Un affare di famiglia di Hirokazu Kore’eda

imagine per Un affare di famiglia

Due ulteriori “attori non protagonisti” del nuovo film del giapponese Hirokazu Kore’eda, Un affare di famiglia sono i gesti e gli sguardi.

Già dalla prima scena, gesti e sguardi indicano non solo qualcosa di poco regolare e lecito, ma soprattutto puntualizzano una relazione e una complicità fuori dai canoni. I gesti e gli sguardi spesso soppiantano gli scarni dialoghi. E la loro parsimonia li rende ancor più seducenti e incisivi.

Questa volta non deve essere come la volta precedente” oppure “Ma dopo tu mi picchi?”, due semplici frasi, cui non segue un fitto discorso, ma restano così, appese, sospese, ad evocare. Perché, quella narrata dal regista, è una storia descritta attraverso indizi, per ricostruzione e evocazione. Senza pietismo, né slanci di elevata interpretazione o profondo scavo psicologico.

È una storia raccontata mettendo lo spettatore al fianco dei protagonisti, durante sprazzi di quotidianità. Bagliori che, come un puzzle, lentamente mostrano i tormentati vissuti di ogni membro di questa famiglia sopra le righe con trascorsi costruiti da silenziosi drammi.

Ma ognuno di loro trova il proprio personale equilibrio per andare avanti, cercando di mordere la vita e non farsi schiacciare dai rimorsi.

Un equilibrio personale che, sommato a quello degli altri, dà vita a quella stabilità sconclusionata di una famiglia strampalata che, nonostante tutto, si vuole bene, pur sfruttandosi a vicenda, a dimostrare che famiglia è dove regna l’affetto, oltre i legami di sangue.

Scena più bella: la gita al mare.

Manbiki kazoku / Un affare di famiglia

  • di Hirokazu Kore’eda
  • Con:  Kirin Kiki, Lily Franky, Sōsuke Ikematsu, Sakura Andō, Moemi Katayama
  • Produttore: AOI Promotion, Fuji Television Network, GAGA
  • Distribuzione(Italia): iM Distribuzione
  • Il film è stato premiato con la Palma d’Oro al Festival di Cannes del 2018
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Daniela Trincia nasce e vive a Roma. Dopo gli studi in storia dell’arte medievale si lascia conquistare dall’arte contemporanea. Cura mostre e collabora con alcune gallerie d’arte. Scrive, online e offline, su delle riviste di arte contemporanea e, dal 2011, collabora con "art a part of cult(ure)". Ama raccontare le periferie romane in bianco e nero, preferibilmente in 35mm.

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