Arripizzari. Le tessitrici di storie e i loro fili ribelli

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Arripizzari. Tessitrici di storie (Le Commari Edizioni)  è la prima antologia di scrittrici italiane contemporanee ed è curata da Alma Daddario, ma in realtà non è (solo) un libro. È una tela candida sulla quale sono state dipinte le storie vivide e diversissime di quattordici autrici. Quattrodici racconti a tema libero, la maggior parte appositamente scritti per quest’antologia.

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Dacia Maraini, Chiara Alivernini, Maria Rosa Cutrufelli, Toni Maraini, Alma Daddario, Maria Antonietta Coccanari de’ Fornari, Lia Migale, Katia Ippaso, Valeria Moretti, Susanna Schimperna, Veronica Passeri, Orsola Severini, Luisa Stagni, Daniela Bertulu. Scrittrici, giornaliste, drammaturghe, attrici, insegnanti. Tutte legate fra loro dal magico ago della scrittura.

Il tema libero, d’altronde, rappresenta una traccia sorprendente: permette a persone distanti e a volte sconosciute fra loro, di trovare – senza parlarsi – un accordo timbrico, una partitura condivisa. O forse è proprio la parola “arripizzari” a fare la magia.

Arripizzari in siciliano significa rammendare, ricucire; eppure le parole, in questo libro, non riparano solo uno strappo: creano una tessitura dai colori inaspettati, densi, naturali, vitali.

Si sa che una delle capacità più antiche delle donne è quella di tessere, di unire, di riprendere stati d’animo e discorsi interrotti, di riparare curando o accogliendo; sfamando o includendo.

Da Aracne a Penelope, dalle Moire ad Arianna; dalla tessitura nei conventi a quella rieducativa nelle carceri settecentesche; dai patchwork di denuncia del regime militare cileno ai tanti club del crochet così prepotentemente tornati alla ribalta propio perché tendere un filo significa incontrarsi, legarsi, costruire una rete, una condivisione, un’opera d’arte.

Non a caso, da ognuno di questi racconti sfugge un filo ribelle, quel filo luminoso che sa lasciare tracce definite.
Come in tutti i giochi combinatori, anche questi racconti possono essere letti secondo l’ordine dato dalla curatrice o secondo quello del cuore.
Il disegno finale, però, non cambia. Resta, comunque, un arazzo di vite differenti che ritornano all’una. Alla vita del femminile narrante.

I diversi racconti non si possono sunteggiare, debbono essere letti e vissuti nella loro potenza descrittiva, nei loro colori, nel loro essere matasse pronte a sbrogliarsi. Sono storie di donne, spesso solitarie, a volte accompagnate da qualche altra figura che rappresenta il caso o la fatalità, quella sorte per cui i colori dei fili possono cambiare: uomini, animali, presenze…

Donne che si confrontano con rotture, perdite, nuovi inizi, ricordi e lo fanno sempre con la capacità di volgere al bene qualunque dolore. Di ricomporre, di risolvere, modificare, far nascere nuovamente.

Le scritture così diverse, così tutte forti, a volte innovative, sbaraglianti, altre rassicuranti nella loro perfezione stilistitica riescono a formare una trama pressochè unica, ma con molteplici sfaccettature che sfamano la nostra necessità di sapersi, di riconoscersi, di costruirsi.

Come, d’altronde, dice Alma Daddario nella  sua nota finale:

“ogni storia è un frammento che grazie all’arte del rammendo possiamo finalmente conoscere, memorizzare, conservare per poterlo condividere attraverso il racconto che diventa anche un momento di confronto fra generazioni, stili, visioni: per questo la realizzazione di un’antologia di autrici contemporanee rappresenta oggi più che mai il mezzo ideale per ricomporre le lacerazioni del mondo”. 

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Giornalista culturale e autrice di testi ed adattamenti, si dedica da sempre alla ricerca di scritture, viaggi, tradizioni e memorie. Per dieci anni direttore responsabile del mensile "Carcere e Comunità" e co-fondatrice di "SOS Razzismo Italia", nel 1990 fonda l’Associazione Teatrale "The Way to the Indies Argillateatri". Collabora con diverse testate e si occupa di progetti non profit, educativi, teatrali, editoriali, letterari, giornalistici e web.

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