Imparare la consapevolezza della comunicazione con l’Abbecedario

Foto V. Matrascìa

Non un dizionario ma una guida pratica per districarsi nel mondo della comunicazione contemporanea in un mondo in cui tutti siamo diventati, più o meno consapevolmente, comunicatori. Nasce con questo propositoTrovare le parole: Abbecedario per una comunicazione consapevole di Federico Faloppa e Vera Gheno (EGA – Edizioni Gruppo Abele, 2021) presentato nell’ambito della fiera editoriale romana Più Libri più liberi, durante l’incontro moderato dalla giornalista Caterina Coppola.

Se i nuovi strumenti digitali – social media, in primis – ormai hanno reso alla portata di tutti e con pochi click la comunicazione senza frontiere né limiti, non si può dire altrettanto della consapevolezza con la quale ci approcciamo all’uso di parole e linguaggi. È la parola “ascolto” ad aprire – per questioni alfabetiche ma non solo – l’Abbecedario curato dai due studiosi.

Non può, infatti, non passare dall’ascolto una comunicazione consapevole di quanto attraverso le parole si costruisca il mondo che abbiamo intorno e della realtà che raccontiamo con le nostre parole e di quella che ci facciamo raccontare scegliendone alcune e non altre.

«Per capire il linguaggio e il modo in cui lo usiamo nella società della comunicazione dobbiamo metterci in ascolto, osservare e capire gli strumenti della comunicazione e costruire degli spazi di ascolto in cui l’ascolto non sia solo passivo ma diventi un meccanismo e un processo per interagire e approfondire questi temi», spiega il linguista Federico Faloppa.

A dimostrazione della vastità e dell’importanza della ‘sfida dell’ascolto’ anche a livello sociale e politico, fanno capolino in questa voce, tra gli altri, Danilo Dolci e Alexander Langer.

Mettersi all’ascolto, non solo dei propri simili, dando spazio non solo a chi ne ha già diventa una possibilità per mettersi in grado di mettersi in discussione e uno strumento per creare nuova comunità.

«Mi piace pensare che l’ascolto, ma anche il nostro libro, possa rappresentare una scatola e una cassetta degli attrezzi che racchiude tanti concetti che si intrecciano ed esercitano un potere paieutico per creare un nuovo spazio di riflessione e elaborazione del pensiero», aggiunge.

«I dati sull’analfabetismo di ritorno e sul disagio cognitivo che ci restituisce il rapporto Censis possono essere letti in due modi. O in maniera classista dicendoci ‘abbandoniamo sta zavorra e facciamo salpare l’arca degli eletti verso nuovi orizzonti’ come si sente fare in giro o possiamo leggerlo ponendoci la domanda ‘cosa si può fare?’.

Non è una situazione statica, credo che il problema principale sia la diversa velocità con cui si è complicato l’orizzonte cognitivo e stiamo maturando noi esseri umani dal punto di vista cognitivo. Quindi si tratta di un processo in fieri e non qualcosa di statico e definitivo», spiega la sociolinguista Vera Gheno.

Investire su conoscenza, cultura e incontri sembra essere una strada perseguibile in una società in cui si procede per polarizzazioni estreme su qualsiasi argomento.

«C’è poco spazio per i grigi e per la discussione. Uno degli intenti di questo libro è innescare la discussione sui grigi, dimostrare che anche di fronte a opinioni che noi diamo per giuste e insindacabili, in realtà, può esserci un’opinione dall’altra parte magari altrettanto giusta e insindacabile quindi il gioco è cercare di incontrarsi a metà», aggiunge la sociolinguista.

Se nei social e nei più disparati contesti comunicativi c’è spazio per gli influencer, anche i nanoinfluencer potranno conquistarsi – più o meno faticosamente – il proprio spazio all’insegna della responsabilità individuale andando a dar voce a quei grigi che la polarizzazione mette invece solitamente a tacere.

Il tutto, però, non perdendo di vista la consapevolezza che, per quanto ciascuno di noi sia titolato ad avere opinioni che auto-censurerebbe in una discussione pubblica (le cosiddette opinioni da bagno), i social rappresentano ben altra porzione della nostra “casa virtuale e comunicativa” ossia il balcone (seconda parola che troviamo sull’Abbecedario, non a caso), quello spazio cioè che pur essendo di pertinenza della nostra vita/casa è esposto al pubblico e sottoposto a regole ben precise (ciascuno di noi non avrebbe problemi, qualora volesse, a girare nudo per casa ma cosa ben diverso sarebbe farlo sul balcone della propria casa pur appartenendo quest’ultimo alla casa stessa).

Sarebbe bene ricordarlo prima di avventurarsi nella condivisone di un post su Facebook, Instagram o su un qualsiasi altro social assumendo la consapevolezza che il linguaggio non è neutro e alcune parole se usate in certi modi e contesti possono diventare offensive e armi dei sempre più dilaganti – per quanto antichi – hate speech (discorsi d’odio) che ci vedono tutti protagonisti, talvolta come vittime e talvolta, seppur a nostra insaputa, come hater.

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Classe 1987. Romana di nascita, siciliana d’origine e napoletana d’adozione. Giornalista professionista, comunicatrice e redattrice freelance. Da sempre appassionata di (inter)culture, musica, web, lingue, linguaggi e parole. Dopo gli studi classici si laurea in Lingue e comunicazione internazionale e in seguito, presso l’università “La Sapienza” di Roma, si specializza in giornalismo laureandosi con una tesi d’inchiesta sul giornalismo in terra di camorra. Ha poi conseguito un master in Giornalismo (biennio 2017 – 2019) presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Giornalista per caso e per passione, ufficio stampa e social media manager per festival, eventi ed associazioni in particolare in ambito culturale e teatrale oltre che per Europride 2011, Trame – Festival dei libri sulle mafie e per Save the Children Italia (2022). Collabora con diverse testate occupandosi in particolare di tematiche sociali, culturali e politiche (dalle tematiche di genere all’antimafia sociale passando per l’immigrazione, il mondo Lgbtqia+ e quello dei diritti civili). Vincitrice della borsa di studio del premio “Giancarlo Siani” per l’anno 2019.
Fotografa, spesso e (molto) volentieri.

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