Lacci. L’amore secondo Domenico Starnone

immagine per Domenico Starnone. Lacci

“Avevo insegnato a Sandro ad allacciarsi le scarpe? Non me lo ricordavo. E a quel punto, senza una ragione immediata, non mi meravigliai più che mi fossero estranei, il senso di estraneità era implicito nel nostro rapporto originario. Finché ero vissuto con loro ero stato un padre distratto che per riconoscerli non sentiva il bisogno di conoscerli. Ora che per fare buona figura volevo assorbire tutto di loro, li guardavo con un’attenzione eccessiva – come degli estranei appunto – divorando dettagli per la smania di saperne tutto in pochi minuti”.

Lacci, scritto da Domenico Starnone, pubblicato nel 2014 da Einaudi, vincitore del Bridge Prize for Best Novel 2015, e da cui Daniele Luchetti ha tratto l’omonimo film presentato all’ultima edizione del Festival del Cinema di Venezia, è un inno al dolore che percorre le stagioni della vita di ciascun protagonista del libro.

Un racconto spietato del rumore profondo che fa un matrimonio quando si spezza, e della ferita che porta con sé anche quando si è deciso, con sofferenza, di ricominciare, di tornare ognuno al proprio posto: a casa, con i figli, con una moglie consumata dal dolore e dalla rabbia.

Aldo e Vanda sono una coppia della Napoli degli anni Ottanta che, dopo la confessione del tradimento di lui, crolla: Vanda cerca in tutti i modi di tenere in piedi il legame, tutelando anche i figli e andando persino contro la propria dignità; Aldo si dimostra, invece, impassibile, cinico, fermo nella sua decisione non solo di amare un’altra donna ma di farlo slegandosi totalmente dai suoi doveri di padre e marito.

Lo scrittore apre il libro presentando la voce e i ricordi di Vanda che racconta l’inizio del tradimento, composto da dettagli che a lei non sfuggono ma che fatica a credere che siano reali:

“All’epoca mi sono detta che non facevi niente di male: la ragazza era bella, agli occhi non si può comandare, presto o tardi uno sguardo scappa. Ma ho sofferto molto, specialmente quando hai cominciato a offrirti di lavare i patti, cosa che non succedeva mai. Scattavi verso i lavandini appena lei si avviava e tornavi quando lei tornava. Credi che io sia cieca, che sia insensibile, che non me ne sarei accorta? Mi dicevo: calma, non significa niente. Perché mi pareva inconcepibile che potesse piacere un’altra, ero convinta che se ti ero piaciuta una volta ti sarei piaciuta sempre. Credevo che i sentimenti veri non cambiassero, specialmente quando si è sposati. Può succedere, mi dicevo, ma solo alle persone superficiali, e lui non lo è”.

Starnone in Lacci utilizza la lingua italiana in tutta la sua gamma espressiva e dunque lo stile narrativo utilizzato passa dall’epistola al dialogo serrato e al monologo mentre il lessico si esplica attraverso la varietà puntuale dell’aggettivazione.

La struttura della sintassi, modulata sui personaggi, offre una paratassi scarna e limpida per la schietta praticità di Vanda, mentre un susseguirsi di subordinate riflette indecisioni e contorsioni nel pensiero di Aldo.

Starnone non scade in falsi formalismi e offre una chiave di lettura del romanzo familiare di una famiglia che non lascia spazio a compiacimento e perdono. Un libro sulla natura dei legami, su quelli che non si spezzano e su quelli che una volta spezzati sembra arduo riallacciare. Questo è anche un libro sull’odio e sull’amore, un racconto sul tempo, sul passato, sul futuro e sul presente, una storia sulla convivenza con se stessi e con gli altri, sul peccato e la redenzione, sull’essere padri, madri e figli.

Un romanzo a più voci, a più punti di vista, a più prospettive che suggerisce forse che, solo avendo la costanza di vivere si scopre da dove si proviene e come questo ci condiziona. Un romanzo sull’eredità familiare dei nostri comportamenti, sui fantasmi che ci abitano, sulle scelte facciamo e che determinano la nostra vita.

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Si laurea in Scienze della Comunicazione con indirizzo impresa e marketing nel novembre del 1998 presso l'Università La Sapienza di Roma; matura circa dodici anni di esperienza presso agenzie internazionali di advertising del Gruppo WPP - Young&Rubicam, Bates Italia, J.Walter Thompson - nel ruolo di Account dove gestisce campagne pubblicitarie per conto di clienti tra cui Pfizer, Johnson&Johnson, Europcar, Alitalia, Rai, Amnesty International e Ail. Dal 2010 è dipendente di Roma Capitale e attualmente presta servizio presso l'Ufficio di di Presidenza del Municipio Roma XIV dove si occupa di comunicazione istituzionale, attività redazionale sui canali social del Municipio e piani di comunicazione. Ama viaggiare e leggere.

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