La parola al Teatro #30. Deriva traversa di Teodora Castellucci. L’immersione silenziosa nei paesaggi dell’anima

Nei giorni scorsi il palcoscenico virtuale di Interplay Diffuso ha ospitato Teodora Castellucci con lo spettacolo Deriva traversa.
Il critico Simone Pacini ha introdotto la serata dialogando con l’artista della compagnia Dewewi Dell prima della presentazione di un estratto dello spettacolo.

La performance è un magnetico assolo open air che incarna la solitudine del pastore, un’immersione silenziosa dentro un paesaggio fisico e dell’anima in cui i pastori cantano imitando il vento o il belato della pecora o della mucca e, attraverso la poesia cantata, trasmettono una storia passata, tramandando la cultura in modo orale, generazione dopo generazione.

immagine per Teodora Castellucci
È un corpo carico di storie da rivelare e da trasmettere, un’invisibile presenza da suscitare. La performer scorre gradualmente lungo un tappeto, in un contorsionismo e una tensione densamente poetica di tutte le arti del corpo, cambia posture da umano ad animale. E viceversa. È corpo liquido nello strisciare, è sasso nel rannicchiarsi, è pianta nel protendersi in alto. Infine blocco fetale.

Al termine della performance si è stabilito un vivace dibattito tra il curatore, il pubblico e l’artista Teodora Castellucci che ha offerto spunti di riflessione e approfondito alcuni temi tra i quali la scelta del linguaggio che crea un legame tra musica e corpo; una ricerca basata sul punto di contatto minimo tra suono e movimento che si manifesta con la conclusione che il musicista danza il suono che produce, una sorgente comune e un organismo unico che ha origine nella civiltà greca così come ancora oggi in alcune società africane dove la parola musica significa danza.

Il dibattito è proseguito con la richiesta all’artista delle motivazioni a puntare, a fronte di un sostrato così arcaico, a un’estetica futurista, almeno nel costume e nelle pose. La scelta, secondo la visione dell’artista, è stata guidata da una fonte di ispirazione che è un’artista visiva belga che realizza delle sculture in cera, dei corpi accartocciati su se stessi, concepiti come diversi stati fisici con la funzione umana, animale ma anche di paesaggio, una sorta di disegno dell’orizzonte che i cantanti hanno usato come pentagramma.

La modalità con cui si è svolto il lavoro di partitura di corpo e musica stimola la curiosità del pubblico rispetto alla genesi del processo creativo che ha origine dalla visita dell’artista a un acquario dove, osservando il movimento lento e calibrato di un polipo, è illuminata nel catturare quell’idea di movimento che, differentemente dal suo definito energetico e pulsante, richiede paradossalmente uno sforzo muscolare maggiore che è compensato da un senso di leggerezza assimilabile a un tessuto come il cotone e che sarà caratterizzante dell’intera performance.

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Si laurea in Scienze della Comunicazione con indirizzo impresa e marketing nel novembre del 1998 presso l'Università La Sapienza di Roma; matura circa dodici anni di esperienza presso agenzie internazionali di advertising del Gruppo WPP - Young&Rubicam, Bates Italia, J.Walter Thompson - nel ruolo di Account dove gestisce campagne pubblicitarie per conto di clienti tra cui Pfizer, Johnson&Johnson, Europcar, Alitalia, Rai, Amnesty International e Ail. Dal 2010 è dipendente di Roma Capitale e attualmente presta servizio presso l'Ufficio di di Presidenza del Municipio Roma XIV dove si occupa di comunicazione istituzionale, attività redazionale sui canali social del Municipio e piani di comunicazione. Ama viaggiare e leggere.

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