Sentieri Selvaggi ensamble, a Napoli.

immagine per Sentieri Selvaggi ensemble, ph. Laura Ferrari
Sentieri Selvaggi ensemble, ph. Laura Ferrari

Sentieri Selvaggi: Concerto tutto dedicato a musica inglese e americana all’Associazione Alessandro Scarlatti di Napoli, presso il Teatro Sannazaro.

A me piace andare ai concerti, lo ammetto. Vuoi l’atmosfera, vuoi il pubblico, vuoi la musica il concerto rappresenta un appuntamento mondano imperdibile, in grado di coniugare l’effimero dell’esecuzione con l’altrettanto effimero dell’ascolto. Ultimamente ho messo piede più volte in una sala concerti che in palestra. E questo la dice lunga sul mio stato di forma.

immagine per Sentieri Selvaggi ensemble, ph. Laura Ferrari
Sentieri Selvaggi ensemble, ph. Laura Ferrari

Ho una personale teoria riguardo i concerti che trova nella pratica religiosa una certa corrispondenza: il pubblico dei fedeli paganti si raduna puntuale in attesa dell’epifania dei suoni che sancisce l’appuntamento musicale.

Cambiano i celebranti perché il pubblico ne abbisogna sempre di diversi. Ognuno officia l’omelia in modo diverso, sempre in rapporto al proprio credo musicale ma i punti di contatto avvertibili in una prassi comune sembrano rappresentare dei cardini inamovibili delle abitudini concertistiche.

Quella che sempre ho disapprezzato vuole i musicisti muti dinanzi al pubblico, capaci al massimo di presentarsi come fosse importante, come se le note di sala non bastassero.

Eppure lo scorso 1 febbraio sono stato smentito: il celebrante di turno, al secolo il M° Carlo Boccadoro, ha finalmente tenuto il concerto impostandolo nella forma sermone, dando modo al pubblico di avere dei riferimenti per addentrarsi nella recente forma del verbo musicale.

Forte della sua esperienza radiofonica, del suo faccione simpatico, della sua agilità linguistica e soprattutto della voglia di mettersi in gioco, Boccadoro non si limita a considerare la musica come comunicazione ma comunica la musica prima della sua esecuzione così da avvicinare mittenti e destinatari nel messaggio, permettendo loro di ritrovarsi nell’attenzione da riporre nell’ascolto.

Così, il programma anglo-americano proposto dall’ensamble Sentieri selvaggi affronta le pieghe di una contemporaneità musicale fatta non necessariamente dei grandi nomi che trovano tanto spazio nella programmazione musicale odierna.

Fa capolino ogni tanto qualche veterano tipo Micheal Nyman, Elliott Carter addirittura Steve Reich, ma gran parte del concerto è destinata al fascino della scoperta di un reportorio poco frequentato.

Ecco, ti pone in un orizzonte altro che non quello che già conosci e la cosa è davvero importante oggi che gran parte del tempo viene spesa per riascoltare. Inoltre, l’ensamble che abbiamo di fronte spicca per talento, naturalezza, sorriso. Insomma, ci sono tutte le condizioni per apprezzare quello che sta accadendo davanti a noi perché ci sentiamo particolarmente coinvolti, quasi i veri destinatari dell’iniziativa.

Sentieri selvaggi nasce nel 1997 con la missione di divulgare il repertorio contemporaneo ad un pubblico il più eterogeneo possibile negli spazi più diversi: dalle gallerie di arte ai centri commerciali passando per gli spazi aperti.

Come a dire che ogni posto è una sala concerto: o meglio che dove c’è un pubblico lì c’è un concerto. Un mutamento quasi copernicano nel dettare le regole della fruizione musicale in grado finalmente di sturare le orecchie a tutti. Pensateci anche voi a questa cosa. Dico. Il fatto che ci sia una voce a guidarvi nell’ascolto sembra incentivare l’ascolto stesso, quasi a motivare la vostra presenza.

