Pionieri # 10. Storia di Jeannette Piccard che conquista la stratosfera con suo marito e una tartaruga

L’uscita di questo articolo avviene ad un anno esatto di distanza dal lancio dalla stratosfera da circa 39 km di altezza di Felix Baumgartner il 14 ottobre del 2012. Artapartofculture of culture si era interessata con molto anticipo su quella data pubblicando già nel maggio del 2012 un articolo sul colonnello John Kittinger che è stato il primo uomo a lanciarsi dalla stratosfera addirittura nell’agosto del 1960 da un’altezza approssimativa di 32 km e che, con la sua incredibile esperienza, ha contribuito efficacemente all’ultimo lancio del base jumper austriaco. Adesso un’altra data si avvicina: il 23 ottobre ci celebrano i 79 anni dal primo volo di una donna nella stratosfera a bordo di una cabina pressurizzata ancorata ad un pallone. La protagonista del volo spinto oltre i limiti stavolta ha un cognome molto familiare alle imprese pionieristiche del ‘900: Jeannette Piccard.

In realtà Jeannette nacque dalla famiglia Ridlon e sposò poi il ben più noto chimico, ingegnere, professore e aeronauta di alta quota Jean Felix Piccard.

La nostra storia ha dunque a inizio il 5 gennaio 1895 a Chicago. Jeannette nacque in una famiglia di otto figli ed era gemella; la madre era Emily Ridlon e il padre John Ridlon, noto chirurgo ortopedico e presidente della Orthopaedic Association of America.

Sin da piccola manifestò vivace interesse sia per le materie scientifiche sia per la religione tant’è che si narra di una madre in lacrime in fuga dalla sua stanza quando, alla domanda di cosa volesse fare da grande, l’appena 11enne le rispose candidamente: “il sacerdote”.

La Piccard ebbe un percorso di studi completo spaziando dalle materie umanistiche fino a quelle scientifiche. Infatti, dopo aver studiato filosofia e psicologia al Bryn Mawr College , dove nel 1916 scrisse un un saggio dal titolo Le donne dovrebbero essere ammesse al sacerdozio della Chiesa anglicana?, conseguì la laurea nel 1918, e completò i suoi studi laureandosi anche in chimica organica presso l’Università di Chicago , nel 1919. Nello stesso anno conobbe e sposò Jean Felix Piccard, che insegnava nella stessa università. Singolare il fatto che anch’egli avesse un fratello gemello, Auguste Piccard.

Jeannette e Jean Felix, dopo il loro matrimonio, si trasferirono in Svizzera nel 1919 ad insegnare presso l’Università di Losanna per sette anni. Fecero ritorno negli Stati Uniti nel 1926, quando Jean Felix accettò il posto di direttore della ricerca presso il Massachusetts Institute of Technology. Così Jeannette decise di diventare partner scientifica del marito collaborando alle sue imprese per tutto il resto della loro matrimonio durato 44 anni. Jean Felix Piccard divenne noto, nel frattempo, con il fratello Auguste, per i primi voli ad alta quota con palloni lanciati nella stratosfera in cabine pressurizzate per studiare gli strati ionizzati, i raggi cosmici e la radioattività nell’atmosfera. Già nel 1925 progettò e realizzò un pallone con cabina stagna in grado di raggiungere per la prima volta quote stratosferiche.

Dopo varie ascensioni sempre con il  gemello Auguste, nel 1932 Jean Felix Piccard salì ad oltre 16.000 metri. Due anni più tardi naturalizzato americano, superò questa toccando in aerostato i 17.500 metri.

Nel frattempo Jeannette imparò dall’esperienza del marito come pilotare un pallone per le alte quote e ottenne la licenza di pilota nel mese di luglio 1934. Jeannette Piccard è stata una delle prime donne aeronaute del mondo e decise anche di essere la prima donna a compiere un volo nella stratosfera.

