Biennale di Venezia la 58. Esposizione Internazionale d’Arte – May You Live In Interesting Times

Se il titolo May You Live In Interesting Times della 58. Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia, individuato dal curatore Ralph Rugoff (che ricalca un’espressione della lingua inglese che evoca periodi di incertezza, il disordine e il caos), mirava, per l’appunto, a sottolineare l’incertezza, ha pienamente centrato il suo intento. Soprattutto per quel che riguarda il disordine e il caos. Perché di disordine e caos, in questa edizione, se ne trova tanto, anzi troppo.

Un disordine che non rispecchia fedelmente la nostra epoca, ma l’aspetto curatoriale nella scelta delle opere (che essendo, per l’appunto, una scelta personale, può essere accolta e non condivisa), soprattutto, nella loro presentazione e allestimento. Anche lui caduto nella trappola dei numeri, e quindi della quantità, erroneamente intesa come qualità e capacità.

immagine per May You Live In Interesting Times
Roman Stańczak, Flight

L’esagerata moltitudine di opere, oltre a confondere il visitatore, per la dichiarata intenzione di doppiarne la presenza nelle due sedi dell’Arsenale e dei Giardini, risulta disorganica, slegata, decontestualizzata: lavori accostati, o meglio, piegati ad una discutibilissima idea di fondo (due esempi su tutto sono gli imbarazzanti accostamenti del Muro Ciudad Juárez di Teresa Margolles a Can’t help Myself, il braccio meccanico artificiale di Sun Yuan e Peng Yu; Group of Articles di Rosemarie Trockel vicino a La Faucheuse di Jean-Luc Moulène, ovvero, un pugno in un occhio).

In siffatto panorama, in molti leggono, per l’appunto, lo specchio dei nostri tempi. Interpretazione da cui si dissente perché, seppur pochi, esistono artisti e lavori potenti: la difficoltà è scovarli.

Se, invece, per specchio dei tempi si intende il rilancio al ribasso, l’accontentarsi, l’accettare qualsiasi lavoro purché si esponga qualcosa, la superficialità, la mancanza di artisticità, di domande, di ossessioni, allora sì, questa esposizione è perfettamente lo specchio dei nostri tempi. È per questo che, in tale mesto panorama, spiccano ancora di più quei lavori con un indiscusso spessore, elaborazione, significato.

Stendendo un velo pietroso sulla mostra internazionale, ma anche sul padiglione italiano (del quale è stato abbondantemente e sufficientemente scritto e che ormai è diventato una sorta di “lascia o raddoppia” nei pronostici e nelle speranze di tutti), nelle ultime edizioni si era riusciti a rintracciare, in alcuni lavori, un fil rouge, delle affinità elettive.

Questa volta, dove a farla da padrone è il generale vuoto pneumatico, si riconosce la validità soltanto di tre padiglioni: Brasile, Polonia e, ça va sans dire, Lituania che, a mani basse, ha vinto il Leone d’Oro come miglior padiglione.

Il curatore Gabriel Pérez-Barreiro ha invitato gli artisti Bárbara Wagner & Benjamin de Burca che, nel Padiglione Brasile, hanno realizzato Swinguerra, una trascinante e coinvolgente video-installazione nella quale si fondono tradizione, cultura, politica, attualità.

Il titolo, fusione di swingueira, una danza popolare del Brasile nordorientale, con guerra, sottolinea quelle tensioni sociali e politiche che attraversano il paese, e, allo stesso momento, dimostra quanto la musica e la danza siano in grado di abbattere e superare certi pregiudizi e siano capace di accogliere, in un caloroso abbraccio, chiunque si voglia avvicinare ad esse, senza attenzione all’aspetto fisico né agli orientamenti sessuali.

Un’installazione nella quale perdersi nei colori, nel ritmo, negli sguardi, nelle espressioni del viso, nel movimento (spesso lussurioso e erotico) dei corpi, quasi triviale.

