Osservatorio Bruxelles. Emmanuel Lambion, De la Lenteur et de la Mesure a la Maison Grégoire

immagine per Emmanuel Lambion
Boris Thiébaut

Per usare la sua stessa terminologia, Emmanuel Lambion  è un “lavoratore dell’arte” con sede a Bruxelles. In 19 anni di intensa attività curatoriale, ha ideato, sviluppato e organizzato circa 109 mostre e progetti, prevalentemente in spazi espositivi pubblici. Fondatore dell’associazione senza scopo di lucro Bn PROJECTS, è attualmente vicedirettore dell’Académie Royale des Beaux-Arts e responsabile della Maison Grégoire, a Bruxelles. Emmanuel Lambion è anche membro da 11 anni (Direttore e, da due anni, Vicepresidente) dell’IKT, l’Associazione Internazionale dei Curatori d’Arte Contemporanea (www.iktsite.org) e Direttore dell’ABCA, la sezione belga dell’AICA. Lo abbiamo incontrato a Bruxelles in occasione della mostra De la Lenteur et de la Mesure, in corso fino al 1 febbraio 2020 presso la Maison Grégoire.

Chiediamo: la mostra della quale è curatore si inserisce nelle iniziative di Bn Projects presso la splendida Maison Grégoire, un edificio costruito nel 1933 dal famoso architetto belga Henry Van de Velde. Quanto è stato determinante (o condizionante) per gli artisti e le artiste coinvolte confrontarsi con uno spazio così carico di storia e di progettualità?

“In effetti la Maison Grégoire è un edificio tutelato, non si possono fare interventi invasivi, non si possono bucare pesantemente le pareti o imbiancarle, questi elementi rendono indispensabile l’allestimento di opere adeguate. Inoltre la casa è abitata, quindi, in giornate nelle quali non sono previste visite, i lavori degli artisti devono avere un carattere reversibile, devono essere gestibili e non troppo invadenti. È accaduto in passato, in precedenti allestimenti, che la sera, una volta usciti i visitatori, io abbia dovuto provvedere a riporre alcune sculture di grandi dimensioni, fortunatamente impilabili come matrioske. Con questa mostra, che prevede, per esempio, le opere di Marianne Mispelaëre disposte sul tavolo della sala da pranzo, è ovvio che quando c’è una cena vengano rimosse. Gli artisti sanno di doversi misurare con queste necessità, i dispositivi di Elle de Burca o di Rokko Miyoshi, per esempio, sono stati concepiti per essere poggiati su una superficie e facilmente rimossi, anziché appesi. C’è da aggiungere che l’edificio stimola sempre nuove formule, specificatamente legate alla casa, che è originalissima, direi.”

La scelta dei due temi, la lentezza e la misura -ai quali si è aggiunta una riflessione sulle coincidenze- è frutto di un percorso nato casualmente, oppure ha avuto una lunga gestazione?

“La misura, che io associavo al lavoro dell’artista inglese Tom Lowe, doveva essere inizialmente il tema unico di una sua mostra personale. Sono rimasto colpito, nel corso di uno studio-visit, dalle sue opere che hanno a che fare con la misurazione, si può dire che abbia un rapporto speciale con le misure, è molto attento alle dimensioni dei lavori che realizza e li relaziona al contesto. Il caso ha voluto che pochi giorni dopo, io ricevessi un’opera di Béatrice Balcou, eseguita in occasione di una mostra di qualche anno fa dove avevano partecipato entrambi. Questa artista, francese e residente a Bruxelles, si esprime attraverso un lavoro essenzialmente performativo: attraverso una Cérémonie, mostra, con una coreografia molto lenta e studiata, le opere, privandole dell’imballaggio con molta cura fino al momento epifanico nel quale l’opera verrà finalmente mostrata; successivamente la rimballa. Le sue performances hanno questo aspetto un po’curatoriale, per la cura con la quale l’oggetto viene fatto apparire per poi sparire nuovamente. L’opera che ho acquistato, appartiene alla serie dei Pièces Assistantes ed era destinata proprio a un’opera di Tom Lowe, da qui la decisione, in virtù di questa coincidenza, di intitolare il progetto alla Lentezza (Balcou) e alla Misura (Lowe), modalità che caratterizzano le ricerche dei due artisti. Una volta stabilita la tematica, essendoci stato un rinvio dell’inaugurazione da maggio-giugno all’autunno, ho individuato nel corso dei mesi, altre opere e altri artisti che potevano rientrare a pieno titolo nel progetto che si è trasformato in una costellazione di nove artisti che propongono una quarantina di opere in tutto, un numero che sorprende un po’ e non si nota perché sono distribuite -e notevolmente integrate- sia all’interno che nel giardino della casa.”

