Primarosa Cesarini Sforza. La materia e il perimetro

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La materia e il perimetro è il titolo della mostra di Primarosa Cesarini Sforza, a cura di Michela Becchis, in corso fino al 6 luglio presso il Casino dei Principi nei Musei di Villa Torlonia a Roma.

Cresciuta in un ambiente familiare dalla forte impronta artistica (è imparentata con i Canevari e i Cascella) Primarosa sottolinea scherzosamente che non poteva sottrarsi al suo ‘destino’, ma, sebbene questa sorte l’abbia poi di fatto accettata, ha fin da subito sentito propria una scelta di autonomia e libertà creativa, una determinazione a fissare dei confini netti nella sua ricerca, sotto il segno di una indipendenza irrinunciabile, anche nel voler stabilire di volta in volta i luoghi nei quali andare a vivere.

Dalle opere esposte da Allan Stone a New York – “un vero gallerista”, così lo definisce Primarosa – alle ultime, realizzate dopo i più recenti tra i suoi innumerevoli viaggi, il suo si potrebbe definire un gioioso furore nomade che l’ha spinta ad attraversare svariati paesi, scegliendo talvolta di fermarsi, più o meno stabilmente, scoprendo e sommando nuove sperimentazioni utili al suo percorso d’artista.

Gli anni ’70 la vedono giovanissima negli Stati Uniti con opere ispirate alle shadow boxes di Joseph Cornell, realizzate utilizzando la tecnica dell’assemblage, racchiudendo in una circoscritta tridimensionalità quello che poi andrà disponendo su superfici piane.

Dall’ambiente vitalissimo, ma frastornante, di New York, alla neve ovattata e un po’ inquietante del Wisconsin, osservata alla finestra e trasferita su carta, con lavori a fondo bianco che evocano un’atmosfera luminosa e rarefatta.

Poi il nero, “potente ed evocativo” – come lo definisce Tommaso Cascella – che attraversa la produzione dei decenni successivi fino agli anni ’90, quando a Primarosa si rivela impetuoso il colore, scoperto nell’arte tessile del Maghreb ed entrato prepotentemente nella sua poetica.

Una mostra ‘retrospettiva’, così la definisce la curatrice Michela Becchis, sottolineando però come questo termine riguardi più l’approccio dei visitatori e delle visitatrici che quello della protagonista, la quale, prosegue la curatrice, “guarda lo srotolarsi intenso di oltre cinque decenni di ricerca e lavori con una certa noncuranza”.

Pur rammentando la genesi, anche la più travagliata, di ogni singolo lavoro, Primarosa afferma di avere un rapporto non pacifico con la propria arte, “una volta messe le mani nella materia non mi interessa più”; ma percorrendo la mostra è possibile rimanere sorpresi di quanto appaiano attuali i lavori eseguiti dall’artista una cinquantina d’anni fa.

Nel percorso ci si imbatte in alcune opere ben protette da campane di vetro, in un allestimento che conferisce loro una curiosa sacralità, ma sarà difficile resistere -tuttavia bisognerà farlo- alla tentazione di sfogliare gli imperdibili libri d’artista, disposti su un tavolo, autentici dispositivi a sorpresa  e a portata di mano, come in un allestimento domestico: album ingialliti appartenuti al padre o sottratti a un riluttante calzolaio, dove restano, quasi irriconoscibili, le impronte delle suole per le calzature da realizzare, e poi quadernetti con storie infantili, malinconiche, poetiche.

Il libro d’artista è veramente la dimensione espressiva più intensa, le idee prendono forma, si articolano in piena libertà, racchiuse, certo, in un perimetro, ma con una pagina nuova dietro l’altra, tutte da popolare di conigli, pesci, tentando di governare fili coloratissimi, per andare infine ad abitare in una delle sue tante, piccole, misteriose casette.

Un suggerimento: all’inizio o alla fine del percorso, non bisogna assolutamente dimenticare di leggere la nota autobiografica dell’artista esposta sulla parete della prima sala.

Primarosa scrive, dipinge, cuce e ricama, lavora il metallo, ama la materia e sfida se stessa misurandosi con molteplici tecniche attraverso la sapienza delle sue mani.

Quando parla di se, delle sue esperienze, di ciò che l’ha conquistata, quando racconta dell’ammirazione che prova nei confronti di altri artisti e artiste di ogni età, quando sfoglia davanti a noi la cartografia dei suoi viaggi, si comprende perché la motivazione di questo spaziare da un linguaggio espressivo a un altro, da un continente all’altro, si possa trovare nelle sue stesse parole:

Il mio studio è un’isola in mezzo al mare e sopra c’è una stanza tutta per me.
Io non sono una linea retta, è un continuo di cose che si inseriscono costantemente
.
Noi portiamo il mondo dentro e lo accumuliamo.
L’arte è l’unica cosa che mi assorbe e mi interessa totalmente. La mia e quella degli altri. A me piacciono le persone che rischiano e gli artisti, quelli veri, rischiano.

Il progetto espositivo, promosso da Roma Culture – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali si avvale dell’attento allestimento realizzato dall’Associazione Culturale TraleVolte di Alessandra Scerrato e Francesco Pezzini, ed è completato da un bel catalogo, a cura dell’AAIE Center for Contemporary Art di Wang Yongxu, con testi di Federica Pirani, Silvia Bordini e Michela Becchis.

Info mostra Primarosa Cesarini Sforza – La materia e il perimetro

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Maria Arcidiacono Archeologa e storica dell'arte, collabora con quotidiani e riviste. Attualmente si occupa, presso una casa editrice, di un progetto editoriale riguardante il patrimonio del Fondo Edifici di Culto del Ministero dell'Interno.

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