Eyewitnesses of Conflict: Goya, Beuys, Dumas al Van Abbemuseum di Eindhoven

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Marlene Dumas, Genetiese Heimwee, 1984, olieverf op doek, 130,4 x 110,6 x 2,5 cm, collectie Van Abbemuseum, Eindhoven. Foto: Peter Cox.

L’artista vive seguendo dei suoi ideali, attraverso l’ispirazione e la creatività, lontano dai drammi e dalle tensioni del mondo circostante e della società. In realtà, non è così. Il rapporto tra Arte e Guerra è sempre stato costante, un esempio sono le innumerevoli immagini di forte impatto visivo ed emotivo. I conflitti sociali o armati sono diventati un potente stimolo per gli artisti che hanno interpretato e rielaborato gli eventi della vita quotidiana. Se da un lato, una corrente culturale come il Futurismo glorificava la guerra definendola la «sola igiene del mondo», esaltando il militarismo e il patriottismo, dall’altro, artisti ed intellettuali ne denunciavano l’orrore.

Una interessante mostra su questo tema, dal titolo Eyewitnesses of Conflict: Goya, Beuys, Dumas, è allestita nelle sale del Van Abbemuseum di Eindhoven, nei Paesi Bassi, fino al 6 ottobre 2019.

In esposizione un ingente materiale di riflessione sui conflitti dei secoli scorsi fino ad oggi. Sono circa 70 opere e si va dalle stampe audaci del XVIII secolo del pittore e incisore britannico William Hogarth (1697-1764), a quelle dell’artista spagnolo Francisco José de Goya y Lucientes (1746-1828), insieme ai pezzi della collezione del Van Abbemuseum: Constant, Joseph Beuys, Marlene Dumas e Anna Boghiguian.

Ad accogliere i visitatori di questa Testimoni oculari del conflitto sono tre lavori che affrontano il rapporto fra la comunicazione a mezzo stampa e il terrorismo.

Michal Helman (1954), artista israeliana, accosta due immagini molto simili: da un lato, una donna col bambino, Madonna del Granduca di Raffaello Sanzio,emblema della iconografia classica, dall’altro, due soggetti della cronaca attualedai tratti mediorientali. Un sottile fil rouge lega le due opere, entrambe caratterizzate dalla stessa impostazione figurativa, ma con esiti interpretativi differenti. Nella prima rappresentazione emerge una composizione armoniosa, serena ed elegante; nell’altra, invece, madre e figlio sono profughi provati dalla sofferenza, dalla paura e dal futuro incerto.

Di connotazione completamente diversa, è Our Times Moralized, un quadro di Stjin Peeters (1957), artista visivo olandese, in cuisi riflette sui conflitti nel tempo. La prima sezione di questa raccolta si chiude con l’artista Erwin Tomasse (1972), che ricorda l’approccio dei mass-media su Eindhoven durante la guerra, partendo dalle date di nascita dei suoi genitori.

La sala successiva ospita le stampe di Francisco Goya, molto diverse da quelle di William Hogarth, dal taglio ironico sugli eventi sociali e politici,un modo insolitamente liberale per il suo tempo.

L’artista spagnolo si allontanò dalla tradizione di mostrare il lato eroico delle battaglie e rappresentò gli orrori di quel periodo, sfruttando le possibilità delle tecniche di incisione. Entrambi gli artisti hanno attinto ai temi della società, del nazionalismo, della guerra, della povertà, dei senzatetto, degli abusi, della corruzione, dell’alcolismo, del razzismo e della disuguaglianza.

Nel 1824 Goya lasciò la Spagna perl’esilio. Di notevole impatto sono le sue quattro serieLos Caprichos (theCaprices, o Follies), Los Desastres de la Guerra (the Disasters of War), Tauromaquia (Art of Bullfighting) e Los Disparatos (the Follies), che raccontano le turbolenze politiche, sociali e morali del paese iberico prima della sua partenza.

La sua prima serie di stampe, Los Caprichos (le Follies) del 1799, aveva come obiettivo il compito di documentare “le innumerevoli debolezze e follie che si possono trovare in qualsiasi società civile, e dai pregiudizi comuni e dalle pratiche ingannevoli che usanza, ignoranza o egoismo hanno perpetrato … e che, allo stesso tempo, stimola l’immaginazione dell’artista”.

Le ottanta opere in esposizione sono una critica bruciante dell’immoralità, della repressione e dell’irrazionalità della società spagnola verso la fine del XVIII secolo.

Esse furono rapidamente censurate, nonostante i loro titoli ambigui, non furono ampiamente diffuse fino alla morte di Goya. Ogni immagine è accompagnata da enigmatiche didascalie, una pratica che gli è stata suggerita dai testi delle stampe di Hogarth.

Nel 1808 Napoleone Bonaparte invase la Spagna con l’intenzione di affidare il trono a suo fratello Giuseppe. Il popolo spagnolo resistette ferocemente alle forze francesi e all’occupazione che durò cinque anni,periodo contrassegnato da atti di eroismo e violenza spaventosa. Le stampe Los Desastres de la Guerra sono formate da ottantadue incisioni che raffigurano la brutalità perpetrata e sofferta sia dalla Spagna che dalla Francia.

