I due volti del cinema attuale. Il realismo classico e gli universi fantastici.

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In attesa della notte degli Oscar (12 marzo 2023), il premio più conosciuto dagli spettatori di tutto il mondo, in America sono stati assegnati altri due importanti premi dei critici cinematografici ai film della passata stagione per quelle categorie che ormai tutti conoscono: Miglior film, Miglior regista, Migliore sceneggiatura, Migliori attrici/attori protagonisti e non protagonisti e a seguire i Premi Tecnici come fotografia, montaggio, musiche, costumi, effetti speciali etc.

E come in passato, queste due anteprime potrebbero rispecchiare i Premi futuri per gli Oscar.

In sociologia (Zygmunt Bauman) la modernità è la convinzione che il cambiamento è l’unica cosa permanente e che l’incertezza è l’unica certezza. Il corollario di questa tendenza alla incertezza globale è che tutto è vero e/o falso e che il presente, in attesa di nuove certezze, si presenta sempre a due facce, una rivolta verso il passato ed una verso il futuro.

Con queste premesse si possono ora analizzare i due premi che hanno anticipato gli Oscar e che hanno presentato esattamente le due idee e tendenze del cinema attuale.

I primi premi sono stati assegnati al Beverly Hilton Hotel di Beverly Hills (California) l’11 gennaio. Si chiamano Golden Globe (alla loro 80a edizione) e sono assegnati da una giuria di circa novanta giornalisti della Stampa estera iscritti alla Hollywood Foreign Press Association. Quest’anno, considerando i premi principali, più importanti, ha vinto Steven Spielberg con The Fabelmans (miglior film drammatico, miglior regia) e Gli spiriti dell’isola di Martin McDonagh (miglior film commedia e migliore sceneggiatura).

I secondi premi sono stati assegnati al Fairmont Century Plaza Hotel (California) il 16 gennaio. Si chiamano Critics Choice Movie Awards e sono assegnati da una giuria di 250 critici cinematografici statunitensi appartenenti alla Broadcast Film Critics Association. Sempre considerando i premi principali, hanno vinto i Daniels (Daniel Kwan e Daniel Scheinert) con Everything, Everywhere, All at once ovvero Tutto, ovunque, nello stesso momento (miglior film, miglior regia, migliore sceneggiatura originale, miglior montaggio, miglior attore non protagonista).

Il film di Spielberg, The Fabelmans, è basato sulla vita reale dello stesso autore, una semi-autobiografia della prima parte della sua vita. Una memorabilia di stilemi e generi classici come la vita familiare anni ’50, il racconto di formazione giovanile, l’adolescenza studentesca alla High School, i primi amori, i camping nei boschi e le vacanze al mare, i disagi familiari e sociali, condita di intimismo nel solco dei film melò, molto frequentati dal cinema classico americano.

Ed infine la vocazione a diventare un grande regista (un passato da self made man in cui gli americani, malgrado i cambiamenti della modernità, si identificano sempre). Il primo film impresso nella memoria (Il più grande spettacolo del mondo di Cecil B. De Mille), la prima super 8.

La passione ispirata e profusa nei primi film amatoriali sulla famiglia, sul western, sui film di guerra. La scoperta della nuda verità familiare, vista nello spezzone di un filmino e la scoperta della fantasia sullo schermo per coprire la verità. La rivelazione del reale contro la fascinazione effettistica di cui è pieno il suo cinema.  Viene naturale pensare che il regista nella sua carriera ha fatto tanti soldi con mostri (Lo squalo), dinosauri (Jurassic Park), extraterrestri (E.T.), e altre avventure da circo (Indiana Jones). Ed ora scopre la realtà, il cinema chiamato classico.

Un finale pragmatico, con il suo ingresso agli Universal Studios, dove iniziando dal basso, comincia ad apprendere dai grandi maestri (John Ford) la prospettiva, anzi l’inquadratura migliore per fare un film. “Se la linea dell’orizzonte è posta in alto od in basso l’immagine risulta interessante, se è al centro è una noia mortale”. Dice John Ford al nuovo arrivato senza promettergli niente. Sono gli Studios delle Majors degli anni ’60, dove si riversa tutta l’America giovane.

Torniamo ora agli altri vincitori di premi, i Daniels con Everyting, Everywhere, All at once. Film tutto stravagante e tecnologico per fantasia sfrenata, suoni, colori, sensazioni e generi cinematografici (wuxia, animazione, ciberpunk, frammenti spaziotemporali), pieno di mondi infiniti, natura viva ed umanità morta.

Con meccanismi narrativi, sempre eccessivi verso il nonsense. Chi governa è il multiverso, ripreso dalla fisica teorica, dove esistono ‘universi coesistenti’ fuori dal nostro. Un insieme di mondi possibili molto abusato nei cinecomics dei supereroi della Marvel.

Qui è una cinese che lavora in una lavanderia con il marito che viene catapultata in dimensioni parallele, in un viaggio quasi lisergico dentro situazioni surreali che arrivano al paradosso, anche in maniera velocissima e poco recepibile. Siamo giunti alla frontiera della comprensione, ma lo spettacolo è maggiore dei mostri, dinosauri, alieni ed avventure di Spielberg. Il quale invece a 78 anni ha virato verso il sogno classico.

Ora attendiamo gli Oscar. Vincerà il passato o il futuro?

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Pino Moroni ha studiato e vissuto a Roma dove ha partecipato ai fermenti culturali del secolo scorso. Laureato in Giurisprudenza e giornalista pubblicista dal 1976, negli anni ’70/80 è stato collaboratore dei giornali: “Il Messaggero”, “Il Corriere dello Sport”, “Momento Sera”, “Tuscia”, “Corriere di Viterbo”. Ha vissuto e lavorato negli Stati Uniti. Dal 1990 è stato collaboratore di varie Agenzie Stampa, tra cui “Dire”, “Vespina Edizioni”,e “Mediapress2001”. E’ collaboratore dei siti Web: “Cinebazar”, “Forumcinema” e“Centro Sperimentale di Cinematografia”.

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