Libri Come #4. Lo spagnolo Manuel Vilas, la greca Ersi Sotiropoulos, l’americano Andre Dubus III

Una edizione riuscita quella di Libri Come, Festa del Libro e della Lettura, al suo decimo anno, con la declinazione in tutti i suoi sensi e significati della parola Libertà, mai così adatta ad affrontare un passaggio culturale così complesso come quello attuale. Un riscontro da parte di autori e fenomeni letterari e da un pubblico che ha fatto file per entrare nelle molte sale e gradito con entusiasmo le scelte fatte.

In tutto c’è stata bellezza (Ed. Guanda –  Trad. B. Arpaia). Francesco Piccolo ha presentato l’autore, il giornalista e poeta spagnolo Manuel Vilas. Un libro divenuto un caso letterario, un successo, basato su una indagine profondamente esistenziale. Racconta di un uomo, dopo il suo divorzio, nel suo tentativo di recuperare la propria identità attraverso piccoli dettagliati ricordi sui suoi genitori ormai morti. Nel passato mitizzato della sua infanzia, attraverso la sua rievocazione, il protagonista riscopre la bellezza di quella epoca, del mondo circostante, della vita e della morte.

Francesco Piccolo ha fatto notare che il dolore di un uomo per la perdita del padre e della madre si dilata a perdita della testimonianza di un mondo atavico che fa vacillare il presente.

Una solitudine straziante, assoluta, stemperata solo da ricordi e dalla constatazione sentimentale di aver preso molto dai genitori. Piccolo ha introdotto brani in cui colpisce la forte intimità dei protagonisti ed il loro privato, mentre Vilas, parlando del recupero che ha fatto di tutte le cose, le idee, i sentimenti, i momenti di vita dei suoi genitori, ha insistito come questa sia la maniera più idonea per il raggiungimento della verità, della scoperta di una cosa così universale e naturale.

La continuità della specie uomo e delle sue abitudini attraverso l’unico amore incondizionato: il ricordo. Lo stesso Vilas ha detto di aver scritto per cercare di capire qualcosa di se ed ha prodotto un vademecum che invece fa capire ai lettori che ci si rispecchiano, perché i rapporti tra genitori e figli sono di una profondità universale.

Le descrizioni di un luogo familiare, di abitudini, di forme e contenuti di una famiglia tipo servono a far evocare ai lettori le loro personali esperienze familiari – ha detto l’autore – (provare per credere n.d.r.). Il quale ha ricordato l’ossessione del padre per trovare sempre l’ombra alla sua macchina, la bellezza ed i modi di fare squisitamente spagnoli della madre, la sua adorazione per cucinare e tanti altri momenti di intimità familiare.

Cosa resta della notte (Ed. Nottetempo – Trad. A. Di Gregorio). Mario Fortunato e Angelo Molica Franco hanno presentato la scrittrice Ersi Sotiropoulos. Antropologa, nata a Patrasso, che ha studiato e vissuto a lungo in Italia ed ora vive ad Atene.

Mario Fortunato ha introdotto l’autrice elogiando le trecento pagine del libro in cui c’è prova continua di grande virtuosismo di lingua ed intensità, un incrocio tra un romanzo di pura invenzione ed un poema lirico.

È un romanzo sui tre giorni passati a Parigi nel giugno del 1897 da uno dei più grandi poeti del ‘900, Costantino Kavafis. Un poeta che ha lavorato in ufficio per quasi tutta la vita ad Alessandria, centro economico e culturale ma marginale e provinciale rispetto a Parigi e ne ha sofferto moltissimo. Sua la poesia universale sull’attesa perenne dell’arrivo dei barbari, che precorre Il deserto dei Tartari di Buzzati. Riscoperto da grandi autori inglesi (E.M. Forster, T.S. Eliot) le sue opere sono state pubblicate solo dopo la sua morte.

La Sotiropoulos compie un viaggio di esplorazione interiore, alla ricerca di se, della sua ispirazione poetica e della sua sessualità (un omosessuale ellenistico) da parte del poeta Kavafis in soli tre giorni di grandi meraviglie. Angelo Molica ha parlato della Parigi che ha accolto il poeta, una città piena di fermento e di vivacità, nell’era della Bella Epoque, con i Cafè Chantant, i bar, i ristoranti ed i luoghi frequentati da grandi scrittori (Verlain, Hugo, Mallarmé) pittori impressionisti, artisti tout court, dove stava nascendo il concetto di città moderna.

