Finita l’estate resta l’esperienza dell’arte. Cabine allo SBA Sporting Beach Art di Ostia

Sulle terrazze, nei supermercati, nelle vetrine, tra resti archeologici, nei ristoranti, per strada, negli scantinati, nei palazzi occupati, nei garage, negli alberghi, nei chiostri e nei conventi e al mare.

È da decenni che l’arte, con modalità e manifestazioni diverse, esce dai noti circuiti delle gallerie e dei musei, per protesta o perché troppo paludati, per invadere spazi cittadini e calarsi nella vita quotidiana: forse anche con l’illusione di sgretolare quel muro di diffidenza e indifferenza che il grande pubblico nutre nei confronti delle realizzazioni artistiche contemporanee.

Con la voglia farla conoscere il più possibile, inseguendo delle idee, delle trovate, delle intuizioni, o il desiderio di ri-attivare dei luoghi, si innescano momenti di confronto, di studio, di ricerca, di intrattenimento, di convivialità.

Delle volte inediti e freschi, altre stantii e triti, altre autocelebrativi. Il discrimine è dato dagli ingredienti (luogo, opere scelte, artisti coinvolti, tema) che, se ben mescolati, combinati, amalgamati, possono, tuttavia, giungere a buoni e sorprendenti risultati, certuni strettamente legati a una piacevole atmosfera, a una gradita esperienza o a una positiva propensione dello stato d’animo.

Abbracciando molti di questi intenti, è nato lo SBA Sporting Beach Arte, uno stabilimento storico del litorale romano che “accoglie l’arte contemporanea […]; non solo una galleria, ma un luogo d’incontro”, anche con la periferia e col territorio circostante.

Perciò, dalla sua creazione nel 2016, lo SBA ha già al suo attivo la realizzazione di undici mostre, tra cui la performance sulla spiaggia Terzo paradiso di Michelangelo Pistoletto, realizzata in collaborazione con gli studenti dei Licei Ginnasio “Anco Marzio” e Scientifico “Democrito”, e della Facoltà di Ingegneria delle Tecnologie per il Mare (marzo, 2019).

L’iniziativa di allestire mostre, o comunque degli eventi di arte al mare, pur non essendo inedita (vedasi gli interventi a Chiaia di Luna a Ponza, 1997, o in un noto stabilimento balneare romano cui Barbara Martusciello partecipò con testo critico), acquista unicità per il luogo ove si svolge.

All’interno delle cabine balneari, trentanove artisti, romani e laziali, di generazioni diverse, sono stati invitati da Paola Pallotta a confrontarsi con questi spazi, anonimi sì, ma fortemente caratterizzati e caratteristici. Iniziativa che non solo ha messo a punto un parziale monitoraggio della produzione artistica corrente nel Lazio, ma, ancor di più, ha permesso di osservare, nella comunità che si è venuta creando nel corso della realizzazione della mostra, come ciascun artista abbia più o meno risolto siffatto confronto, alcuni restando fedeli alla propria ricerca, altri proponendosi in modo inaspettato, altri ancora accettando la sfida del luogo con lavori appositamente creati.

Ad aprire il percorso abbiamo trovato la cabina 1 con due tele all’interno, di diverso formato, con la particolare e rassicurante sigla pittorica di Mauro Di Silvestre che ha attivato corrispondenze fra il reale/presente e il ricordo/memoria personale/collettivo. In Anime salve (2009 – 120×140), su un vermiglio pattino per il salvataggio, galleggiante sulla riva, si potevano intravedere, trascoloriti, un bimbetto con cappellino, canotta e costume, e una donna, ugualmente in costume, e dietro, quasi in bianco e nero, tutta la spiaggia affollata di avventori, ombrelloni e sdraio: un atemporale ed effimero spaccato di vita reso eterno, che ognuno di noi porta nella sua memoria.