Ad esempio, Boccadoro mi fa scoprire cose tipo le macchine inutili di Bruno Munari o un modello di chitarra molto in voga lo scorso millennio col pezzo che chiude il concerto, Grazioso! Insomma, diffonde il verbo in maniera umile, incuriosendo senza porre barriere.

Addirittura concede indicazioni musicali ad un pubblico variegato per rendere il concerto un’occasione di approfondimento. E la cosa mi gusta non poco, dal momento che credo nell’istituzione di una prassi musicale altra a partire dal contatto col pubblico quale momento di verifica della propria professione.

Tutti i musicisti che compongono l’ensamble sono attivi come docenti, come solisti, come donne e uomini impegnati nella vita di tutti i giorni nel testimoniare la musica come forma di creatività ed espressione rivolta davvero a tutti. Ogni concerto è un’occasione nuova e diversa per fare amicizia con il pubblico e la cosa si avverte.

immagine per Sentieri Selvaggi Ensamble, ph. Giovanni Daniotti
Sentieri Selvaggi Ensamble, ph. Giovanni Daniotti

Ad esempio, quando Paola Fre intona col suo flauto traverso una composizione in solo dallo spiccato lirismo a tema petrarchesco è come se stesse regalando la sua intimità musicale ad un gruppo di amici che non vedeva da tempo, destinando un sorriso a tutti mentre andava a recupera rei meritati applausi.

E poi c’è il violoncello dal suono ipertimbrato di Aya Shimura e il clarinetto (anche basso) del presidente dell’associazione Mirco Ghirardini, l’immancabile pianoforte di Andrea Rabaudengo e l’altrettanto necessario violino di Piercarlo Sacco; chiude l’addetto alle percussioni Andrea Dulbecco che ha un gran bel da fare nel controllare tutto il materiale disseminato sul palco.

Sentieri selvaggi dà l’impressione di essere un bel gruppo di amici che condivide con sincerità la sua passione, portando responsabilmente avanti la sua missione di divulgazione della musica contemporanea al grande pubblico che potrebbe anche essere poco ma sempre pubblico rimane.

Tutto questo è stato possibile grazie all’impegno dell’associazione Alessandro Scarlatti che definisce i rapporti tra musica e pubblico nella città di Napoli in maniera realmente infaticabile, cercando di coniugare la multifonia degli ascolti in accordo ad un pubblico in grado di crescere rapportandosi ad esecutori e repertori tanto diversi eppure coniugati dall’estrema qualità messa in campo.

Nello scenario del Teatro Sannazzaro ormai ho trovato la cornice adatta ai miei ascolti dal vivo del giovedì sera, tanto unici da offrire un pretesto da raccontare cosa accade di bello ogni volta.

+ ARTICOLI

Antonio Mastrogiacomo vive e lavora tra Napoli e Reggio Calabria. Ha insegnato materie di indirizzo storico musicologico presso il Dipartimento di Nuovi Linguaggi e Tecnologie Musicali del Conservatorio Nicola Sala di Benevento e del Conservatorio Tito Schipa di Lecce. Ha pubblicato “Suonerie” (CD, 2017), “Glicine” (DVD, 2018) per Setola di Maiale. Giornalista pubblicista, dal 2017 è direttore della rivista scientifica (Area 11 - Anvur) «d.a.t. [divulgazioneaudiotestuale]»; ha curato Utopia dell’ascolto. Intorno alla musica di Walter Branchi (il Sileno, 2020), insieme a Daniela Tortora Componere Meridiano. A confronto con l'esperienza di Enrico Renna (il Sileno, 2023) ed è autore di Cantami o Curva (Armando Editore, 2021). È titolare della cattedra di Pedagogia e Didattica dell’Arte presso l’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria.

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e statistici. Cliccando su "Accetta" autorizzi tutti i cookie. Cliccando su "Rifiuta" o sulla X rifiuterai tutti i cookie eccetto quelli necessari per il corretto funzionamento del sito. Cliccando su "Personalizza" è possibile selezionare quali cookie attivare.