Letterature festival #9. Il premio strega europeo tra passato e futuro, mito e attualità.

Dormivano le piante del Foro Romano in un sonno profondo lungo il tempo. E con loro gli animali nascosti tra le rovine, tutte le pietre e i marmi, e le acque, e l’aria ed i suoni senza più echi. Immemori di un loro passato dimenticato quando avevano vissuto una simbiosi con il genere umano. Per gioco, per diletto, per realtà o finzione letteraria, per apologia di dei o demoni, comunque all’origine nati umani e diventati natura. Avevano fatto parte del Mito dentro la Storia.

Photogallery dell’evento.

Ovidio, con le sue Metamorfosi sarebbe stato presente a questo XVI° Festival delle Letterature di Roma, in ritorno dall’esilio dopo 2000  anni, solo tra un paio di settimane. Ma nella serata del IV° Premio Strega Europeo  è arrivato in anticipo come ospite inatteso,  presente a proposito, nell’inedito letterario della vincitrice del premio.  Jenny Erpenbeck, scrittrice di Berlino est, autrice del libro Voci del verbo andare (Sellerio 2016. Trad. Ada Vigliani), sulla storia di un filologo classico in pensione che si dedica all’ascolto dei migranti,  giunti in Europa da poco alla ricerca di una nuova vita. Analisi politica  e denuncia sociale nella scrittura della Erpenbeck, che ha vinto perché parla di gettare le basi di un disegno per una nuova identità europea, fondato non solo sulle vecchie culture ma su un’apertura multiculturale.

Era tutto iniziato con la musica giusta per un notturno di festa romana antica e moderna, la musica di un dj che si chiamava (Raffele) Costantino, come l’altro facitore della Basilica bella che ci ospitava. Le luci naturali lasciavano il passo a quelle colorate e le piante del “terzo paesaggio”, quelle che fanno frutto  delle zone desertiche  o desertificate,  e si inoltrano dove l’uomo ha fallito e lasciato solo ricordi (belli o brutti che siano). Sotto le luci colorate si allungavano i capperi saporosi, si stiravano le edere multiformi, frusciavano gli oleandri bassi, ridevano le rose colorate, si allungavano i fichi selvatici e ancora crescevano rovi, mirti, ferle e malve  insieme alla parietaria infestante.

Era il tempo del primo autore fuori concorso della serata, intitolata Nel tempo. Percorsi del romanzo europeoColm Toibin, un raffinato autore irlandese (Nora Webster – Bompiani 2016). Lucia Mascino ha letto un brano del libro Nora Webster. Un momento difficile per una donna estremamente sensibile. Quando ancora piena di dolore e lacrime per la perdita del marito giunge in macchina alla casa in riva al mare e si perde nelle fantasie e nei ricordi prima di entrare nella casa vuota. Tra il vento e la pioggia che fischiano e battono il momento di rimpianto per ciò che ha perduto ed una forte consapevolezza di non poter tornare più in quel luogo. Il dj Costantino con la sua apparente estraneità al tutto, pigiava immerso sui tanti tasti del suo strumento e componeva musiche che accompagnavano  le pause degli autori ed i nostri silenzi.

Poi Colm Toibin leggeva l’inedito Clitemnestra usando la voce di una vendicativa donna tradita. Ricordava Toibin, in simbiosi con i pensieri di una donna amareggiata, il ritorno del marito Agamennone dalla Guerra di Troia, accompagnato dalla preda di guerra ed amante  Cassandra, figlia del re Priamo, e da un suo continuo sfoggio di avventure e di gloria. La tranquillità e la freddezza di tale donna nel portare il marito nelle sue stanze, e nel bagno, preso da dietro per i capelli, colpirlo alla gola con un coltello fino a vederlo morto. Compiuto l’uxoricidio, la partecipazione al banchetto, con il morto esposto agli astanti, “in attesa della morte che porta altre morti. Finché tutto ritorni normale”.

