Animali notturni di Tom Ford. I molteplici livelli delle finzioni narrative

Il Poster

Animali notturni è un film programmato ad inizio stagione, un buon film con buoni  incassi, ultimamente anche in home video. Tratto da un romanzo di Austin Wright, dal titolo Tony e Susan è stato sceneggiato, con l’inserimento di idee originali, da Tom Ford uno stilista di alto livello, che ne ha curato anche una perfetta regia (Premio Speciale della Giuria a Venezia).

Film su una apparente storiaccia di stupri e di vendette, raccontata da uno scrittore fallito, Edward Sheffield (Jake Gyllenhaal) e rivissuta dalla ex moglie Susan Morrow (Amy Adams), attraverso la lettura notturna del romanzo, a lei dedicato. Ad una donna bella, raffinata, sofisticata, che vive in ambienti asettici come i musei e gli uffici d’arte, in case rarefatte con piscine e vetrate che danno su panoramiche illuminate, quest’uomo provinciale, mezzo fallito e terragno racconta brutalmente di un inseguimento in macchina lungo le polverose strade del Texas da parte di tre balordi. Del rapimento di una moglie e di una figlia. Della  fuga disperata di un uomo, mista di sudore ed adrenalina, della caotica ricerca delle due donne, ritrovate stuprate e uccise.

Si coglie subito un filo sottile che collega i molteplici livelli di narrazione di Tom Ford. La fredda vita quotidiana, fatta di successo e di solitudine, l’idea trash dell’arte, la finzione letteraria, la riduzione di racconto personalizzato da una donna, la trasformazione estetico-visiva in multipli, attraverso le immagini quotidiane, il thriller romanzesco ed i flashback di contralto. Susan sta passando un momento di crisi con l’attuale matrimonio ed il lavoro e nella sua aridità e solitudine viene catturata dal racconto, consumando pagine e pagine, in notti sempre più nere e profonde, risalendo il suo tempo passato, attraverso l’ identificazione del protagonista con l’ex marito. Fino ad arrivare alla sanguinosa resa dei conti, in un paesaggio rossastro degradato e selvaggio, tra il protagonista ed il superstite dei balordi, determinata e senza scampo per entrambi.

Ma se come si è detto il plot narrativo non è originale la forza del film è nella  trasposizione mediata di una situazione virtuale letteraria in un vissuto reale. E questo a sua volta diventa finzione cinematografica, che intreccia e sovrappone i vari livelli narrativi.  Pochi registi riescono a descrivere così bene lo stato d’animo di un lettore catturato da una fiction, e lo sanno rendere con quella estetica dell’eccesso. Tom Ford con il suo stile raffinato di ripresa, di chiaroscuri e di luminosità, di primi piani e panoramiche, con le sue creative idee di narrazione, con l’artificio artistico che lo anima riesce a renderlo finzione e realtà insieme.

Il film si apre con una mostra d’arte fatta di installazioni: donne grasse ed enormi con le carni flaccide che ballano nude vestite da majorette su alcuni schermi, mentre al centro della stanza sempre le stesse donne statuarie come perfette copie riposano su dei ripiani-letto (la teoria del doppio). Susan è una gallerista di successo, una di quelle arrivate, ma una donna che aveva cercato anche una vita, fuori del suo ambiente familiare “ricco, conservatore, religioso, sessista, razzista, materialista, narcisista, intollerabile” e invece ha sfondato proprio con tutti questi aggettivi. Quando la madre le aveva detto: “I valori in cui crediamo ti sembrano insulsi ma ti sbagli. Tra qualche anno le cose borghesi, come ti piace chiamarle, saranno molto importanti per te ed il sensibile, romantico Edward non sarà in grado di dartele perché è povero, non è motivato, non ha ambizioni.”
E lei le aveva poi dato ragione.

Ora Susan traversa elegante e sicura la stanze del suo lavoro, le sale di musei postmoderni, le scale di mostre d’arte da lei create, con colori che vanno dal bianco sporco al grigio, al plumbeo. E confida ad una amica : “Una cosa strana è che l’arte non mi interessa più.  Mi sono stancata di sentire parlare di felicità. E poi io non ne ho diritto. – E l’amica – Tu sei troppo dura con te stessa.” Ad un amico che le dice: “L’inaugurazione è stata spettacolare. Il tuo lavoro è così perfetto, per questa cultura-spazzatura in cui viviamo. Il tuo successo è pazzesco e solo se uno ama veramente quello che fa…” Lo interrompe Susan: “Perché lo facciamo?”  “Perché siamo ispirati – continua l’amico  – Perché gli diamo un significato. Goditi la magica assurdità del nostro mondo. Perché credi il nostro mondo è molto meno doloroso di quello reale.” Questa è la cartina di tornasole con la quale il geniale Tom Ford cerca di far vedere l’altra parte, quella  meno nota dell’arte, della finzione rispetto al reale.

Poi i flashback del passato tornano nel silenzio della solitaria casa, piena di luci fredde ed ombre. Tutto si mescola nel film di Tom Ford: nella sua lunga catarsi la protagonista dice ad una collega: “ Il mio ex marito era uno scrittore. Lo amavo ma non avevo fiducia in lui. Gli ho fatto una cosa orribile, presa dal panico l’ho lasciato in un modo brutale. Pensi mai che la tua vita sia diversa da come la volevi?”

La affascinante Susan davanti ad uno specchio (il doppio) si strucca, si mette un vestito giovanile e si reca in un locale esotico ad aspettare il ‘sogno’ del suo passato.

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Pino Moroni ha studiato e vissuto a Roma dove ha partecipato ai fermenti culturali del secolo scorso. Laureato in Giurisprudenza e giornalista pubblicista dal 1976, negli anni ’70/80 è stato collaboratore dei giornali: “Il Messaggero”, “Il Corriere dello Sport”, “Momento Sera”, “Tuscia”, “Corriere di Viterbo”. Ha vissuto e lavorato negli Stati Uniti. Dal 1990 è stato collaboratore di varie Agenzie Stampa, tra cui “Dire”, “Vespina Edizioni”,e “Mediapress2001”. E’ collaboratore dei siti Web: “Cinebazar”, “Forumcinema” e“Centro Sperimentale di Cinematografia”.

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