La specifica videoinstallazione in diretta Animae nella cabina 16, come prevalentemente accade nelle opere di Andrea Aquilanti, ha condensato, in un’unica visione, in un unico luogo e tempo, ciò che lo sguardo e lo spazio pongono, invece, a distanze e livelli diversi, portando così, all’interno della doccia della cabina, attraverso la proiezione, quello che è fuori di essa.

La traccia di una presenza, di un passaggio, e quindi di un’assenza, è quanto ha richiamato Senza titolo, con sedia di Gino Sabatini Odoardi (cabina 20): un traslucido niveo asciugamano, modellato con termoformatura, era adagiato sulla spalliera di una sedia, che ne modifica l’assetto,; un altroera riposto all’interno di un secchio in metallo su di un plinto.

Un ricordo e un saluto democratico era la grande cartolina di 100×70, in bianco e nero, stampata su marmo realizzata da Marina Paris (cabina 27), dove nostalgia e memoria si fondono in questa, che si può definire, particolare declinazione della mail-art.

Ispirati dallo spazio ristretto della cabina i lavori di Gaia Scaramella (cabina 9), Donatella Spaziani (cabina 16), Iginio De Luca (cabina 19) e Rikka Vainio (cabina 30).

Fortemente suggestiva, e di forte impatto emotivo, è SEYCHELLES-PIT STOP (Desroches Island, un piccolo museo), l’installazione che occupa per intero la cabina 9. Gaia Scaramella ricopre, infatti, tutto il pavimento di sabbia e, su di essa, dissemina delle logore ciabatte, di foggia e misura diverse, indossate da adulti, ragazzi e bambini, maschi e femmine.

Sono quelle che l’artista ha pazientemente raccolto sulle incantevoli spiagge delle Seychelles che tristemente testimoniano le vittime dello Tsunami indonesiano del 2004. E il richiamo ad altre vittime del mare a noi più vicine è pressoché immediato.

Invece, è la forma della cabina ad ispirare La libertà di Donatella Spaziani. Perché la cabina è stata immediatamente associata a una cella carceraria. E così, da una radio colorata, si espandono le parole dell’intervista di Andrea Fiorito ad Antonio Marocco, il militante BR evaso nel 1977 dal carcere di Fossombrone che in seguito, proprio alla luce di questo fatto, divenne un carcere di massima sicurezza.

Ugualmente la cabina ha suggerito Et voilà!, l’installazione sonora di Iginio De Luca. Riflettendo sulla “trasformazione” che si attua all’interno di questo spazio, ha compilato una raccolta audio tratti da quarantadue film, che spaziano da Bianca di Nanni Moretti a Fantomas ’70 di Andre Hunebelle, a A qualcuno piace caldo di Billy Wilder, nei quali si attua, appunto, una qualche metamorfosi.

Invece, autoctoni fiori e piante essiccati, suggestivamente fluttuano nella cabina e completano le sei fotografie di piante realizzate da Riikka Vainio per la sua installazione Senza titolo.

Nella sua apparente leggerezza, sia materiale che spirituale, il sorprendente Spogliatoio del mondo di Felice Levini (cabina 13), inizialmente strappa un sorriso di divertimento che, subito dopo, diventa amaro, perché il mappamondo gonfiabile in PVC di cm Ø300, così costipato nell’angusto spazio della cabina, che nonostante lo comprima, sembra che voglia sfuggire e volare via, conducono a ben altri pensieri.

Totalmente inaspettata è la versione grafica di Maurizio Savini che appronta, su una parete della cabina 28, quarantacinque disegni su carta di mais di cm 49×22, attraverso i quali mostra il suo quotidiano e racconta il suo intimo, a volte anche con quel giusto pizzico di ironia.

Cabine d’Artista – Abbi cura

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Daniela Trincia nasce e vive a Roma. Dopo gli studi in storia dell’arte medievale si lascia conquistare dall’arte contemporanea. Cura mostre e collabora con alcune gallerie d’arte. Scrive, online e offline, su delle riviste di arte contemporanea e, dal 2011, collabora con "art a part of cult(ure)". Ama raccontare le periferie romane in bianco e nero, preferibilmente in 35mm.

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