Schiavi di un dio minore. Sfruttati, illusi, arrabbiati:storie dal mondo del lavoro di oggi. Di Giovanni Arduino e Loredana Lipperini

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Il mondo del lavoro non lo conosciamo più. E non abbiamo la lingua per descriverlo. O, meglio. Il mondo del lavoro lo conoscono molto bene coloro che oggi lavorano. E la lingua con i quali lo descrivono, non ha nulla a che vedere con i diritti, la dignità, l’onestà, il frutto della conoscenza.

Quindi c’è un gap. No, c’è un vero e proprio baratro fra una generazione e l’altra. Fra chi era abituato a pensare il lavoro non soltanto come mezzo indispensabile per sopravvivere, ma anche come punto di orgoglio, come la certezza di avere un ruolo preciso (anche se non importante) in una collettività e chi, magari nato con gli stessi valori, ha scoperto sulla sua pelle che il mondo del lavoro, oggi, è tutt’altro. È mettersi al servizio del padrone senza più nessun potere contrattuale. Neanche quello di tirare la famosa scarpa per inceppare l’ingranaggio.

Schiavi di un dio minore. Sfruttati, illusi, arrabbiati:storie dal mondo del lavoro di oggi di Giovanni Arduino e Loredana Lipperini (UTET) è una storia che racconta molte altre storie del lavoro di oggi. Molte sono testimonianze, altre, invece, sono narrazioni che hanno come protagonisti i lavoratori un po’ ovunque nel mondo. Uomini e donne che di lavoro sono morti, sono rimasti invalidi, hanno sentito scivolare l’utero fuori dal loro corpo perdendolo a vent’anni o si sono accasciati al suolo, consumati da ritmi impossibili fra gli scaffali dei magazzini dove vengono preparate le merci che noi compriamo. Ad un prezzo che ci appare conveniente. Anche perché, diciamolo: se non fosse così conveniente, non avremmo alcun modo di farle nostre.

Saperlo. È questa la parola chiave che mi lampeggia davanti mentre mi addentro con un senso di claustrofobia nelle pagine del libro. Sono tentata di negare; di dire che non può essere così, che probabilmente le persone che raccontano queste storie – che nemmeno La capanna dello Zio Tom – sono pagati dalla concorrenza per screditarsi a vicenda, oppure che stiamo parlando di culture diverse, con diverse percezioni del lavoro… e invece no. Questo libro è stato scritto per saperlo: per sapere che la madre che per quindici anni esce alle 2 di notte e percorre 300 chilometri per arrivare alla vigna dove sarà bracciante fino alle sei del pomeriggio, fino al giorno in cui muore, lì, fra gli acini puliti che faranno bello il grappolo sulla tua tavola, non è la sola; che non è la sola neanche Shila che, va bene, sì è bengalese e lavora nella fabbrica che produce il bel maglioncino che hai appena comprato fino a quando tutto il palazzo non viene giù e la schiaccia e la svuota e la lascia viva e nessuno sa dire se è un miracolo; e non è la sola neppure F9327140, al secolo Tian Yu che dalla campagna cinese è arrivata nella grande fabbrica che produce oggetti di culto che useranno persone “affamate e folli” di creatività, s’intende, mentre lei era semplicemente affamata e resa folle fino al suicidio da uno sbaglio per cui il suo stipendio di 150 Euro mensili non le viene accreditato.
Non sono soli perché questo è il mercato del lavoro oggi. Che tu stia in Cina, in Bangladesh, in Puglia oppure in Francia, in America, o soltanto fra i vetri lustri, le arance, il cavolo nero e le salse pregiate della ristorazione di qualità.
Un mercato a cui servono schiavi e chi non vuole, non può o non ce la fa, si cambia. Schiavi col braccialetto, il contapassi, il timer che controlla quanto tempo impieghi a fare qualsiasi cosa. Anche ad andare in bagno.

Questo libro è stato scritto anche per raccontare che i lavoratori oggi sono sfruttati, ma non si parlano fra loro; che i padroni hanno imparato a costruire narrazioni sempre più basate su un inganno collettivo: tu consumatore sei il fulcro di tutto, a te si rivolgono con gentilezza, ti fanno balenare improbabili benefici (tranne quando ti impunti, allora sei solo un cacciaballe), ti mettono a disposizione quello che vuoi in maniera rapida, economica e, soprattutto, ti rassicurano. Come potrebbe questa bravissima gente commettere un abominio? A te, lavoratore, invece, ti inzeppano di illusioni, in primo luogo quella di stare lavorando in un ambiente familiare e amichevole, ti dicono che il benessere del cliente dipende da te e che tu sei l’artefice del successo nonostante ti contino i passi, i secondi e non rispettino le minime misure di sicurezza e neanche i tuoi diritti.
Ma capire questo non è facile quando vivi in una perenne competizione, morso dalla stanchezza e dalla solitudine, giudicato da chi sta peggio di te, illuso con brillii lontani di miglioramento che troppo spesso vengono negati se non addirittura tolti al primo sbaglio.
E non è facile neanche denunciare tutto questo perché non c’è la minima coscienza di classe: i lavoratori schiavi non si parlano, sono arrabbiati, sì, ma non sanno qual è il vero obiettivo della loro rabbia, la causa principale del loro malessere.
D’altronde l’ignoranza di queste condizioni è molta e, per chi non le vive, è persino facile pensare di poter rinunciare a diritti anche fisici per l’illusione di un guadagno seppur povero, che non avrai mai modo di utilizzare perché la tua vita, fatta di turni, sabati, domeniche, ferie e malattie cancellati, ti toglierà perfino il tempo del dormire.

Non che prima fosse molto diverso, eppure c’è stato un periodo in cui la ragione, la coscienza e la consapevolezza dei diritti aveva preso il sopravvento portando molte conquiste.
Loredana Lipperini e Giovanni Arduino ragionano con la coscienza ed il sapere di quel periodo, gli altri, gli sfruttati, sanno solo che c’è qualcosa che non va, come del resto lo sapevano anche i loro antenati, quelli hanno lottato per il lavoro; ma oggi nessuno sembra sapere davvero per cosa lottare. Lavoratori e padroni non parlano la stessa lingua e il dialogo si limita a manifestare un disagio senza prospettare o trovare soluzioni.

Questo libro, però, non è fatto per far addolorare il lettore, farlo commuovere e poi dimenticare, ma rischia di venire letto solo così. E allora, cosa possiamo fare? Quale lingua dobbiamo inventare che non c’è davvero nessuna fortuna, ma nessuna-nessuna nel guadagnare 1000 Euro al mese pagando in umiliazioni, restrizioni e dignità.

Loredana Lipperini racconta le verità del libro Schiavi di un dio minore. Sfruttati, illusi, arrabbiati: storie dal mondo del lavoro di oggi mercoledì 21 dicembre alle ore 18,30 alla Libreria Teatro Tlon di Roma in Via F. Nansen, 14 – Roma

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Giornalista culturale e autrice di testi ed adattamenti, si dedica da sempre alla ricerca di scritture, viaggi, tradizioni e memorie. Per dieci anni direttore responsabile del mensile "Carcere e Comunità" e co-fondatrice di "SOS Razzismo Italia", nel 1990 fonda l’Associazione Teatrale "The Way to the Indies Argillateatri". Collabora con diverse testate e si occupa di progetti non profit, educativi, teatrali, editoriali, letterari, giornalistici e web.

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