Ricordiamo che nello stesso anno in cui la Piccard conseguì il brevetto di pilota, un’altra grande pioniera del volo, Amelia Earhart, dopo aver infranto vari record femminili nel volo, tentò con insuccesso la trasvolata del mondo seguendo la rotta equatoriale, la più lunga. Ma prima che i Piccard potessero imbarcarsi per la loro leggendaria impresa, avevano bisogno di trovare consistenti finanziamenti. Accadde che nel 1933 la Century of Progress produsse il pallone a idrogeno più grande al mondo, concepito in occasione della Century of Progress International Exposition, fiera mondiale tenutasi a Chicago per celebrare il centenario della città. Gli organizzatori della kermesse avevano in programma un volo in aerostato nella stratosfera e speravano di attirare Auguste come pilota, certi che il nome Piccard avesse un elevato valore e, quindi, un buon riscontro pubblicitario. La Dow Chemical costruì la cabina-gondola in lega di magnesio. La Goodyear-Zeppelin costruì il pallone di gomma e tela. La Union Carbide fornì l’idrogeno per il sollevamento e l’ossigeno liquido per pressurizzare l’interno della cabina-gondola. Infine, il “Broadcasting Company National” e il “Chicago Daily News” furono gli sponsor e i due quotidiani che avrebbero pubblicizzato l’evento. Stranamente, però, da questa operazione furono tenuti fuori proprio i coniugi Piccard e osteggiati per i più svariati motivi.

I due, allora, cercarono autonomamente di trovare finanziamenti dalla DuPont, ma ricevettero un diniego: fu detto loro che le condizioni per il decollo del pallone a Chicago potevano essere pericolose. Cercarono così di scavalcare gli organizzatori contattando il presidente della fiera (che era un amico del padre di Jeannette) certi che l’impresa desiderata fosse sicura e alla loro portata, ma il presidente si rifiutò persino di riceverli. Cosa stava succedendo? Perché questi veti? Anche la Goodyear-Zeppelin e la Dow Chemical, con le quali Jean Piccard aveva lavorato sul primo volo della Century Progress, erano riluttanti a sostenere il loro progetto; anche La National Geographic Society si rifiutò di finanziare un’iniziativa rischiosa che avrebbe avuto come protagonista “una madre di tre figli”: forse era questo uno dei motivi di tanto ostruzionismo?

Il reperimento fondi divenne così, per la coppia, la fatica e l’impegno più grandi. Nel frattempo i coniugi collaborarono ad un altro progetto con l’esercito degli Stati Uniti che si concluse con un fallimento: il 27 luglio 1934 il capitano Albert William Stevens tentò l’impresa a bordo dell’Explorer I con altri due ufficiali dell’esercito, il maggiore William Kepner e il capitano Orvil Arson Anderson; salirono a bordo su di un pallone appositamente costruito con una cabina-gondola chiamato Explorer I nel Nebraska nord-occidentale, nel tentativo di battere il record di altitudine per il volo umano. Tuttavia, durante l’ascensione, per un’anomalia del grande pallone, la gondola iniziò a perdere quota e a precipitare a terra. Fortunatamente, tutti e tre i componenti dell’equipaggio riuscirono a mettersi in salvo saltando fuori con il paracadute prima che la gondola si schiantasse in un campo nei pressi di una fattoria. Piccola parentesi: si deve proprio al capitano Stevens la prima fotografia del 1930 della Terra dove è visibile la curvatura dell’orizzonte e anche la prima fotografia dell’ombra della Luna che si proiettata sulla Terra durante una eclissi solare nel mese di agosto del 1932.

