Libri Come 2023. Storia della Russia e L’inquilino o il potere del palazzo

Storia della Russia. Storia e potere da Vladimir il grande e Vladimir Putin (Ed. Mondadori) di Orlando Figes è stato presentato a Libri Come 2023 da Andrea Romano.

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Foto Piero Bonacci

La prima domanda di Andrea Romano allo storico Orlando Figes è la domanda chiave per capire quale è il modello  di comportamento del potere russo: “La Russia è condannata dalla sua storia? Ci possono essere alternative alle caratteristiche che si ripropongono da secoli? (Autocrazia, potere politico e sacralità, guerra, violenza massiccia, esìli, lager). In occasione della guerra con l’Ucraina forse è il caso di capire meglio la cogente situazione storica russa.

Orlando Figes ha confermato che, considerate le radici autoritarie del sistema russo, è difficile che la Russia possa cambiare e prendere una strada diversa. Se anche finisse Putin non finirebbe l’idea sacrale di identificare il potere con un uomo forte. Ed il pronostico inevitabile è che la guerra duri ancora molto.

Romano ha ricordato che le esperienze di guerra per la Russia sono state spesso perdenti. Già con le dominazioni di Ucraina e Polonia, con la guerra (trattato di pace tradito) contro i turchi, con la prima disastrosa guerra mondiale (armistizio), con il disperato dopoguerra della seconda, con gli eventi della guerra fredda, con la corsa allo spazio, con l’Afganistan e non ultima la caduta del muro di Berlino. Tutte queste idee giocano nell’immaginario russo contro l’occidente, sempre nemico da combattere.

Altra domanda importante: “Potrebbero alcuni gruppi più evoluti modificare qualcosa”? Per Figes non c’è mai stato scambio tra intellettuali e potere. Come da sempre già all’inizio di questa guerra (e non era molto diverso prima) c’è stato un giro di vite e la propaganda è stata molto efficace perché ha giocato su ideologie sempre vincenti. I contrari illuminati hanno cercato di scappare all’estero, molti sono in prigione od in piccole bolle di clandestinità. I servizi segreti di un regime totalitario e repressivo sono altamente efficienti.

La domanda di Romano è ancora una volta essenziale: “Putin è molto popolare perché rassomiglia a Stalin o perché rassomiglia alla società che lo elegge e lo approva?

Per Figes Putin non è un altro Stalin ma si rifà alla posizione imperiale di Stalin anche usando espressioni di quel periodo. La Russia è ancora un impero e l’Ucraina fa parte della Russia. Non esistono repubbliche federate che possano fare la secessione. Non esiste opposizione di massa perché i russi ai quali viene instillato il patriottismo, si ricordano bene le repressioni e quindi hanno paura ed hanno imparato ad essere acquiescenti.

Romano ha ricordato che con il modello ormai abusato della terza Roma, la Mosca di oggi è diventata la capitale del sovranismo mondiale. E Figes ha confermato che in fondo Mosca, capitale imperiale, che rappresenta l’identità nazionale, ha un certo fascino universale. Inoltre la Russia, con la caduta di Costantinopoli, si è posta sempre una missione speciale, difendere gli ortodossi in tutto il mondo. E si lega bene all’idea che tutti i russofoni, anche fuori dei confini, sono entro la sacra missione russa.

Romano ha chiesto se il potere di Putin potrebbe barcollare e la Russia frantumarsi. La risposta di Figes è stata che Putin potrebbe passare ma il putinismo continuerebbe, così come la guerra. Alla domanda finale “potrebbero nascere altri elementi separatisti da provocare una disgregazione?” Disgregare la Russia, ha risposto Figes, sarebbe un disastro mondiale.

Il libro “L’inquilino. Da Monti a Meloni. Indagine sulla crisi del sistema politico” di Lucia Annunziata è stato presentato a Libri come 2023 dall’autrice accompagnata da Marco Damilano e Giovanni Floris. (Tutta la documentazione usata per la sua stesura, le testimonianze sui retroscena e le interviste inedite ed anonime sono state depositate alla Fondazione Feltrinelli, editrice del libro).