Continuava a muoversi e con la luce a crescere la natura del terzo paesaggio, al mutare del colore delle luci sul colosso di Massenzio e sul tempio di Venere Felice.  Al di là delle balaustre nel buio del resto del Foro le piante coltivate dall’uomo , il secondo paesaggio, avevano trovato i loro spazi e respiravano più forte anidride carbonica. Tra i tigli, i lecci, i faggi, le querce, gli olivi, le palme, l’alloro, i pini ed i cipressi un respiro di sonno d’ animale, a volte umano, era nell’ombra  dentro la natura. Ovidio ritornava a Roma alla ricerca delle sue ville, dove mangiare, oziare, amare e riposare creando e scrivendo poemi immortali. Era il convitato di pietra, ad avvertire di non  essere morto, perché con due opere fondamentali come Le metamorfosi e L’ars amandi rappresenta  ancora  il romanzo europeo.

Paolo Giovannucci leggeva l’inedito dal titolo 2666 di Mathias Enard  vincitore con Bussola (Ed. E/O  2016) del Premio Goncourt nel 2015. E’ la storia dell’iscrizione ad un master di scrittura critica che costava appunto 2666 euro. Ma mentre lo scrittore cercava quei soldi  per partecipare al corso e diventare un professionista era riuscito a trovare un libro di Roberto Bolano dal titolo I detective selvaggi, già saccheggiato abbondantemente dai preparatori del corso, che poteva insegnare le stesse cose ad un aspirante scrittore spendendo solo 25 euro. Per Enard è stata l’occasione per dimostrare la sua stima per la letteratura latino-americana, in particolare per il realismo viscerale di Bolano e Madero, con la loro descrizione dei “ fiori del male” a Città del Messico.

Era la volta di Jenny Erpenbeck  con il suo inedito Metamorfosi, il libro che a sentire la scrittrice si può leggere e rileggere tutta la vita e si può portare come unico compagno su un’isola deserta. Un libro caotico che scopre sempre terre inesplorate. La Erpenbeck  ha narrato la storia di Eco trasformata per amore di Narciso, dell’orgoglio di Niobe, a cui gli dei hanno ucciso i figli, trasformata in un blocco di marmo e di Filomela trasformata in usignolo e le storie degli altri trasformati in piante (Dafne) e fiumi (Marsia). Nei racconti di Ovidio – ha continuato la Erpenbeck – sembra che la natura prenda il sopravvento sugli uomini . Ovidio dona anche agli animali, alle piante, alle pietre, all’acqua, ai fiumi, all’aria, al suono, un’origine come una storia della creazione narrata a ritroso. È come se l’umano vivesse  in forma d’attesa nelle cose; nella natura c’è parte dell’uomo e nell’essere umano parte della natura. Ogni mondo (umano, animale, vegetale, minerale, n.r.d.), vive accanto all’altro ed insieme. (Da un concetto di 2000 anni fa così panteista come siamo tornati indietro a parlare solo di noi stessi n.d.r.).

Jonas Hassen Khemiri (Tutto quello che non ricordo – Ed. Iperborea 2017), svedese, ha letto l’inedito La mia prima lettrice. Ha raccontato che a Stoccolma nella Casa della Cultura c’è un Debut Bar dove chi ha pubblicato il primo libro legge ad alta voce alcuni brani ai lettori. Khemiri aveva cominciato a scrivere a 7 anni il suo primo diario. Aveva continuato migliorandosi senza farlo sapere a nessuno. Ed al Debut Bar che frequentava – ha confessato –  era dentro di sé molto critico, invidioso con degli scrittori, che vedeva ridicoli nelle loro presentazioni. Pensava e lo ha detto ad una lettrice che aveva chiesto di leggerlo, di scrivere per sé, per il cassetto della sua scrivania. Era un TS, troppo scrittore. Poi –ha ricordato- dopo aver iniziato un dialogo anche critico con una prima lettrice, ha capito che i testi debbono avere una loro vita. Ha cominciato a leggere brani al Debut Bar di suoi testi pubblicati. Perché – ha terminato- tutto morirà, la società, la Casa della Cultura, gli scrittori, ma i testi rimarranno.

