Lasciati andare. Tanti luoghi comuni ravvivati da un annoiato Tony Servillo

Tony Servillo. Lasciati andare.

Fioccano in questo periodo –  come la neve a Natale, e i fiori al vento a Pasqua – film italiani minimalisti e senza colore. Dopo aver scelto tra ormoni che cambiano uomini in donne e viceversa in Moglie e marito, coppie che si fanno del male a carne in Piccoli crimini coniugali, in Tenerezza melò, e storie di ex criminali in Permesso, la scelta quasi obbligata è andata al film che nelle ultime settimane è stato pompato ovunque come molto divertente ed originale Lasciati andare di Francesco Amato.

Tony Servillo. Lasciati andare.

Tony Servillo in un ruolo comico si era già visto in Lascia perdere Johnny (2007), diretto da Fabrizio Bentivoglio. Ma era veramente un film divertente, che aveva una sua forza umana ed anche una solida struttura di cinema d’autore. Lasciati andare è sembrato un compitino stiracchiato e scopiazzato in cui Servillo deve faticare a non rendersi ridicolo nei panni di un poco serio professionista (ipnotista), che per togliere la pancia e qualche chilo di troppo è costretto a fare sport. Con i luoghi comuni sulle sedute psicanalitiche (alla Nanni Moretti) e quelli sulle palestre e sullo jogging di città di tante recenti commediole. Non è riuscito nemmeno l’affiancamento con una personal trainer svitata e casinara (una troppo caricata Veronica Echeguy) con la quale non si capisce se riesce a far scattare una scintilla d’amore o preferisce rimanere nel limbo della solidarietà amicale. Anche perché c’è una moglie che lo serve più che una schiava (una brava Carla Signoris) che non riesce mai a liberarsi di questo parassita umano (ancora una volta un ripetuto Jep Gambardella). E mentre Giacomo, senza Aldo e Giovanni, rappresenta solo un odioso oscuro, Pietro Sermonti è costretto a recitare sopra le righe e prendere schiaffi. Infine Luca Marinelli, in coppia con un altro avanzo ucraino, si ripete nelle sue occhiatacce ed azioni da cattivo de Lo chiamavano Jeeg Robot, per far solo ridere con una superficiale parodia.

Si fa fatica a pensare che questa è l’ultima ondata di film prima della tarda primavera-estate. Una considerazione. Nella stagione 2016 La pazza gioia di Paolo Virzì era stata premiata con i Nastri d’argento (miglior film, migliori attrici protagoniste, migliore sceneggiatura, migliore colonna sonora). Nel 2017 la stessa pellicola è stata premiata con i David di Donatello (miglior film, miglior regia, migliore attrice protagonista, migliore scenografia, migliore acconciatore). E quest’anno?

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Pino Moroni ha studiato e vissuto a Roma dove ha partecipato ai fermenti culturali del secolo scorso. Laureato in Giurisprudenza e giornalista pubblicista dal 1976, negli anni ’70/80 è stato collaboratore dei giornali: “Il Messaggero”, “Il Corriere dello Sport”, “Momento Sera”, “Tuscia”, “Corriere di Viterbo”. Ha vissuto e lavorato negli Stati Uniti. Dal 1990 è stato collaboratore di varie Agenzie Stampa, tra cui “Dire”, “Vespina Edizioni”,e “Mediapress2001”. E’ collaboratore dei siti Web: “Cinebazar”, “Forumcinema” e“Centro Sperimentale di Cinematografia”.

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