Pochi mesi dopo il lancio dell’Explorer I, i Piccard riuscirono finalmente a trovare le risorse economiche necessarie per tentare per il loro piano avventuroso. Era l’alba del 23 ottobre 1934 e dall’aeroporto Ford a Dearborn nel Michigan l’equipaggio composto da Jeannette, suo marito Jean Felix e dalla piccola tartaruga di famiglia Fleur de Lys iniziò l’ascesa verso lo strato dell’atmosfera dove l’ossigeno si fa sempre più rarefatto: c’erano, a guardarli, con il fiato sospeso, quasi 45.000 spettatori e due dei tre loro figli, Don e Paul. Per il gonfiaggio del grande pallone erano stati impiegati 750 serbatoi di idrogeno fino a saturare la capacità del pallone, che era di 600.000 metri cubi che portava l’involucro fino a 175 metri di altezza. Il volo non presentò particolari problemi a parte all’inizio, quando il pallone fu investito da un forte vento che destabilizzò per alcuni istanti l’assetto della navicella, tenendo tutti con il fiato sospeso… Poi iniziò salire con una velocità costante di circa 30Km/h fino alla quota di 3000 metri dove fu chiuso il portellone della sfera pressurizzata di sette metri di diametro.

I coniugi se ne stavano rannicchiati con la piccola tartaruga al centro dell’abitacolo, circondati da vari strumentazioni per rilievi scientifici e da ben 168 contatori Geiger, collocati in tutta la gondola per catturare i raggi provenienti da ogni direzione. Una telecamera ad infrarossi, appositamente pensata da loro, garantiva una ripresa anche attraverso le nubi: un’altra geniale idea pionieristica della coppia.

A circa 12.000 metri i detonatori fecero saltare quasi del tutto la zavorra per percorrere gli ultimi 5000 metri di ascesa, con una temperatura che continuava a scendere intorno ai -70 °.

Il contatto con la Terra era affidato da diversi trasmettitori radio che emettevano segnali lunghezza d’onda di cinque metri e 56 chilocicli. Jeannette Piccard pilotò la gondola spingendola fino ad un’altitudine di 57.579 piedi (17.550 metri): divenne così, a tutti gli effetti, la prima donna a volare nella stratosfera.

Trascorso mezzoggiorno la navicella atterrò con successo nei pressi di Cadiz in Ohio e poco dopo dal portello uscì una raggiante Jeannette.

Come prima donna a compiere un’impresa del genere, Jeannette  divenne subito famosa. Ma anche dopo quella mirabolante avventura nel cielo, a quei tempi molti ancora ritenevano che “una madre” non dovesse partecipare ad azioni tanto rischiose: ma questi critici conservatori dimenticavano che lei era sì una madre, e di ormai quasi 40 anni, ma era anche un pilota e una scienziata. Jennette era e poteva essere tutto… Quando le fu chiesto se avesse avuto paura, lei rispose:

“Anche se si ha paura di morire, è così tanto interessante un viaggio nella stratosfera che non se ne ha il tempo, di avere paura…”.

Le fu anche chiesto più volte, specialmente dalla Stampa, se volesse ripetere l’avventura e farla di nuovo; lei rispose così:

“Oh, datemi solo una possibilità…”.

Purtroppo per lei non avrebbe mai più avuto l’opportunità di ripetere un volo a quell’altitudine. Ma proseguì nei suoi studi. Pochi anni dopo, nel 1942, conseguì anche un dottorato di ricerca in Educazione presso l’Università del Minnesota  e circa 20 ani dopo la morte del marito Jean Felix, avvenuta nel 1963, Jeannette divenne, nel periodo d’oro dell’astronautica moderna, consulente del Direttore del Centro di veicoli spaziali con equipaggio della NASA (ora Johnson Space Center) di Houston dal 1964 al 1970. Nel 1976 fu anche ordinata come primo sacerdote donna nella storia della Chiesa Episcopale.

Per circa 30 anni fu considerata la “prima donna nello Spazio”, inteso come “spazio fisiologico” che all’epoca era considerato iniziare tra circa i 45.000 – 50.000 piedi: un’altezza, cioè, che allora era enorme ma oggi è raggiunta e oltrepassata da caccia militari, per esempio.

