Si fa presto a dire turismo. Sorrento, per esempio

Sorrento, Italy (una panoramica estiva)

Si fa presto a dire: turismo…
Questo mi dicevo mentre raggiungevo Sorrento, ultima fermata della linea della circumvesuviana che la collega a Napoli.

Il viaggio ha il merito di farti capire che se alcune condizioni possono dirsi decisamente cambiate – quali lo status di turista, acquisito ormai nel patrimonio genetico culturale – altre sono rimaste invariate, a partire dall’attenzione al trasporto pubblico (vagoni anni ’80!) che da sempre caratterizza il sud-italia e che dovrebbe favorire l’accorciamento delle distanze tra la periferia e il centro.

Ad ogni modo, sulla stessa tratta c’è anche Pompei, quella meta irrinunciabile per qualsiasi turista che non può fare a meno di passeggiare tra le macerie, in un reciproco sostegno tra discettazione culturale e viaggio esperienziale.

Appunto, schiacciati come le sardine in centinaia andiamo ad affollare questo paesino conosciuto in tutto il modo per la sua posizione a picco sul mare, un sabato mattina – non oso immaginare cosa possa significare vivere questa tratta da pendolare.

Ci vuole poco più di un’oretta e chiaramente non ci sono né controllori né tornelli in uscita che possano farti sentire soddisfatto di aver obliterato il titolo di viaggio; poco male, va bene a tutti.

E così, Sorrento e le miriadi di americani; Sorrento e gli stranieri che la scelgono come luogo delle proprie nozze; Sorrento e quei ristoranti che sfamano i turisti a tutte le ore; Sorrento e i suoi prezzi mozzafiato. Sorrento.

Non di solo paesaggio vive l’uomo, ma anche di ogni possibile integrazione di esercizi commerciali in esso. Così, le vie sono trafficate da negozi e negozietti che propinano merce all’interno e per strada: ogni centimetro quadrato diventa preda di un’offerta che altrimenti recherebbe il sé il marchio dello spreco. Gli impianti di balneazione sono ancora in attività ed incontrano il beneplacito di quei turisti che, armati di costume, non possono esimersi da uno scatto avvolti dalle rocce e dal mare, precipuo godimento di questa esperienza che porta in sé il marchio della vacanza.

Il motivo che mi spinge a scrivere di Sorrento sta nel tipo di turismo che questa meta propone: un turismo dell’esperienza lontano dal conoscere cosa si sta attraversando. Una toccata e fuga in un luogo che viene raggiunto in quanto proposto: non c’è traccia di scoperta in questa decisione.

Un modello tanto lontano dal grand tour quanto vicino alle attrazioni di cui vive un parco giochi. Insomma, si tratta di semantizzare turisticamente delle aree in cui la retorica del luogo comune viene messa a frutto mettendolo a disposizione di chiunque voglia temporaneamente farne parte alimentandolo.

La nota critica non vuole raccontare di quanto questa modalità possa dirsi ingiusta ed inesatta, anzi: finalmente le cose hanno il potere di manifestarsi per quello che sono (ad esempio grazie ad un selphie scattato in riva al mare che vale più di ogni cartolina vergata a mano); il vero problema sta nell’assenza di regole che permette un insediamento asfissiante di queste pratiche. Certo, l’economia pure ne guadagna ma a costo della vivibilità del luogo.

Il mediterraneo non è più sicuro e le conseguenze di questa condizione stanno lentamente affermandosi nella nostra bella penisola: peccato solo che il costo del lavoro in Italia sia leggermente diverso quanto la qualità dei servizi offerti.

La propensione al guadagno facile deve essere stata la chiave di volta per la penuria di regole la cui assenza nel tempo rischia di diventare un boomerang se è vero che aspettare un pullman per più di un’ora sotto il sole di agosto, rischiando per giunta di non trovare posto, è un prezzo troppo alto da pagare.

Così, il punto è che possiamo anche godercelo, questo benessere incoraggiato dal turismo, ma c’è bisogno anche di una manutenzione dello stesso se vogliamo diventi una risorsa rinnovabile, non semplicemente estrattiva.

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Antonio Mastrogiacomo vive e lavora tra Napoli e Reggio Calabria. Ha insegnato materie di indirizzo storico musicologico presso il Dipartimento di Nuovi Linguaggi e Tecnologie Musicali del Conservatorio Nicola Sala di Benevento e del Conservatorio Tito Schipa di Lecce. Ha pubblicato “Suonerie” (CD, 2017), “Glicine” (DVD, 2018) per Setola di Maiale. Giornalista pubblicista, dal 2017 è direttore della rivista scientifica (Area 11 - Anvur) «d.a.t. [divulgazioneaudiotestuale]»; ha curato Utopia dell’ascolto. Intorno alla musica di Walter Branchi (il Sileno, 2020), insieme a Daniela Tortora Componere Meridiano. A confronto con l'esperienza di Enrico Renna (il Sileno, 2023) ed è autore di Cantami o Curva (Armando Editore, 2021). È titolare della cattedra di Pedagogia e Didattica dell’Arte presso l’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria.

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