L’attrice Lucia Mascino, accompagnata da una musica inedita e confacente di Costantino, ha letto l’inedito Avanti va il mondo di Laszlo Krasznahorkai (Satantango Ed.Bompiani 2016), ungherese, sulla rivelazione che esiste dalle origini del mondo di una inevitabile causalità che ci sovrasta e si abbatte su di noi (vedi 11 settembre 2001). Malgrado tutti gli sforzi umani per la creazione di leggi che evitino le conseguenze di questa causalità (legge dell’indeterminazione di Eisenberg , legge del caos, legge del caso fortuito, butterfly effect, che fanno parte della teoria della complessità n.d.r.) ogni volta che uno di questi fatti si verifichi si acquisisce quale grande cambiamento sia avvenuto. Dopo l’11 settembre – ha detto Krasznahorkai – è arrivata una nuova era per il mondo. Un periodo nuovo mentre i nostri metodi di approccio sono rimasti vecchi. Siamo ormai diventati – ha continuato a leggere Lucia Mascino – tante persone vecchie, senza soluzioni, né parole. Anche la lingua, una volta bella e affascinante è ora vecchissima e grossolana. Senza una lingua non possiamo più capire il mondo e lo descriviamo vecchio come le albe ed i tramonti, vecchi!  “Sono seduto impotente – ha terminato l’inedito di Krasznahorkai – con la paura che continua a crescere, mentre sento il fruscio di una corda che si sta sciogliendo senza poter far nulla”.

L’ironica scozzese Ali Smith (L’una e l’altra – Ed.Sur 2016) ha iniziato cantando una canzoncina di Natale di quando andava in Chiesa da piccola, poi ha letto l’inedito L’epifania. Racconta di tre Re Magi, che nella loro sapienza attraversavano il mondo ed entravano a far parte di una storia vecchissima di gente che lascia il proprio paese e si mette in viaggio. Portando oro, incenso e mirra, tre simboli che a ben guardare  non hanno un gran valore simbolico (escluso l’oro?).  Ancora una canzoncina piena di humor in cui i Re Magi erano grassi e ridicoli e lei si lasciava cadere in terra in enormi risate. Dopo un ricordo sulla parola Epifania intesa da James Joyce come il massimo, l’attimo fatidico in cui le parole e la capacità di comprenderle convergono fino a cancellare il tempo, la Smith ha detto semplicemente che leggendo ogni giorno si possono raggiungere e condividere milioni di momenti d’essere epifanici. Che ciò avvenga con un tweet o con un libro di mille pagine la lettura è un grande potere.

Alla presenza di Stefano Petrocchi, rappresentante della Fondazione Bellonci, di  Beatrice Covassi, rappresentante della Commissione Europea in Italia e di Maria Ida Gaeta creatrice e coordinatrice del Festival delle Letterature di Roma, avveniva la consegna del Premio Strega Europeo alla scrittrice Jenny Erpenbeck e per la prima volta alla sua traduttrice Ada Vigliani.

 

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Pino Moroni ha studiato e vissuto a Roma dove ha partecipato ai fermenti culturali del secolo scorso. Laureato in Giurisprudenza e giornalista pubblicista dal 1976, negli anni ’70/80 è stato collaboratore dei giornali: “Il Messaggero”, “Il Corriere dello Sport”, “Momento Sera”, “Tuscia”, “Corriere di Viterbo”. Ha vissuto e lavorato negli Stati Uniti. Dal 1990 è stato collaboratore di varie Agenzie Stampa, tra cui “Dire”, “Vespina Edizioni”,e “Mediapress2001”. E’ collaboratore dei siti Web: “Cinebazar”, “Forumcinema” e“Centro Sperimentale di Cinematografia”.

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