Resistanbul e altre storie

Avrà luogo dal 15 settembre al 13 ottobre a Istanbul, in un hamman in disuso risalente alla fine del XV secolo, la mostra di Angelo Bucarelli dal titolo Acqua. Come lacrime d’amore. Ed è l’acqua l’elemento catalizzatore attorno al quale si focalizza l’attenzione dell’artista che ha voluto dedicare alla splendida città turca la sua ricerca. Uno studio sui materiali – il tessuto, il vetro, il ricamo – e sul linguaggio – la scelta di 11 termini riferiti all’acqua tradotti attraverso l’antica scrittura ottomana – per rendere omaggio a una città che Bucarelli conosce e apprezza dal lontano 1972.

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L’ambientazione fa pensare a Sukran Moral, che ha usato l’hammam in un’opera totalmente diversa, dirompente e provocatoria, come tutto il suo lavoro di forte denuncia a favore dell’emancipazione femminile, per la difesa degli emarginati e per la libertà sessuale. Un’artista, la Moral, che non rinuncia a puntare il dito contro chi vorrebbe far regredire la Turchia, una terra affascinante, indimenticabile per chi ha avuto il privilegio di visitarla, ricca di complesse stratificazioni storiche e di grandi contraddizioni che la rendono al tempo stesso vicina e lontanissima.

Come restare indifferenti rispetto alla storia antica e recente della sola Istanbul, dove la continuità del tessuto urbano è data dalla trasformazione delle chiese bizantine in moschee (con la Santa Sofia giustinianea a far da modello), dove l’attenzione al contemporaneo ha dato vita alla Biennale d’Arte, alla quale si collega, per l’appunto, l’evento collaterale realizzato da Angelo Bucarelli? Le cronache delle passate settimane impongono tuttavia, necessariamente, ulteriori riflessioni.

Nel corso della conferenza stampa del 17 giugno scorso, presso l’Ambasciata Turca a Roma, Bucarelli non ha ritenuto opportuno fare riferimento alle recenti notizie sugli scontri a Istanbul diffuse da tutti i network, si è limitato a chiudere il suo intervento auspicando una soluzione ai piccoli e ai grandi problemi della Turchia. Difficile però evitare l’argomento per tutti i presenti e l’ambasciatore non si è sottratto alle domande, alle quali ha preferito rispondere attraverso un’interprete. Le sue parole sembravano purtroppo un bel compitino già scritto; senza nulla togliere all’affabilità della persona, alcuni presenti, compresa la sottoscritta, hanno provato un certo disappunto per il suo tentativo di minimizzare l’accaduto e la portata delle proteste, cercando di  ridurre queste ultime a scontri circoscritti ad alcuni quartieri di Istanbul, per non parlare del paragone con ferite per molti di noi ancora aperte, come il G8 di Genova o il movimento No TAV (tirati in ballo come esempi di episodi marginali, non significativi per valutare gli standard della democrazia turca, che pertanto non sarebbero inferiori a quelli delle democrazie occidentali).

Insomma, escludendo i sorrisi, che fanno parte del mestiere, l’impeccabile ambasciatore Hakki Akil si è dimostrato, come c’era da aspettarsi, totalmente appiattito sulla posizione di Erdogan, leader ormai sbiadito e ostaggio dell’ala più conservatrice e retriva del governo da lui presieduto. Una politica di islamizzazione strisciante che si è fatta sempre più opprimente per una popolazione che rivendica, dai tempi di Ataturk, un fiero orientamento verso la laicità e l’apertura all’occidente.

Urla fortemente la volontà di ribellione di un popolo che si sente europeo a fronte di un governo che a parole promuove la cultura e vuole sentirsi al passo con l’occidente, ma nei fatti ferisce e opprime con misure oscurantiste e con un’ondata repressiva pseudo fascista ogni voce critica, anche la più pacifica. Mentre scriviamo, iniziative di solidarietà con piazza Taksim si stanno moltiplicando: a Roma, sull’onda della protesta di Erdem Günduz (il performer immobile) altri artisti hanno iniziato a mobilitarsi con varie iniziative, tra le quali un flash mob davanti all’ambasciata turca sabato 22 giugno (con la partecipazione, tra gli altri, di Luigi Athos De Blasio, Wright Grimani, Vincenzo Restuccia) e alcuni eventi performativi organizzati da Francesca Fini (https://www.facebook.com/AnonymousArtistsIncForTurkey?ref=hl). La situazione, pertanto è in continuo aggiornamento e, se a settembre, nei giorni di apertura della XIII Biennale di Istanbul, l’ondata di protesta dovesse essere ancora viva, c’è da augurarsi che nel mondo dell’arte si organizzi qualche altra iniziativa a sostegno dei manifestanti.

Angelo Bucarelli ha introdotto il suo lavoro parlando dell’uomo e del suo desiderio di incontro e socializzazione con gli altri esseri umani e dell’hammam come agorà; Acqua. Come lacrime d’amore, le parole prese a prestito dal poeta Tursun Bey per il titolo della mostra, sono molto evocative, ma occorre coraggio e volontà di partecipazione perché si trasformino – come pare sia intento dell’artista – in un vero messaggio di pace, d’amore, d’armonia. O saremmo indotti a pensare all’acqua degli idranti e alle lacrime dei gas urticanti, l’abituale risposta ottusa del potere al civile dissenso, la solita voce stonata, dispotica e repressiva che non conosce purtroppo né dialogo, né latitudini.

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Maria Arcidiacono Archeologa e storica dell'arte, collabora con quotidiani e riviste. Attualmente si occupa, presso una casa editrice, di un progetto editoriale riguardante il patrimonio del Fondo Edifici di Culto del Ministero dell'Interno.

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