David Toop. Un laboratorio a Casa Morra di Napoli

immagine per David Toop
David Toop, Casa Morra
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David Toop, Casa Morra

Luogo dell’arte riservato all’alternanza studio-lavoro di giovani studenti europei riuniti sotto l’egida del contemporaneo, in tempi recenti la sempre aperta a tutti, Casa Morra si è aperta all’attraversamento di alcuni artisti in residenza e di altrettanto pochi residenti campani che, soprattutto musicisti, vengono ospitati temporaneamente nei suoi spazi per fruire di appuntamenti altrimenti irrealizzabili. Se abbiamo parlato de La Digestion quale stagione concertistica curata dall’associazione Phonurgia, meno spazio è stato dedicato alla saltuaria e collaterale attività di affiancamento culturale che viene disposta come contorno alla succulenta proposta musicale.
La stessa prevede dei laboratori, dei workshop, dei semplici incontri con gli artisti e sembra proporre una logica dell’iniziativa che rifugga il solo conato dell’evento al fine di sensibilizzare un certo tipo di pubblico – quello degli addetti ai lavori – ad un immediato contatto con l’artista.
Il caso specifico è quello di un laboratorio dedicato all’ascolto dal titolo Listening is Intimacy tenuto dal britannico David Toop (classe 1949).

Ora, il compositore è di quelli realmente importanti per via della sua spiccata dote divulgativa, della sua instancabile ricerca musicale attraverso il mezzo della scrittura che si è tradotta in pubblicazioni ormai scomparse dai cataloghi, eppure fondamentali per chi voglia mettersi alla ricerca di materiali utili per la ricostruzione del panorama sonoro contemporaneo, a partire da quel testo Oceano di Suono che resta un bel ricordo ormai non più disponibile.

In sintesi: David Toop è un vero e proprio punto di riferimento per la comunità dei musicisti e la possibilità di entrare in contatto con la sua aura di esecutore e divulgatore musicale ha interessato solo un minuscolo stuolo di addetti ai lavori, nonostante l’ascolto sia una pratica che si pone alla portata di tutti in maniera sostanzialmente orizzontale.

Casa Morra è fredda, e si accusa maledettamente: non per l’accoglienza, ma per via di quegli enormi spazi che proprio non trasmettono altro che se stessi, incoraggiati dalla propria veste diroccata. Ritorno qui, dove poco più di un mese fa Elio Martusciello e Yoshide avevano performato rendendomi conto di quanto quella stanza non potesse mai bastare quella sera (strapiena!).

Resta adeguata per un laboratorio partecipato da una quindicina di unità. Presentazioni varie da riunione di musicisti degnamente anonimi e David Toop, con la sua calma anglosassone ed il suo tono di voce propriamente monasteriale, ci porta a riflettere su questioni un tempo già toccate da gente come Pauline Oliveros, sull’ascolto immersivo, o meglio sull’ascolto come atto.

In pratica, l’ascolto non è ‘na roba passiva che subisci ma un fatto che agisci intenzionalmente, lavorando sull’ambiente nel quale ti trovi, raccogliendo e organizzando le informazioni che ricevi per poi analizzarle sotto diversi parametri più o meno musicali, sicuramente strettamente acustici.

Di come possa gioco forza, questo ascolto, trovarsi al centro di una polarizzazione tra loudness e quietness, di come in effetti la dimensione della durata possa riferirsi ad una visione contemplativa della vita, di come in effetti l’ascolto si trovi ad essere invischiato nello scontato al pari della respirazione – eppure si possa esercitare una sorta di controllo, sarebbe meglio a dire consapevolezza, su entrambi.

Di come in effetti, considerato il suono come energia attiva e dinamica, l’ascolto possa dirsi  una ricerca dei suoni al pari che le conchiglie sulla spiaggia.

In tutto questo i riferimenti di contesto, memoria, ricordo esercitano una attrazione da non sottovalutare nel rendere conto del portato di questo esercizio in grado di motivare la presenza secondo sfumature tanto universali da essere fecondamente relative.

David Toop non si limita ad evangelizzare i suoi discepoli del momento: organizza infatti una piccola seduta di ascolto in coppia dove la presenza dell’altro diventa motivo di coloritura ambientale già dal suo ingombrante respiro; la stessa sarebbe stata poi oggetto di commento, di analisi, di narrazione così da tenere insieme le diverse istanze che animano i diversi gradi di ascolto che ognuno riesce a mettere in gioco.

Ci parla delle sue scelte di musicista adattivo in riferimento al contesto performativo, di quando una volta si limitò a consegnare della carta velina a tutti i partecipanti intervenuti quale pubblico per la presentazione di un testo di Daniela Cascella: la stessa carta dopo esser stata appallottolata avrebbe rilasciato tanti, diversi suoni nel riprendere spazio una volta terminata la pressione.

E ci mostra alcune chincaglierie che modifica elettroacusticamente: la diffusione di un frammento audio con la voce del nonno che parla della nebbia di Londra viene diffusa all’interno di una campana di bronzo, di quelle permettono di riconoscere una mucca in lontananza.

Lo scarto temporale tra il nostro ascolto e la fissità di quelle frasi marca il colmarsi di uno spazio ridotto grazie all’impiego di una tecnologia fattasi motore di memoria perché congruamente esercitata.

Insomma, è stato bello trascorrere un pomeriggio in compagnia di uno dei nomi della scena musicale elettronica contemporanea cosiddetta di ricerca, quindi alternativa.

Ricorderò con immutato affetto i suoi colori rosanero opportunamente vestiti, la sua discrezione quasi zen e l’incipit del suo testo a partire dalla dimensione domestica, questa sì guadagnata frontiera quale vero rifugio alla proliferazione di musica da esperire esclusivamente nella dimensione dell’evento.

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Antonio Mastrogiacomo vive e lavora tra Napoli e Reggio Calabria. Ha insegnato materie di indirizzo storico musicologico presso il Dipartimento di Nuovi Linguaggi e Tecnologie Musicali del Conservatorio Nicola Sala di Benevento e del Conservatorio Tito Schipa di Lecce. Ha pubblicato “Suonerie” (CD, 2017), “Glicine” (DVD, 2018) per Setola di Maiale. Giornalista pubblicista, dal 2017 è direttore della rivista scientifica (Area 11 - Anvur) «d.a.t. [divulgazioneaudiotestuale]»; ha curato Utopia dell’ascolto. Intorno alla musica di Walter Branchi (il Sileno, 2020), insieme a Daniela Tortora Componere Meridiano. A confronto con l'esperienza di Enrico Renna (il Sileno, 2023) ed è autore di Cantami o Curva (Armando Editore, 2021). È titolare della cattedra di Pedagogia e Didattica dell’Arte presso l’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria.

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