Il record femminile restò a lungo della Picard; fu superato e polverizzato della cosmonauta russa Valentina Tereshkova “Čajka”, cioè “gabbiano”, il 16 giugno del 1963, che bordo della navicella Vostok 6 diventa la prima donna ad orbitare intorno alla Terra.

Anni dopo, durante la conferenza del 1975 della Federazione Aeronautica Internazionale di Città del Messico, uno dei figli della Piccard, Don, divenuto nel frattempo anch’egli pilota di aerostati di alta quota, incontrò questa che fu anche la prima cosmonauta donna al mondo. Le si avvicinò e le disse:

“Compagna Tereshkova, quando ho detto a mia madre che forse qui vi avrei incontrato mi ha chiesto portarle i suoi saluti.”

La Tereshkova gli rispose brevemente:

“Molte grazie.”

Al che Don Piccard replicò:

“Forse lei non sai chi è mia madre. Mia madre è Jeannette Piccard, che ha pilotato una navicella a 57.000 metri nel 1934, cioè di oltre due chilometri nello spazio fisiologico. Voleva congratularsi con lei per il suo risultato meraviglioso, e voleva darvi il benvenuto nello spazio da parte di tutte le donne d’America. “

Tereshkova, annuendo, gli rispose con tono di ammirazione:

“So benissimo chi è sua madre. Sono molto grata per i suoi auguri e vi prego di porgerle i miei, con tutto il mio affetto.”

La Piccard si spense qualche anno dopo, nel 1981 all’età di 86 anni continuando fino alla fine a servire la messa come sacerdote a Saint Paul, nel Minnesota. Uno dei suoi nipoti, la reverenda Kathryn Piccard, anch’essa un sacerdote episcopale, disse di lei:

“Voleva affermare l’idea di ciò che una signora rispettabile potrebbe fare nella vita. Lei dava l’idea di una vecchia signora scaltra e smaliziata.”

Come ultimo riconoscimento postumo, dal 1998 potete leggere nella Hall of Fame della NASA il suo nome nel firmamento di tutte quelle persone che hanno contribuito, con il loro studio, la loro passione ed esperienza, a volte anche a costo della propria vita, a rendere quel cielo che ci avvolge e quello Spazio che ci affascina e che nello stesso tempo ci spaventa, più vicino a noi, abitanti di questo pianeta, che è poco più che una molecola in un oceano di infinito.

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Paolo Di Pasquale si forma studiando prima Architettura poi Disegno Industriale a Roma, specializzandosi in Lighting design. Nel 2004 è co-fondatore dello STUDIOILLUMINA, dove si occupa principalmente di Architectural Lighting Design e Luce per la Comunicazione: lo Studio progetta e realizza allestimenti espositivi e museali, ideazione della luce, corpi illuminanti, scenografia notturna - nel settore della riqualificazione urbana e in progettazione di arredi (porti turistici, parchi, giardini, piazze etc.)-, piani della luce per alcuni Comuni italiani e spettacoli di luce. Nel 2007 fonda lo Studio BLACKSHEEP per la progettazione di architettura di interni e di supporto alla pianificazione di eventi, meeting e fiere. E' interessato alla divulgazione della cultura della luce e del progetto attraverso corsi, workshop, convegni e articoli. Ha insegnato allo IED e in strutture istituzionali. E’ docente di Illuminotecnica presso l’Istituto Quasar - Design University Roma di nel corso di Habitat Design e in quello di Architettura dei Giardini. E' Redattore di art a part of cult(ure) per cui segue la sezione Architettura, Design e Grafica con incursioni nell'Arte contemporanea. Dal 2011 aderisce a FEED Trasforma Roma, collettivo di architetti romani che si interroga sul valore contemporaneo dello spazio pubblico esistente, suggerendone una nuova lettura e uso con incursioni e azioni dimostrative sul territorio metropolitano.

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