-Wolfe (Alameda 1895-1989) non troviamo solo il racconto di un’epoca, ma le vibrazioni della trasformazione in atto.

Alla fotografa californiana è dedicato il libro monografico realizzato in occasione della mostra Louise Dahl-Wolfe, The American Image, organizzata nel 2000 dal Center for Creative Photography (CCP), University of Arizona di Tucson e dal Fashion Institute of Technology (FIT) di New York.

Entrambe le istituzioni conservano dei nuclei dell’archivio della pioniera della fotografia a colori, tra provini a contatto, negativi, stampe, schizzi, corrispondenza e memorabilia in cui ricorre l’architettura come elemento centrale nella costruzione dei set che rimandano a citazioni colte, ironiche mai stereotipate.

È così quando, nel 1941, fotografa la modella Bijou Barrington che indossa capi dell’azienda Jay Thorpe davanti agli scorci dell’architettura organica della Scuola di Architettura di Taliesin West, progettata nel 1937 da Frank Lloyd Wright a Phoenix in Arizona dove l’architetto rimase fino alla sua morte nel 1959. 

Le sue modelle sono spesso ritratte nell’atto di leggere libri, pubblicazioni o quotidiani o anche nei musei, come Georgia Hamilton con l’abito da viaggio e la borsa leopardata al MoMa di New York davanti alle foto di Man Ray e Paul Strand, in occasione della mostra Photography. The First 100 Years (Harper’s Bazaar, settembre 1952). Le sue donne sono disinvolte ed emancipate, senza rinunciare alla femminilità e ad un pizzico di glamour.

Come era stata anche Colette che Louise Dahl-Wolfe fotografa nel dicembre 1951, a Parigi nella camera da letto del suo appartamento. Lo sguardo che coglie è velato di tristezza ma sempre vigile e profondo. Stavolta usa la pellicola in bianco e nero con morbidi passaggi chiaroscurali che accarezzano il volto della grande scrittrice. 

Il senso d’intimità attraversa anche il doppio libro d’artista Internal Memories | External Memories che Carolina Sandretto ha realizzato durante il lockdown, nella primavera 2020, costretta ad un isolamento da sola nella casa di famiglia a Pietrasanta.

In questo contesto la fotografia è il medium che permette all’autrice di relazionarsi al presente. Una temporalità “effimera e transitoria” costruita intorno alla disciplina autoimposta anche attraverso le lezioni del corso on line Domestic Spaces, tenuto da Esly Deschler Canossi e organizzato dall’ICP – International Center of Photography di New York.

Attraversate da un senso di solitudine, le polaroid di Sandretto diventano un “memoir visuale” collezionato quotidianamente all’interno delle mura domestiche, guardando i singoli oggetti del passato, appartenuti alle nonne e a sua madre, ma anche spostando lo sguardo più in là, verso l’orizzonte oltre il terrazzo. 

Gli oggetti parlano – ci parlano – se sappiamo ascoltarli, osservandoli a lungo, sfiorandoli con una carezza pronti a coglierne i frammenti di memoria che ci possono restituire. Ma che succede quando la memoria è collegata ad una tragedia? Allora bisogna trovare un escamotage per aggirare il dolore e provare a ripartire scrivendo un nuovo paragrafo della storia. Paris, le 13 novembre 2015 – Du jour au lendemain… La réponse de 42 artistes è quel paragrafo. 

Per il quinto anniversario degli attentati del 13 novembre 2015 al Bataclan di Parigi e Saint-Denis, l’associazione 13onze15 – Fraternité & Vérité, creata dalle vittime e dai loro familiari ha incaricato la curatrice Laura Serani perché organizzasse una mostra all’aperto nel Giardino MayPicqueray (novembre 2020), accompagnata da un catalogo che vede il coinvolgimento di 42 artisti internazionali – Antoine d’Agata, Nikos Aliagas, Jane Evelyn Atwood, Jean-Christophe Béchet, Carolle Bénitah, Jacques Borgetto, Bruno Boudjelal, Jean-Christian Bourcart, Anne-Lise Broyer, Lorenzo Castore, Philippe Chancel, Clara Chichin, Ricky Dávila, Stefano De Luigi, Mathias Depardon, Claudine Doury, Stéphane Duroy,  FLORE, Hicham Gardaf, Samuel Gratacap, Brian Griffin, Todd Hido, Evangelia Kranioti, Letizia Le Fur, Sze Tsung Nicolás Leong, Nicola Lo Calzo,  Safaa Mazirh, Sarah Moon, Paulo Nozolino, Richard Pak, Catherine Poncin, Pauline Rousseau, Maurice Schobinger, Klavdij Sluban, SMITH, Fred Stucin, Laure Tiberghien, Laure Vasconi, Sabine Weiss, Hannah Whitaker, Matt Wilson, Sophie Zénon. 

Ciascun artista ha raccontato, sia attraverso le immagini fotografiche che un proprio testo, un ipotetico momento del prima e del dopo, una ridefinizione dell’istante che si traduce in eternità. Una memoria collettiva che è anche spazio virtuale attraverso la campagna Instagram #Journaldu13. 

Flying Photo Book Carpet. Saul Marcadent, Louise Dahl-Wolfe, Carolina Sandretto, 13onze15 et The Wall Projects 2020 (ph Manuela De Leonardis)
+ ARTICOLI

Manuela De Leonardis (Roma 1966), storica dell’arte, giornalista e curatrice indipendente. Scrive di fotografia e arti visive sulle pagine culturali de il manifesto (e sui supplementi Alias, Alias Domenica e L’ExtraTerrestre), art a part of cult(ure), Il Fotografo, Exibart. È autrice dei libri A tu per tu con i grandi fotografi - Vol. I (Postcart 2011); A tu per tu con grandi fotografi e videoartisti - Vol. II (Postcart 2012); A tu per tu con gli artisti che usano la fotografia - Vol. III (Postcart 2013); A tu per tu. Fotografi a confronto - Vol. IV (Postcart 2017); Isernia. L’altra memoria (Volturnia Edizioni 2017); Il sangue delle donne. Tracce di rosso sul panno bianco (Postmedia Books 2019); Jack Sal. Chrom/A (Danilo Montanari Editore 2019).
Ha esplorato il rapporto arte/cibo pubblicando Kakushiaji, il gusto nascosto (Gangemi 2008), CAKE. La cultura del dessert tra tradizione Araba e Occidente (Postcart 2013), Taccuino Sannita. Ricette molisane degli anni Venti (Ali&No 2015), Jack Sal. Half Empty/Half Full - Food Culture Ritual (2019) e Ginger House (2019). Dal 2016 è nel comitato scientifico del festival Castelnuovo Fotografia, Castelnuovo di Porto, Roma.

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e statistici. Cliccando su "Accetta" autorizzi tutti i cookie. Cliccando su "Rifiuta" o sulla X rifiuterai tutti i cookie eccetto quelli necessari per il corretto funzionamento del sito. Cliccando su "Personalizza" è possibile selezionare quali cookie attivare.