Lynda Benglis: Spettri. Un’americana a Napoli

Pioniera delle forme libere, estatiche nell’essere, allo stesso tempo giocose e viscerali, organiche e astratte. La scultura intesa come trasposizione delle forme dell’essere umano e del proprio corpo. Una varietà di materiali utilizzati, dalla cera d’api, al lattice, alla schiuma poliuretanica, al metallo, al gesso, all’oro, al vetro, alla ceramica, alla carta e al metallo vaporizzato. Interessante per qualità e contenuto è la creatività di Lynda Benglis (1941), artista americana, artefice di una produzione artistica eterogenea che va dal Pop al Minimalismo, dalla pittura alla scultura.

Un’occasione per approfondire la sua conoscenza e le sue idee, è la mostra dal titolo Spettri, allestita nelle sale della Thomas Dane Gallery, a Napoli, fino al 14 marzo 2020. Diverse opere documentano la sua prolifica carriera, dagli anni Sessanta fino ai giorni nostri. Un viaggio in giro per il mondo con sculture che evocano i luoghi in cui ha vissuto: dal New Mexico a New York, dalla Grecia all’India, fino ad arrivare a Napoli.

Usando schiuma di poliuretano dai colori vivaci, Ghost of Smile (1974/2016), e incorporando influenze ad ampio raggio, come Espressionismo astratto, Minimalismo, Arte femminista, forme geologiche e totem cerimoniali, Benglis ha sviluppato il suo linguaggio scultoreo immediatamente riconoscibile in forme ondulate e biomorfiche. Insieme ad altre artiste sfidò la premessa razionalista del movimento minimalista dominato dagli uomini, rifiutando di accettare i limiti politici ed estetici, realizzando in quel periodo una serie di fallen paintings, caratterizzati dall’estensione sul pavimento di un pigmento di gomma di lattice dai colori sgargianti. A differenza della tradizionale pittura ad olio o acrilica circoscritta su una tela, la gomma non ha bisogno di una superficie limitata: è un’opera d’arte scultorea e autosufficiente. Per la studiosa femminista e storica dell’arte Amelia Jones, Fallen Paintings, parlava della “depravazione della donna caduta” e ricorda una “vittima incline del desiderio fallico maschile”.

Il percorso espositivo propone le storiche opere sparkles, che sono poste in relazione a sculture di carta e glitter più recenti: vasi luminosi ed enigmatici, rilievi fosforescenti e nodi scolpiti in marmo degli anni Ottanta. In questi ultimi, in Shila, Palo e Aras (1983), l’artista cerca di fissare l’intensità del momento e di fondere bellezza e sensualità nella materia. L’attenzione alla ricerca è in sintonia con la sua poetica. Dal marmo emerge una affinità con le opere dei grandi maestri del passato, il bianco richiama alla mente le ondulazioni e i grovigli presenti nella scultura antica. Questo effetto è amplificato in altre opere con l’uso di materiali e colori diversi: si innesca un dialogo con le linee a cascata di inchiostro e vernice che appaiono nelle sculture di carta. Una sensuale interazione di forma, colore e linea sviluppa nello spettatore un “movimento dell’anima”.

Interessanti sono le forme di busto e totem, Handmade Wax Off, (2014-2016) molto ricorrenti nella sua produzione artistica. Stende la carta fatta a mano su un’armatura scheletrica di filo di pollo che a volte è nascosta, a volte è rivelata. La brillantezza scaturita da questa superficie è accentuata dalle scintille che avvolgono le forme nel loro riflesso e nell’assorbimento della luce, e restituiscono un senso di movimento e teatralità simili alle sculture antiche. Lo sfavillio trasmette alle opere una incessante mutevolezza. Il dinamismo appare di nuovo nei manufatti in ceramica, Metal force (1993), questa volta rallentato dal materiale di terracotta.

Lo spirito nomade dell’artista trova una florida realtà a Napoli, città che ospita complesse storie geologiche e culturali. Attraverso la composizione, la forma e la figura, molte di queste sculture si appropriano di una natura animista, portando materiali e oggetti elementari ad avere una essenza spirituale.

Bikini Incandescent Column (2002), è una lampada di carta sospesa simili a quelle di Akari di Isamu Noguchi, ma più sensuale e suggestiva del corpo umano e dei test della bomba atomica a Bikini Island. Forse è un cenno alla vecchia folla minimalista, una specie di: “vedi, posso farlo anch’io“.

La manipolazione del volume può evocare artefatti o antiche reliquie, sparkles, glitter e foglie d’oro suggeriscono decorazione ed eccesso. L’utilizzo degli effetti sulla superficie, di motivi e di abbellimenti dimostrano la sua implicita critica alla categoria dell’artigianato di genere. Questa sovrabbondanza di decorazioni nella serie Lagniappe (1978), il titolo si riferisce a una parola usata a New Orleans per un piccolo regalo fatto alle persone quando acquistano qualcosa in un negozio. Creato con carta pressofusa, conferisce all’opera una trama intrigante, l’oggetto sembra un incrocio tra qualcosa di dolce o un semplice elemento decorativo. Per l’artista, le dinamiche di scambio e mediazione coinvolte nel dono sono significative quanto l’oggetto stesso.

Oltre alla scultura, Benglis ha lavorato nel video e nella fotografia e ha utilizzato interventi mediatici (come un noto annuncio pubblicato in Artforum nel 1974, che mostra l’artista nuda con un dildo tra le gambe) per esplorare le nozioni di potere e relazioni di genere.

Thomas Dane Gallery

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Luca Del Core, vive e lavora a Napoli. E' laureato in "Cultura e Amministrazione dei Beni Culturali" presso l'Università degli Studi "Federico II" di Napoli. Giornalista freelance, ha scritto per alcune riviste di settore, per alcune delle quali è ancora redattore, e attualmente collabora con art a part of cult(ure). La predisposizione ai viaggi, lo porta alla ricerca e alla esplorazione delle più importanti istituzioni culturali nazionali ed internazionali, pubbliche e private.

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