Fascino e paure, attrattive culturali e luoghi malfamati dentro la Ville Lumière. Ma finalmente lì Kavafis poteva ammettere la propria sessualità e viverla bene, non con amore e vergogna ma in piena libertà. Operazione del libro – secondo l’autrice – è stato seguire la mente del personaggio Kavafis e le sue allucinazioni, i bagliori erotici e la sua grandissima cultura, il virtuosismo delle sue parole, il suo animo ispirato dal sentimento dell’antichità, la ricerca di una nuova qualità da dare alle sue poesie.

È passato tanto tempo (Ed. Feltrinelli – Trad. G. Greco). Luca Briasco ha presentato l’autore Andre Dubus III.

Un libro di riflessione sulla violenza, sui temi e sullo stile del precedente successo letterario (trasposto anche in film) dello stesso autore Casa di sabbia e nebbia – ha introdotto Briasco – raccontando la trama relativamente semplice quanto complessa del nuovo romanzo.

Daniel Ahearn in un momento di rabbia (si definisce un reattore), poco più che ventenne ha ucciso la moglie che amava. Dopo quindici anni di carcere va a vivere in una roulotte e impagliando sedie vorrebbe rimettere insieme i pezzi della sua vita.

Primo ritrovare e ricontattare la figlia Susan, lasciata a tre anni e vissuta con la nonna materna. Ora una donna bellissima, che dopo una vita complessa ma deludente, insegna in un college e cerca di trasfigurare in scrittura quello che ha vissuto e che il lettore del romanzo può leggere a brani alternati alla storia. È vero – ha detto lo scrittore Dubus – si è creata una difficoltà di immergersi nella scrittura di un personaggio femminile che scrive in prima persona come Susan, ma per me è stata una prova di fede e di coraggio per raggiungere il cuore dei lettori.

La nonna Lois è il terzo personaggio del libro: una donna durissima, piena di rabbia, una madre surrogata che ha allevato una nipote ribelle e difficile da gestire. Non c’è da dimenticare le tante dipendenze dei giovani americani (droga, antidepressivi, sesso, cibo e consumi di oggetti materiali). E che ha un’arma nascosta, un fucile, in qualche parte.

A circa sessant’anni, malato di cancro e sconfitto Daniel compie un viaggio dal Massachusets alla Florida per ritrovare la figlia. Un viaggio che è di esplorazione del mondo americano ma anche di se stesso nella sua nuova identità più matura.

Alla domanda di Briaschi se il romanzo abbia avuto un flusso continuo Dubus ha risposto che la radice della parola intuito è custodire, succedere.

Poi ha spiegato apertamente come scrive i suoi libri. Ha lavorato per tre anni per scrivere ogni situazione ed ogni frase una alla volta e poi ha continuato per due anni a finire il montaggio di tutto.  Il romanzo segue tre linee, ma il suo ritmo è scandito da tanti fili che si avvolgono. Ogni singola nota fa parte di una sinfonia finale.

La vita è un po’ un caos, non si può portare troppo ordine in questo caos – ha spiegato Dubus – terminando con la frase ‘tutto è e tutto fluisce’. Poi ha ancora spiegato che Bobby il marito di Susan è nel racconto un musicologo che sente sempre il jazz di Steve Coleman ma è lui autore che ha scoperto la musica di Coleman ed è il flusso del suo romanzo.

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Pino Moroni ha studiato e vissuto a Roma dove ha partecipato ai fermenti culturali del secolo scorso. Laureato in Giurisprudenza e giornalista pubblicista dal 1976, negli anni ’70/80 è stato collaboratore dei giornali: “Il Messaggero”, “Il Corriere dello Sport”, “Momento Sera”, “Tuscia”, “Corriere di Viterbo”. Ha vissuto e lavorato negli Stati Uniti. Dal 1990 è stato collaboratore di varie Agenzie Stampa, tra cui “Dire”, “Vespina Edizioni”,e “Mediapress2001”. E’ collaboratore dei siti Web: “Cinebazar”, “Forumcinema” e“Centro Sperimentale di Cinematografia”.

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