Licorice Pizza. La nostalgia della giovinezza anni settanta.

Licorice Pizza di Paul Thomas Anderson è un film nostalgia sugli anni ’70, in cui l’America viveva ancora il “sogno americano” delle grandi opportunità. E’ anche un film nostalgia sull’adolescenza, che corre veloce verso la maturità, ed all’opposto sulla giovinezza che frena perché non vuole maturare.

Un film nostalgico sul gusto delle libertà esistenziali e sociali conquistate con le rivoluzioni giovanili degli anni ’60. E anche un film di nostalgia (Licorice Pizza era una catena di negozi di vinile) sulle favolose musiche di David Bowie, Doors, Paul McCarty, Nina Simone, Sonny Rollins, Cher, Donovan, che Anderson ha ben scelto, coadiuvato da Johnny Greenwood autore della colonna sonora del film. Un’epoca che malgrado le crisi energetiche e le derive violente rosse e nere ricordiamo con nostalgia anche in Italia.

immagine per Licorice Pizza. La nostalgia della giovinezza anni settantaNon vorrei sbagliare ma in un’epoca di cose molto serie come il riscaldamento globale, le pandemie e le nuove guerre, di paura e di degrado dei sentimenti e dei rapporti oltre che della società tout court, c’è in questo film una buona aria fresca, se non l’apologia di una forma aperta di way of life che ci torna a far sognare gli anni ’70. Quando la creatività giovanile portava nuova linfa ad una società che fino ad allora era stata ingessata e rigida, ipocrita nei sistemi educativi, familiari e sociali, falsamente etici e religiosi.

Nel film infatti c’è anche una critica al sistema maschilista e sessista di una società ancora in cambiamento, nonché di una vecchia e decadente Hollywood, rappresentata da personaggi ormai fuori dallo star system (William Holden interpretato da Sean Penn, il regista Mark Robson interpretato da Tom Waits, Lucille Ball interpretata da Christine Ebersole ed il produttore Jon Peters nonché compagno di Barbra Streisand, interpretato da Bradley Cooper), egocentrici, folli, ubriachi e corrotti, sostituiti dalla New Hollywood degli effetti speciali (Spielberg, Lucas, Disney). Un ambiente del Cinema che ormai sapeva fare solo il verso alle corse in moto di James Dean o Steve MacQueen, o ricordare la grazia della principessa Grace Kelly, tra scandali, violenze e ubriacature.

Paul Thomas Anderson, di cui ricordiamo film amari come Il petroliere, l’arrivismo capitalistico di Magnolia, le fissazioni religiose di The master, od il perfezionismo de Il filo nascosto, triste vita di un creatore di moda, ha voluto alleggerire le sue tematiche ritornando ai ricordi della sua infanzia, attraverso il filtro della vita dei suoi genitori che vivevano a San Fernando Valley a contatto con il mondo del cinema (il padre Ernie annunciatore-conduttore e la madre Edwina attrice).

La storia centrale è quella di un ragazzo di 15 anni Gary (Cooper Hoffman, figlio dell’attore Seymour Hoffman) e di una ragazza di 25 anni Alana (Alana Haim, con le sorelle parte di un gruppo musicale) che nella San Fernando Valley, si incontrano e si allontanano, si attraggono e si rifiutano, collaborano a progetti e cercano la propria strada nello spettacolo, nel business e nella politica di quell’epoca storica.

Due ragazzi imperfetti nei difetti dei loro fisici (grassoccio e con acne giovanile lui, naso da ebrea ed atteggiamenti scomposti lei), pieni di confusione mentale ma ricchi di spensieratezza e purezza. Un cinema autentico, non certo un American Graffiti, troppo oleografico e con attori troppo ben curati e perfetti.

Una narrazione libera, fuori da ogni convenzione di racconto filato, piena di scarti e di giravolte, quasi frutto di illogicità, sempre in attesa di qualcosa che riesca a legare  queste due entità di ragazzo e donna, qualcosa di inaspettato, che però arriva con una corsa l’uno verso l’altra (e ce sono parecchie) ma poi, come nella vita regolata dal caso, con ognuno che riparte per qualche altra avventura come è giusto per la giovinezza, di cui il film ne fa un mito ormai perduto, forse non solo per i vecchi, ma anche per i giovani.

Con momenti di corteggiamento, di gelosia, di dispetti e tradimenti. Con continue occhiate innamorate ed odiose. Non ci sono scene da prurito erotico ma appena lo sfiorarsi leggero ed accidentale di mani e gambe, sfumate carezze della pelle, ed abbracci familiari, con tanto amore dentro, quasi platonico.

Con una descrizione puntuale delle attività creative delle vendite a domicilio di materassi ad acqua o della installazione di sale da flipper. Con le feste ed i locali deputati al divertimento dei giovani di allora, sia fast food, locali da ballo e da bevute od eleganti locali da rimorchio.

Paul Thomas Anderson (regista, sceneggiatore e direttore della fotografia) ci ha descritto quel momento di libertà e spensieratezza, con tono, ritmo e stile fotografico, originali piani sequenza e carrellate laterali, montaggio, tutto con una tecnica perfetta come lui solo sa fare, così bene che fa anche così bene!

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Pino Moroni ha studiato e vissuto a Roma dove ha partecipato ai fermenti culturali del secolo scorso. Laureato in Giurisprudenza e giornalista pubblicista dal 1976, negli anni ’70/80 è stato collaboratore dei giornali: “Il Messaggero”, “Il Corriere dello Sport”, “Momento Sera”, “Tuscia”, “Corriere di Viterbo”. Ha vissuto e lavorato negli Stati Uniti. Dal 1990 è stato collaboratore di varie Agenzie Stampa, tra cui “Dire”, “Vespina Edizioni”,e “Mediapress2001”. E’ collaboratore dei siti Web: “Cinebazar”, “Forumcinema” e“Centro Sperimentale di Cinematografia”.

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