Letteratura Inaspettata #41. Malinverno. Il paese con il virus della lettura raccontato da Domenico Dara

“Mi sembrò per un attimo che ogni cosa nel mondo, anche i pensieri, anche i sentimenti, anche i morti, avessero la loro giusta collocazione nell’universo. Anche io, Astolfo Malinverno, l’unico bibliotecario guardiano di cimitero che l’umanità abbia mai avuto.”

Malinverno, il nuovo romanzo di Domenico Dara edito da Feltrinelli, è un omaggio ai libri e alla potenza che essi esercitano su noi, anche come sommo antidoto alle malinconie e ai dolori dell’esistenza.

La storia ha luogo in un paese della Calabria, regione di cui è originario l’autore, dal nome immaginato, Timpanara, “il paese di carta”, dove ha sede un’antica cartiera: gli scritti di tutto il mondo arrivati in paese e destinati al macero assumono spesso una nuova vita e, anziché andare a morire, diventano parte della biblioteca comunale.

Gli operai della cartiera cominciano ogni tanto a prelevare qualche frammento di carta, un articolo sportivo, una rivista, uno stralcio di un romanzo, e a leggerlo, o farselo leggere se analfabeti. La sera, con la stanchezza addosso, si mettono a leggere e a far leggere tutta la famiglia, divenendo in un paese di operai, “untori di cultura”.

Le storie più grandi e famose di tutti i tempi fanno talmente parte della vita del paese da determinare i nomi dei suoi abitanti così, a Timpanara, non è strano imbattersi in Victorùgo, Marselprù, Volfango, Faustino, Verter, Marcaurelio, Fiammetta, Ortìs, i fratelli Gargantuà e Pantagruèl. E poi c’è Astolfo Malinverno, il protagonista di una storia surreale e triste, l’ultimo degli ultimi, “custode di libri, guardiano del cimitero, protettore dei vinti”.

È il bibliotecario zoppo del paese dal destino già scritto, nomen omen, che diventa appunto guardiano del cimitero di Timpanara e come un moderno Quasimodo, che sopravvive tra la fredda e calda pietra di Notre-Dame, così Malinverno arranca tra le gelide lapidi del cimitero e tra queste una in particolare cattura la sua attenzione e i suoi sentimenti: è una lapide spoglia, senza nome e senza date, solo la fotografia di una donna, un volto pallido, quasi etereo, lo sguardo candido. Eccola la sua Emma, la sua Madame Bovary, colei che lo imbriglierà in un mistero a cui venire a capo, una storia che nemmeno la sua fervida fantasia avrebbe mai potuto immaginare.

“I miei battiti sembravano sincronizzati ai suoi passi lenti, un passo e un battito, un avvicinamento e un respiro più trattenuto. Fu a un metro e mezzo circa, centoquarantasei centimetri, che si voltò. Mi si fermò il respiro. Emma.”

Attorno ad Astolfo si muovono i lettori della biblioteca, gli abitanti di Timpanara e i visitatori del cimitero, con le loro vite comiche, tenere, struggenti in un labirinto antropologico oltre che letterario.

Un romanzo poetico e affascinante che, intrecciando fantasia e memoria letteraria, mistero e romanticismo, accende i riflettori sul potere delle storie, dell’immaginazione e dell’amore. La penna di Domenico Dara, caratterizzata da una straordinaria fluidità della scrittura e una grande ricchezza stilistica, rende la narrazione particolarmente emozionante e coinvolgente per il lettore che ne rimane ammaliato e rapito.

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Si laurea in Scienze della Comunicazione con indirizzo impresa e marketing nel novembre del 1998 presso l'Università La Sapienza di Roma; matura circa dodici anni di esperienza presso agenzie internazionali di advertising del Gruppo WPP - Young&Rubicam, Bates Italia, J.Walter Thompson - nel ruolo di Account dove gestisce campagne pubblicitarie per conto di clienti tra cui Pfizer, Johnson&Johnson, Europcar, Alitalia, Rai, Amnesty International e Ail. Dal 2010 è dipendente di Roma Capitale e attualmente presta servizio presso l'Ufficio di di Presidenza del Municipio Roma XIV dove si occupa di comunicazione istituzionale, attività redazionale sui canali social del Municipio e piani di comunicazione. Ama viaggiare e leggere.

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