Roman Stańczak, nel Padiglione Polonia curato da Łukasz Mojsak e Łukasz Ronduda, presenta l’eccezionale scultura Flight, un aeroplano privato di lusso che occupa l’intero spazio del padiglione.

L’artista, però, sottopone l’apparecchio a un doppio ribaltamento, capovolto e rovesciato, portando letteralmente all’esterno quello che era all’interno. In un certosino lavoro di smontaggio e rimontaggio, comprime al suo interno tutto ciò che è relativo alla meccanica, e porta all’esterno sedili, pannelli di controllo e così via. Operazione che lo rende completamente inservibile, trasformandolo in un oggetto del tutto inutile.

Così alterato e sistemato, il velivolo trasmette altresì l’inquietante sensazione di una catastrofe, principalmente economica, che consente all’1% della popolazione di detenere la ricchezza mondiale, creando, così, delle tragiche sperequazioni anche culturali.

Allo stesso modo, vuole sottolineare quanto la casualità possa improvvisamente cambiare alcuni destini, e come alcune illusioni dell’uomo siano effimere e soggette a repentini stravolgimenti, nell’ineluttabile destino di ogni essere vivente.

Dislocato nell’Edificio 42 dell’Arsenale della Marina Militare, nelle Fondamenta Case Nuove, nei pressi di Campo de la Celestia, l’installazione ambientale Sun & Sea pervade l’intero spazio del Padiglione Lituania al cui interno si svolge, ogni mercoledì e sabato, dalle ore 10.00 alle ore 18.00, con cicli di 70minuti, la performance ideata dal collettivo Neon Realism (Lina Lapelyte, artista, compositrice e musicista, Vaiva Grainyte, scrittrice, drammaturga e poetessa, e Rugile Barzdziukaite, filmmaker e regista teatrale), curata da Lucia Pietroiusti.

Una didascalica porzione di spiaggia assolata (quasi una trasposizione di quelle di Massimo Vitali), senza mare, abitata da comuni persone, tra loro eterogenee che, in costume da mare, espongono la loro pelle al sole, gustandone il calore.

Una ragazza, un’appesantita coppia, una spensierata famiglia, una coppia giovane, due gemelle, e così via, a rappresentare i comuni fruitori di una spiaggia libera immersi nel loro personale mondo, tra ombrelloni, asciugamani, sdraio, ciabatte, ciambelle, borse e zainetti.

Ad un tratto uno di loro dà vita ad un canto lirico corale di tredici voci che vocalizzano delle storie (è possibile acquistare il vinile catalogo dell’intera esecuzione).

Solleticando lo spirito voyeuristico che pervade ogni persona, il pubblico osserva, così, dall’alto di una balconata che percorre tutt’e quattro i lati perimetrali del padiglione, questo colorato tableau-vivant.

Teresa Margolles-Muro Ciudad Juárez

E, nonostante l’apparente immobilità fisica e temporale, costruita dal tempo sospeso della luce, che non muta mai di intensità, il tempo è in realtà scandito dal riproporsi del coro.

Il pubblico diventa spettatore di un’inusuale pièce teatrale, che perde la profondità tridimensionale del palco, per trasformarsi in una rappresentazione bidimensionale, pressoché statica, il cui maggior movimento è dato dalla modulazione della voce.

58. Esposizione Internazionale d’Arte – May You Live In Interesting Times

  • Biennale di Venezia
  • dall’11 maggio al 24 novembre 2019
  • orario: dal martedì alla domenica, dalle ore 10.00 alle ore 18.00
  • ingresso: Intero € 25; Ridotto € 22
  • sedi principali: Venezia, Giardini e Arsenale
  • info: www.labiennale.org
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Daniela Trincia nasce e vive a Roma. Dopo gli studi in storia dell’arte medievale si lascia conquistare dall’arte contemporanea. Cura mostre e collabora con alcune gallerie d’arte. Scrive, online e offline, su delle riviste di arte contemporanea e, dal 2011, collabora con "art a part of cult(ure)". Ama raccontare le periferie romane in bianco e nero, preferibilmente in 35mm.

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