Festa del Cinema di Roma #12. C’est la vie, prendila come viene e sorridi.

Voilà! Eccolo il cinema francese in cui due registi giovani, Eric Toledano e Olivier Nakache, ma di successo (Quasi amici del 2011) scrivono un soggetto su un evento importante come un matrimonio, cercano un attore-sceneggiatore di grande esperienza come Jean Pierre Bacri e condividono con lui la sceneggiatura, facendolo diventare l’interprete principale, il maitre a penser della grande festa.

Oltre agli incassi già stratosferici in Francia (4 milioni di spettatori solo nella prima settimana) e la distribuzione sicuramente felice in Italia, Europa ed America, la stessa sceneggiatura sarà trasformata in piéce teatrale e ne saranno venduti i diritti, per girare dei remake, come sempre, in Italia o a Hollywood.

Questo è il cinema che a noi manca. Noi che ripetiamo sempre la commedia all’italiana senza più saperla adattare ai nostri tempi.

Il ruolo del grande attore francese Jean Pierre Bacri, come si dice in Francia, è superbo.

Ma a veder bene non è altro che l’interpretazione delle molteplici esperienze nelle sue innumerevoli troupe e dei tanti inconvenienti sui set. Bacri ha recitato a teatro e nel cinema ed ha scritto ed interpretato insieme alla regista Agnés Jaoui, sua moglie, alcuni film di cui il più noto è Il gusto degli altri (2000), un capolavoro di commedia degli equivoci, elegante e brillante. Quindi si è un po’ raccontato ed il suo personaggio è fatto su misura per esplorare la sua personalità di uomo e di attore.

immagine di C'est la vie - Prendila come viene (2017)
C’est la vie – Prendila come viene

Un uomo burbero e spesso spazientito, stressato e insopportabile, ma poi in fondo un brav’uomo, che si prende cura di tutti, dando sempre un’altra possibilità. E soffre di solitudine perché nessuno gli copre le spalle nella sua difficile posizione.

Ma più importante di tutto è la sua filosofia di riuscire a prendere la vita come viene… C’est la vie.

Una sceneggiatura ben pensata e realizzata, con un senso del ritmo e del tempo perfetti per una commedia brillante, permette al film di partire in surplace e poi di correre verso le situazioni previste ed impreviste, che si sviluppano nell’arco di una grande festa, ambientata in un castello nei pressi di Parigi.

Il formicaio dei preparativi in cui si incontrano e si scontrano le persone del gruppo. A cominciare dall’aiutante dell’organizzatore (Eye Haidari), una stravagante puntigliosa nera che non riesce a dimostrare quello che vale e nemmeno a realizzare quello che lui vuole. Una bella segretaria di cui è innamorato, ma con cui non riesce a vivere insieme perché è ancora in un rapporto mortifero con la moglie. Il cognato che indossa sempre il pigiama sotto i vestiti, perché vorrebbe essere a casa, a letto.

Il maestro di cerimonia della festa (Gilles Lelouche) animatore-cantante pressappochista con il suo gruppo musicale. Il fotografo gran mangiatore di tartine e poco professionale (Jean Paul Rouve), accompagnato da uno stagista impertinente, sempre irritato per la concorrenza degli scatti dei cellulari.

E poi i camerieri sindacalizzati o che lavorano in nero, i cuochi, la manovalanza pakistana, l’ispettore della Previdenza, ognuno ha sviluppato con le sue fobie la sua parte, come gli strumenti di un’orchestra per un’unica colonna sonora. A proposito di questa c’è da dire che il jazz di Avishai Cohen raccoglie una sintesi musicale di stili, che accompagna perfettamente i ritmi del film.

Le situazioni poi, soprattutto le impreviste, fanno salire l’attenzione e le risate. Come l’agnello andato a male in cucina, gli amori ed i contrasti che nascono all’improvviso, il logorroico discorso dello scorbutico sposo (Benjamin Lavernhe della Comédie Francais) ed il suo volo con il pallone aerostatico, il lungo black out della luce nella notte.

I registi hanno diretto un’opera puzzle, su un argomento non originale, in cui ogni attore ha sviluppato un personaggio, aggiungendo note di colore necessarie per alimentare quella continua atmosfera di divertimento che è piaciuta tanto agli spettatori.

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Pino Moroni ha studiato e vissuto a Roma dove ha partecipato ai fermenti culturali del secolo scorso. Laureato in Giurisprudenza e giornalista pubblicista dal 1976, negli anni ’70/80 è stato collaboratore dei giornali: “Il Messaggero”, “Il Corriere dello Sport”, “Momento Sera”, “Tuscia”, “Corriere di Viterbo”. Ha vissuto e lavorato negli Stati Uniti. Dal 1990 è stato collaboratore di varie Agenzie Stampa, tra cui “Dire”, “Vespina Edizioni”,e “Mediapress2001”. E’ collaboratore dei siti Web: “Cinebazar”, “Forumcinema” e“Centro Sperimentale di Cinematografia”.

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