Gli sdraiati. Dalla parte dei giovani. Il film

Con il film Gli sdraiati, quattro nomi della nomenclatura degli adulti, più innovativa, Michele Serra (giornalista), Francesco Piccolo (scrittore), Francesca Archibugi (regista) e Claudio Bisio (attore) si sono schierati dalla parte dei giovani.

Senza distinguere tra millenniale post-millennial, e tanto meno tra generazione X o Z, ben oltre i luoghi comuni del potere mediatico sociologico e superando la trita contrapposizione vecchio-giovane, hanno cercato di evidenziare con affetto le caratteristiche degli adolescenti: silenziosi, diretti, taglienti, pieni di omissioni.

Con la loro ormai innata strategia ad evitare gli scontri con la logica invadente dei padri, fabbricata negli anni su preconcetti, richiami all’ordine, alla cultura, al convenzionale, alle banalità quotidiane, sociali e politiche (in ogni senso).

Sdraiati sì, ma con la necessità di fare ogni cosa scelta da loro stessi e non come condizionamento della società dei padri.

La strategia del ribelle rivisitata, cercando di farsi da sé, senza sentire nessuno, soprattutto i padri che hanno fatto un casino della loro vita e vogliono insegnare le morali.

La loro è la ricerca della sicurezza in un mondo pieno di dubbi e di negativo, attraverso un potere di sintesi essenziale, derivante dalla semplificazione delle idee (non contaminate da filosofie, psicologie,  sociologie o antropologie) ed a seguire la velocità del dire e del fare.

Con l’altra necessità di affrettare poi le revisioni e le correzioni, in corsa, per non perdere il minimo di convivenza e connessione con la realtà.

Ho incontrato Michele Serra a Libri Come alla presentazione del libro Gli sdraiati (Feltrinelli) nel 2014, intervistato da Sandro Veronesi. Serra è giornalista satirico (di lui si ricordano “Cuore”, l’allegato de “L’Unità e L’amaca su “La Repubblica”).

Autore di numerosi libri che hanno raccolto selezioni dei suoi controluce sui quotidiani o periodici è scrittore sempre innovativo nella forma e nella sostanza.
Lo ricordo nella sua impotenza a dar forma al suo ruolo di padre; disse:

Ciò che vuole ogni padre è che il proprio figlio rifaccia ciò che lui ha fatto nel suo passato. E’ una contrapposizione tra potere e folla di idee da una parte e semplicità e genuinità dall’altra. I genitori sottovalutano le potenzialità e le preferenze dei figli e perciò non trovano gli strumenti per instaurare un rapporto.

La cosa più divertente fu il racconto dell’agognata ascesa con il figlio sui colli della Nasca (che conosceva fin da piccolo), in cui si ritrovò solo e sperduto, mentre il figlio era già arrivato in vetta da solo.

Riferì anche che il figlio era là sdraiato sul divano, misterioso, incompreso, multitasking (studiava chimica, giocava con il tablet e sentiva la musica) e lui lì padre incauto, goffo, senza certezze, né autorità, né sapere, nevrotico, iperprotettivo, con la paura che i neuroni del figlio potessero entrare in connessione, scomporsi. Da psicoanalisi!

E tutto questo l’ho ritrovato nel film della Archibugi.

Francesca Archibugi, è stata coadiuvata nella sceneggiatura da Francesco Piccolo, Premio Strega nel 2014 con Il desiderio di essere come tutti. Sceneggiatore raffinato, ha approfondito spesso la metafora della guerra tra giovani e vecchi.

immagine per Gli Sdraiati, il Poster
Gli Sdraiati, Il Poster

Con i film di Paolo Virzì (My nameis Tanino 2002, La prima cosa bella 2010, Il Capitale umano 2014), di Nanni Moretti (Il caimano 2006, Caos calmo 2008, HabemusPapam 2011, Mia madre 2015) e di Francesca Archibugi (Il nome del figlio 2014), ha vinto due David di Donatello e tre Nastri d’Argento ed avuto altrettante nomination.

Dai tempi di Mignon è partita (1988) Francesca Archibugi ha posato ed approfondito il suo sguardo sull’infanzia e sull’adolescenza, sulle tensioni generazionali, ed il difficile passaggio all’età adulta, caratterizzando  la sua cinematografia con attori giovani.

Usa la macchina da ripresa in chiave intimista, scavando oltre che dentro i turbamenti giovanili e le loro malattie (Il grande cocomero del 1993 parla di crisi epilettiche), anche sulle idiosincrasie ed i segreti dei borghesi più cresciuti (Il nome del figlio 2014).

Ma nel film Gli sdraiati c’è un attore completo, teatrale e cinematografico, che tiene sempre vive le tensioni emotive e brillanti: Claudio Bisio.

Il quale ha già recitato a teatro il testo di Michele Serra nelle ultime stagioni con il titolo Father and son, rompendo, con il consenso dell’autore, gli schemi di un racconto privato e portandolo con la sua verve, con successo,verso la critica sociale (che è quella che in TV paga sempre).

Bisio è quello di Zelig, Facciamo cabaret, Mai dire goal, Leiene show, ecc. Ma è anche quell’attore che ha lavorato con Dino Risi, Mario Monicelli, Giuseppe Bertolucci, Gabriele Salvatores e con i nuovi registi della commedia italiana, come Fausto Brizzi (Ex 2009), Luca Miniero (Benvenuti al sud 2010), Giulio Manfredonia (Si può fare 2008, sui malati di mente), film per i quali ha anche ottenuto delle nomination.

Per il film logicamente si è dovuto calibrare per far posto alla banda di ragazzi.

Ottimi interpreti a cominciare da Gaddo Bacchini nella parte del figlio.

Una segnalazione per la bella ed intensa partecipazione di Cochi Ponzoni nel ruolo del nonno, un vecchio tassista saggio, comprensivo e paziente anche di fronte alla morte.

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Pino Moroni ha studiato e vissuto a Roma dove ha partecipato ai fermenti culturali del secolo scorso. Laureato in Giurisprudenza e giornalista pubblicista dal 1976, negli anni ’70/80 è stato collaboratore dei giornali: “Il Messaggero”, “Il Corriere dello Sport”, “Momento Sera”, “Tuscia”, “Corriere di Viterbo”. Ha vissuto e lavorato negli Stati Uniti. Dal 1990 è stato collaboratore di varie Agenzie Stampa, tra cui “Dire”, “Vespina Edizioni”,e “Mediapress2001”. E’ collaboratore dei siti Web: “Cinebazar”, “Forumcinema” e“Centro Sperimentale di Cinematografia”.

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