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Lucia Annunziata e Marco Damilano Foto Piero Bonacci

Marco Damilano ha chiamato il libro “il romanzo del potere italiano”, sottolineando che nel seguire la storia di sette governi (guidati da sei premier), che si sono succeduti dal 2011 al 2022, Lucia Annunziata ha dettagliato con cura, divertita e perfida, tutto quello che è successo intorno agli inquilini di Palazzo Ghigi (dalla loro scelta alle loro dimissioni), fino ad arrivare alla frase ‘collasso del sistema politico’, con la sconfitta dell’uomo più importante italiano, Mario Draghi (tra l’altro ex Presidente della BCE).

A partire dalle prese di posizione (pro o contro) dei Presidenti della Repubblica Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella, che hanno ricoperto entrambi due mandati e spesso pilotato le varie elezioni – ha aggiunto Annunziata. –  Quasi tutti i partiti sono entrati al governo, con il PD in posizione privilegiata. Malgrado la collocazione internazionale, che ha però oscillato sempre tra sovranismo ed europeismo, quasi tutti gli inquilini non hanno potuto evitare di essere optati come attori esterni al sistema per differenti ragioni contingenti. Quattro su sei non erano neppure eletti in parlamento (sono stati Mario Monti, Enrico Letta, Matteo Renzi, Paolo Gentiloni, Giuseppe Conte (due volte), Mario Draghi).

Sono stati raccontati dieci anni di evoluzione aperta, non scontata – ha detto Floris – seguiti attimo per attimo, ma all’interno di un mutamento storico, dentro un quadro politologico puro. Alcuni inquilini – ha continuato Annunziata – imposti e non voluti come Monti e Draghi, altri sospinti per empatia dai movimenti sociali, alla ricerca della consacrazione di una competenza che si fondesse con la felice spinta iniziale (Renzi, Conte e Meloni).

Tutte le democrazie sono ammalate dello stesso male – ha allargato il discorso ad una tendenza internazionale Lucia Annunziata. – Malgrado la forte richiesta di comunicazione tra cittadini ed istituzioni ovunque si vada l’indice di fiducia diventa sempre più basso. Il processo di distacco sempre più acuito, e la politica (ormai fatta di gossip) è diventato lo show più divertente del momento. Come la intervista e la scelta di Conte (nottetempo ed in gran segreto in un grattacielo di Milano) per il suo primo governo, per evitare liti tra Lega e Cinque Stelle (Salvini e Di Maio, due Vice nell’ombra).

L’unico mito che ancora resiste è rimasto quello dell’uomo che da solo possa decidere le riforme (Repubblica Presidenziale) ma l’esempio della Francia, oggi con i movimenti di piazza ed il basso gradimento del Presidente Macron stanno a dimostrare che la sfiducia è arrivata anche in quel sistema.

Damilano ha evidenziato che abbiamo reso tutto intercambiabile. Anche Draghi, uomo della finanza, delle banche, dei poteri forti, è stato eletto da tutti quelli che erano contro questi poteri. Poi l’arrivo delle donne (Meloni e Schlein) che tutto erano meno che previste ad arrivare ad un posto di comando – ha detto Annunziata. – Ma qual è la possibilità nel futuro per il potere di sopravvivere contro ondate sempre più forti di contestazione, di rancore popolare (Monti e Draghi) o di rigetto (Renzi e Salvini)?

Alla domanda di Floris su cosa pensi della Rai, Lucia Annunziata ha risposto che, malgrado le volte che l’ha lasciata ed è ritornata, è la più grande azienda di comunicazione italiana ed i giornalisti riescono a fare il loro mestiere in libertà. In un sistema internazionale, basato sul potere economico delle aziende, la Rai è ancora quello che serve per fare la narrativa – ha concluso Annunziata.-

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Pino Moroni ha studiato e vissuto a Roma dove ha partecipato ai fermenti culturali del secolo scorso. Laureato in Giurisprudenza e giornalista pubblicista dal 1976, negli anni ’70/80 è stato collaboratore dei giornali: “Il Messaggero”, “Il Corriere dello Sport”, “Momento Sera”, “Tuscia”, “Corriere di Viterbo”. Ha vissuto e lavorato negli Stati Uniti. Dal 1990 è stato collaboratore di varie Agenzie Stampa, tra cui “Dire”, “Vespina Edizioni”,e “Mediapress2001”. E’ collaboratore dei siti Web: “Cinebazar”, “Forumcinema” e“Centro Sperimentale di Cinematografia”.

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