Dalle incisioni di Goya a quelle di Hogarth. L’artista inglese e i suoi contemporanei erano affascinati dai crimini e dalle punizioni, c’era una forte richiesta di riprodurre le impronte degli autori dei delitti e delle loro esecuzioni.

Attento alle opportunità commerciali, realizzò diverse stampe economiche di detenuti famosi, ripresi prima di affrontare i processi. Sono incisioni non raffinate che tuttavia abilmente manifestano arroganza e forza d’animo. Un esempio è l’atteggiamento provocatorio dell’omicida Sarah Malcom e l’espressione astuta di Lord Lovat che non trasmettono né penitenza e né paura per la loro imminente esecuzione.

La serie The Four Times of the Day racconta della stratificazione sociale, religiosa e morale di Londra attraverso un viaggio che dura un solo giorno. Si inizia con la mattinata al mercato di Covent Garden, dove una donna ricca e pia ignora i mendicanti rannicchiati attorno a un fuoco mentre entra nella chiesa di St Paul e, successivamente, in quella protestante francese di Soho a mezzogiorno.

Il racconto prosegue nel centro termale Sadler’s Wells, frequentato dalla classe media. Si giunge alla sera nelle taverne di St Freemason Martin’s Lane, dove una carrozza è stata ribaltata da un falò sulla strada.

Chiude questa sezione TheBathos. Qui, la figura del Tempo è accasciata a terra e pronuncia una parola, “Finis” (la fine). Il protagonista ècircondato da vari oggetti rotti, tra cui una tavolozza di un pittore.

All’artista tedesco Joseph Beuys (1921-1986) è dedicata una intera sala. Si assiste ad una ricostruzione della sua camera da letto da ragazzo, dove sono inclusi sia elementi reali che immaginari.

Si respira una atmosfera tesa che rievoca quella della Germania nazista. Gli strumenti del lavoro si mescolano agli oggetti di uso quotidiano, con segni di violenza e rituali misteriosi, sembrano contenere la minaccia di qualcosa che non è ancora del tutto tangibile.

Nelle sale successive le immagini dell’artista olandese Constant Nieuwenhuys (1920-2005) provengono dalla sua esperienza vissuta durante la guerra, mentre le incisioni del pittore Asger Jorn (1914-1973) furono realizzate in Danimarca dal 1939 al 1945. Gulsun Karamustafa (1946),invece,interpreta nei suoi lavori quattro conflitti politici: dalla Comune di Parigi alla dittatura turca degli anni ’80, durante la quale l’artista stessa era in prigione.

Per comprendere le opere di Erzen Shkololli (1976), bisogna partire dal titolo,Occupations, un gioco di parole sullo stato della guerra e sul tenersi occupato. Si riferisce ai lavori che ha realizzato durante l’invasione del Kosovo. Osservando un lungo striscione, le figure rosse attirano l’attenzione del visitatore. La maggior parte dei personaggi disegnati hanno le mani verso l’alto e sono intervallate da bare, case e fiori, tutti con colori forti su uno sfondo nero. Queste opere sono simili ai dipinti di Henri Matisse o al movimento artistico COBRA, attivi nell’immediato dopoguerra negli anni Cinquanta. Sembrano forme bidimensionali piatte, prive di emozioni e senza profondità o prospettiva, eppure queste cromie creano delle forme nitide e riconoscibili. Sono sagome ingenue e innescano un certo disagio se comparate con le immagini infantili della morte.

Accanto ai patchwork di Shkololli, su un tavolo sono posizionate cartoline disegnate e stampate con colori seducenti. Sono state realizzate dai bambini nei campi profughi nelle settimane successive alla guerra come parte di un progetto di riabilitazione umanitaria. L’artista ha lavorato con loro nel tentativo di normalizzare le loro esperienze. Le cartoline hanno la stessa misteriosa qualità dei patchwork: sono allo stesso tempo belle e inquietanti.

Un approccio meno diretto ai conflitti è quello proposto nell’ultima sezione della mostra. Marlene Dumas (1953), artista sudafricana e Anna Boghiguian (1946), artista egiziana/canadese, hanno entrambe subito violenze e oppressioni rispettivamente in Sudafrica e in Egitto, e le loro opere si riferiscono alle esperienze personali.

Immagini di forbici o lo sguardo di un ritratto, suggeriscono le lotte sociali del genere femminile. La proiezione del film del collettivo ChtoDelat cattura con precisione i conflitti e la migrazione verso i Paesi Bassi, mentre l’artista australiano Brook Andrew (1970) e Patricia Kaersenhout (1966), artista, attivista e femminista visiva, usano fotografie storiche per riflettere sulla violenta e continua esperienza del colonialismo.

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Luca Del Core, vive e lavora a Napoli. E' laureato in "Cultura e Amministrazione dei Beni Culturali" presso l'Università degli Studi "Federico II" di Napoli. Giornalista freelance, ha scritto per alcune riviste di settore, per alcune delle quali è ancora redattore, e attualmente collabora con art a part of cult(ure). La predisposizione ai viaggi, lo porta alla ricerca e alla esplorazione delle più importanti istituzioni culturali nazionali ed internazionali, pubbliche e private.

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