Si tratta di artisti di diverse nazionalità e provenienza, la maggior parte dei quali vive e lavora a Bruxelles: francesi Béatrice Balcou, Anaïs Chabeur, Shankar Lestréhan e Marianne Mispelaëre, irlandese Ella de Burca, inglese Tom Lowe, nippo-italiano Rokko Miyoshi, belga Boris Thiébaut e il collettivo Self Luminous Society a formazione variabile, con prevalenza di artisti statunitensi e colombiani. Le loro opere, oltre a rispondere al tema della mostra sono anche site-specific?

“Alcuni lavori erano già stati eseguiti, il pièce assistant della Balcou, che si trova nel breve corridoio di passaggio, è stato concepito proprio per la Maison Grégoire: i tre pezzi che lo compongono fanno riferimento ai due proprietari, Thomas e Bernard e a me stesso come curatore, l’opera è stata ispirata dall’edificio, è stata concepita con l’idea un po’ paradossale di sostenerlo, come una sorta di contrafforte, ma, contemporaneamente, è la casa stessa a sostenere l’installazione. Anche Elle de Burca, con un’opera dedicata a Van de Velde si è confrontata con l’edificio e la sua storia.
I lavori sono molto diversi tra loro pur essendo legati da fili conduttori; connessi alla lentezza e alla meticolosità dell’assemblaggio sono i pannelli in legno di Boris Thiébaut, il lavoro di Anaïs Chabeur, che ha registrato con un video le fasi lente della sepoltura e della deposizione delle ceneri dei suoi cari, al quale fanno da contrappunto gioioso le stele funerarie che dicono Once I had been being a stone, giocando sul doppio significato ‘sono stato una pietra’ e ‘sono stato lapidato’ realizzate da Shankar Lestréhan; sono lavori che hanno una tonalità umoristica, ma fanno tuttavia eco al gesto rituale della cura della pietra tombale dei parenti di Anaïs Chabeur. Il gesto di iscrizione e di omaggio rimanda poi a Marianne Mispelaëre e alle sue lastre di rame serigrafate sulle quali interviene con la lettura e utilizzando il suo corpo in un gesto performativo. Infine, l’opera Compadre, del collettivo Self Luminous Society, ha finito con l’interagire in maniera casuale con una scultura di Tom Lowe.”

I protagonisti e le protagoniste del progetto hanno condiviso progressivamente tra loro l’elaborazione del proprio lavoro, o ciascuno ha operato individualmente e autonomamente?

“Dopo aver contattato singolarmente gli artisti e aver comunicato loro il titolo della mostra, li ho convocati tutti insieme un mese prima dell’inaugurazione, spiegando loro le motivazioni che mi avevano guidato nell’aver scelto proprio queste opere. Con l’eccezione, nel passato, di Tom Lowe e Béatrice Balcou, non c’è stata una vera e propria interazione tra gli artisti nella fase realizzativa, ma tutti hanno compreso cosa mi aveva permesso di collegare i lavori gli uni agli altri rispetto al tema; pur essendo proposte molto differenti, sono molto contento di queste connessioni che si sono venute a creare tra le opere.”

Per chi si trovasse a Bruxelles e volesse dare uno sguardo all’arte emergente nella capitale belga, c’è tempo fino al 1 febbraio per una visita alla Maison Grégoire, un piccolo, ma imperdibile gioiello architettonico, firmato da uno dei più autorevoli esponenti dell’Art Nouveau.

Info mostra

  • De la Lenteur et de la Mesure – Bn PROJECTS & Maison Grégoire | opere di Béatrice Balcou, Anaïs Chabeur, Ella de Burca, Shankar Lestréhan, Tom Lowe, Marianne Mispelaëre, Rokko Miyoshi, Boris Thiébaut e Self Luminous Society.
  • A cura di Emmanuel Lambion
  • Maison Grégoire  292 Dieweg B-1180 Brussels
  • Mostra aperta il sabato, dalle 14.00 alle 18.00 e su appuntamento
  • Dal 30 novembre 2019 al 1° febbraio 2020
  • http://www.bnprojects.be/De-la-Lenteur-et-de-la-Mesure
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Maria Arcidiacono Archeologa e storica dell'arte, collabora con quotidiani e riviste. Attualmente si occupa, presso una casa editrice, di un progetto editoriale riguardante il patrimonio del Fondo Edifici di Culto del Ministero dell'Interno.

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