A proposito del COFFI Berlin Festival 2017

Immagine del Coffi Festival Berlin 2017

I festival sono delle creature che hanno le sembianze dei loro curatori. L’apertura che dimostrano nel dare spazio agli ospiti rivela i gusti e le tendenze di chi propone un’offerta artistica occasionale, sebbene disposta nel tempo. Gran parte della cultura contemporanea passa attraverso occasioni del genere, iniziative nate per coagulare forze altrimenti separate, nella convinzione che la coerenza e la continuità di una proposta abbia un valore autonomo. Aggiungete quanto la cultura del festival racconti della socialità di un pubblico che fedelmente e puntualmente interviene e misurerete in un sol colpo l’importanza di iniziative del genere, soprattutto se calate in una quotidianità in cui l’offerta di un altro è sempre disponibile – a partire da una serata davanti allo schermo del proprio pc.

Immagine del Coffi Festival Berlin 2017
COFFI Festival Berlin 2017

Berlino è una città enorme. Proprio questa sua grandezza dispone un’offerta culturale che dà spazio a tutti. Almeno questo sembrano raccontare gli artisti che ho incontrato al COFFI festival, una tre giorni di arte interdisciplinare tenutasi presso la casa del freddo, propriamente la Kühlhaus. La litania prevedeva: “quello che ho fatto qui, in Italia…” Non sorprende, considerando il sistema abbastanza macchinoso che interpreta le esigenze espressive nel paese che meglio di tutti è teso alla riproduzione di sé stesso. Così, arriviamo in questo mondo fatto di persone che finalmente hanno spazio e pubblico.

Performance art, cinema, musica, installazioni, danza. Ogni disciplina viene declinata secondo la trama comune delle contaminazione, con la tecnologia che fa da sfondo oltre che da strumento. Gli sforzi degli organizzatori hanno garantito la qualità di una manifestazione che si è mostrata sincera e senza pretese, la qual cosa mi è sembrata abbastanza in controtendenza rispetto alle smancerie mielate che sono soliti riportare i curatori in Italia, mai dimentichi dello sforzo intrapreso pur di portarla a termine. Qui la gente era felice, non stressata. Mi sembra un valore abbastanza importante da raccogliere quale motore dell’iniziativa, nonostante le difficoltà – si veda un cambio di location un mese prima dell’inizio effettivo.

Il mondo del Coffi festival è fatto di artisti che son ben contenti di portare in scena sé stessi nella traduzione offerta dalle loro opere. E questo dato mi ha dato da riflettere, soprattutto se rapportato a canoni estetici di tempi che furono, quando ancora l’artigianalità della produzione rappresentava la garanzia dell’operato. In effetti, la musica soprattutto sembra essere cambiata e non c’è occasione che non possa non dirsi elettronica nella sua diffusione. Berlino, poi, sembra essere stata eletta la patria di questo non meglio precisato genere – un calderone chiamato musica elettronica.

Così, la collezione messa insieme per questa terza edizione del festival che dà spazio alla creatività italiana nella città di Berlino manifesta una certa esigenza di confrontarsi sui temi della guadagnata globalità a fronte di un disperso senso di identità. La comunione del pubblico nella lingua italiana ha giocato, a mio parere, un ruolo importante, facendo leva sul calore del parlato quale spazio di una comunicazione chiara e non lasciata a metà.

Tra tutte, la scena performativa ha mostrato la sua vitalità: il buono stato di salute è documentato dalle tante e diverse performance che hanno ritmato il cartellone, mettendo al centro il valore di una disciplina che fa della contaminazione la sua natura di essere, dato il grado di apertura che la contraddistingue. I temi del teatro, della poesia, della danza, della musica – in altre parole, del gesto riflesso nel movimento – hanno interessato gran parte del pubblico occorso per confrontarsi con una disciplina, la più malleabile fra tutte.

Le parole di Serena Calò – project manager COFFI Festival Berlin – ribadiscono il valore del triangolo relazionale: opera, autore, pubblico:

Grazie a coloro che hanno preso parte e sostenuto in tutti i modi il COFFI Berlin 2017. Grazie agli sponsor, agli artisti di questa edizione che con il loro straordinario talento hanno dato forma al tema Contaminazione e grazie al pubblico, composto da grandi e piccini. Un pubblico sempre attento, concentrato e curioso di scoprire, attraverso i lavori a loro presentati, quali sfumature puó prendere la parola Contaminazione. Negli ambienti della Kühlhaus Berlin si respirava un mix di energie positive,che ci hanno davvero stupito e sicuramente ci daranno la carica giusta per migliorar sempre di più la buona riuscita del Festival.”

+ ARTICOLI

Antonio Mastrogiacomo vive e lavora tra Napoli e Reggio Calabria. Ha insegnato materie di indirizzo storico musicologico presso il Dipartimento di Nuovi Linguaggi e Tecnologie Musicali del Conservatorio Nicola Sala di Benevento e del Conservatorio Tito Schipa di Lecce. Ha pubblicato “Suonerie” (CD, 2017), “Glicine” (DVD, 2018) per Setola di Maiale. Giornalista pubblicista, dal 2017 è direttore della rivista scientifica (Area 11 - Anvur) «d.a.t. [divulgazioneaudiotestuale]»; ha curato Utopia dell’ascolto. Intorno alla musica di Walter Branchi (il Sileno, 2020), insieme a Daniela Tortora Componere Meridiano. A confronto con l'esperienza di Enrico Renna (il Sileno, 2023) ed è autore di Cantami o Curva (Armando Editore, 2021). È titolare della cattedra di Pedagogia e Didattica dell’Arte presso l’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria.

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e statistici. Cliccando su "Accetta" autorizzi tutti i cookie. Cliccando su "Rifiuta" o sulla X rifiuterai tutti i cookie eccetto quelli necessari per il corretto funzionamento del sito. Cliccando su "Personalizza" è possibile selezionare quali cookie attivare.