Gabriel Orlowski Fotografia in Technicolor. Dalla Polonia a Napoli

Danilo Donzelli Photography

Technicolor è il marchio di fabbrica di diversi procedimenti di cinematografia a colori creati dalla Technicolor Motion Picture Corporation, fondata a Boston nel 1914 da Herbert Kalmus, Daniel Frost Comstock e W. Burton Wescott.

E’ famoso per l’introduzione dei colori saturi e realistici. Il sistema a doppia pellicola era stato usato nei film di Hollywood durante gli anni Venti e sopravvisse fino all’avvento del sonoro, ma era costoso e produceva colori tra l’arancione rosato e il blu verdognolo. Nei primi anni Trenta, l’azienda introdusse una nuova macchina da presa, dotata di prismi per suddividere la luce che proveniva dall’obiettivo su tre diverse pellicole in bianco e nero, una per ciascuno dei colori primari.

Dal cinema alla fotografia il passo è breve. Partendo da questa riflessione sulla luce e sul colore, sulla rifrazione e sulla saturazione cromatica, alcuni artisti hanno approfondito queste tematiche, ognuno con un punto di vista diverso.

Un esempio interessante è visibile nella mostra allestita nelle sale della Shazar Gallery a Napoli, in via Pasquale Scura 8, dal titolo Technicolor, dell’artista Gabriel Orlowski (1989), fino al 31 marzo 2020. L’artista polacco, che vive e lavora a Varsavia, ha conseguito il Master in Fotografia presso il Dipartimento di Fotografia della Scuola Nazionale di Cinema, TV e Teatro di Łódź.

E’ stato recentemente nominato come uno dei “Giovani Lynx” dalla rivista Contemporary Lynx, l’elenco dei più importanti giovani artisti della Polonia nel 2018. Autore e collaboratore di varie riviste e libri d’arte, si interessa ai linguaggi digitali e alla musica ed ha esposto in mostre personali e collettive in tutta Europa. Per la prima personale italiana, l’artista ha ideato questo progetto fotografico per la Galleria di Giuseppe Compare, incentrata sulle capacità della luce di trasformare la fisicità dei soggetti ritratti, di cambiarne l’essenza in favore di una consistenza eterea e autonoma.

In Technicolor, Orlowski mostra nove fotografie che aprono finestre su mondi isolati, silenti ed equilibrati, in cui l’occhio indaga una realtà parallela fatta di linee e pulviscoli dorati che definiscono nuove prospettive. E’ una fotografia dei riflessi che richiede un accurato studio degli angoli e della prospettiva, e un occhio sempre vigile da parte dell’artista.

Questa ricerca si concretizza in composizioni pulite, nette, precise, in cui tuttavia i viraggi di luce sono sempre accesi, caldi, decorativi, un approccio peculiare che diventa la sua cifra stilistica. I riflessi portano alla riflessione: i soggetti fotografati restituiscono all’osservatore delle immagini moltiplicate, una nuova realtà visuale, oppure danno la possibilità di accedere alla parte non visibile, ciò implica il rischio di sovraffollamento nell’inquadratura. Con sapiente conoscenza e consapevolezza, Orlowski sceglie soggetti lineari per arrivare a composizioni sempre più complesse. La forma e le caratteristiche specifiche della superficie che genera i riflessi divengono parte del soggetto stesso. Altrettanti effetti speculari possono essere generati da acqua e liquidi, vetri, metalli, plastica e qualsiasi altra superficie lucida, che spesso offrono una ricchezza di tesori inattesi.

La composizione originaria è spesso riconoscibile, mentre l’esperienza visiva si espande oltre il confine consueto: serve per sottolineare l’immagine stessa e le sue relazioni con quanto lo circonda, per rafforzare l’espressione e per stabilire un coinvolgimento. E’ uno strumento in più per collegare ed armonizzare gli elementi diversi di una scena.

 

Fondamentale nei nove scatti fotografici è la luce, che filtra lentamente invadendo lo spazio e proietta la sua ombra sui muri, o che scivoli via su una distesa d’acqua. Le immagini immortalate hanno un aspetto dilatato e vuoto, in cui predomina l’assenza di vita e il silenzio assoluto. Una caratteristica che lega Gabriel Orlowski alla pittura e ai paesaggi metafisici di Giorgio De Chirico, rappresentare ciò che è oltre l’apparenza fisica della realtà, al di là dell’esperienza dei sensi, oppure agli scenari urbani di Edward Hopper.

Osservando le singole foto, dagli edifici al paesaggio, dalla grata di ferro all’acqua di una piscina, l’artista ingaggia con la luce una specie di gioco, serio, cercando potenziali scoperte. Ciò che trova è sempre la stessa chiarezza e purezza creata dall’uomo e dalle persone che hanno indagato la natura, l’atmosfera e la realtà circostante. Alcune istantanee hanno anche colori brillanti, ma non trasmettono vivacità, gli spazi sono reali, ma in essi c’è un senso di desolazione che comunica allo spettatore sentimenti di inquietudine.

Danilo Donzelli Photography

 

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Luca Del Core, vive e lavora a Napoli. E' laureato in "Cultura e Amministrazione dei Beni Culturali" presso l'Università degli Studi "Federico II" di Napoli. Giornalista freelance, ha scritto per alcune riviste di settore, per alcune delle quali è ancora redattore, e attualmente collabora con art a part of cult(ure). La predisposizione ai viaggi, lo porta alla ricerca e alla esplorazione delle più importanti istituzioni culturali nazionali ed internazionali, pubbliche e private.

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