All’epoca che le fanciulle. I maghi, le lune e la poesia delle fanciulle di Cetta Petrollo

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All’epoca che le fanciulle (Editrice Zona) di Cetta Petrollo racconta di 29 fanciulle (più i loro ritorni) al tempo in cui erano regine ed avevano 60 anni e cominciava tutta un’altra strada.

All’epoca che Cetta Petrollo ha scritto questo libro ogni cosa ha cominciato a trasformarsi inaspettatamente perché, nonostante sia in prosa, si rivela per quello che è: pura poesia (folgorante poesia, poesia tagliente, luminosa, accogliente…) e dunque porta con sé una semplice magia, le parole, le storie, le vite, i ricordi, i ritagli, le amnesie contenute al suo interno avranno per tutti i lettori la stessa forza e la stessa capacità di fare entrare in una partitura di vita nuova dove le emozioni si confondono con le magie, dove la favola cede il posto alla vita.

Ma se poi chi legge è una fanciulla di 60 anni (o quasi, o più) allora il libro altro non è che il racconto della propria vita, di tutte le parti conosciute di sé, di quelle accantonate, nascoste, evidenziate con il giallo sfolgorante, ma anche di qualche parte che non si è mai cercata, che non si sa, che ci aspetta, che sta chissadove e chissaquando.
Un identificarsi, un testimoniare di sé.

E visto che, in fondo è poesia, si può leggere allo stesso modo di un libro di poesia. Si apre, si scopre, si avanza, si chiude, si indietreggia. Si riapre per capire meglio, per vedere se le virgole interiori sono state messe al punto giusto o se, forse in un altro giorno, tutto comincia a significare qualcosa d’altro, di diverso, la punteggiatura personale si riposiziona ancora, nuove immagini e nuovi significati emergono luminosi.
Perché come un libro di poesia cambia i significati e gli immaginari.

All’epoca che non è che una formula magica. Appena la pronunci si spalanca dentro e fuori il tuo nome, il tuo mondo, il tuo ricordo uguale e diverso (opposto) a quello delle fanciulle. Appena la usi l’anima che legge si ritrova all’interno del mondo di cui sa e di quello di cui immagina. I gesti quotidiani messi lì come tesori da raccogliere ad ogni passo come i resti delle conchiglie sulla spiaggia, i legni ed i sassi.

 […] quando sarò vecchia, si era detta camminerò per una spiaggia con un maglione rosso e camminerò a lungo e dentro di me avrò un uomo e molta gioia e nessuno farà chiasso mentre io mi prenderò tutte le sciabordate che arrivano e i gusci di cozze rotte sotto ai piedi e mi abbasserò per passare sotto al tunnel della roccia e mentre cammino poi girerò il nastro della sabbia risalendo verso la costa in salita e lui mi starà aspettando col risotto di mare, con i gamberi, le canocchie, le telline, le vongole, i ricci, i cannolicchi nei letti d’ alghe e limoni e pane appena sfornato, io scrivo in cammino, lui invece a casa, io corro i versi lui mi ferma e appena giunta seguendo il vento e guardando la barca azzurra scrostata con quell’odore che hanno le barche scrostate ci diremo tutti questi versi che si sono nascosti di qua di là, che si sono nascosti qua e là in tutti questi anni quando non c’eravamo […]

E tu sai che quella barca rovesciata è proprio la tua barca azzurra come il mare e il maglione rosso con cui camminavi lungo la spiaggia è lo stesso di tua madre, che hai indossato da adolescente come un talismano e che hai ritrovato in una foto in bianco e nero (ma tu sapevi che era rosso ciliegia) all’epoca che tua madre sedeva a prua sorridendo, con in mano una stella marina su una spiaggia di Capri.

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Giornalista culturale e autrice di testi ed adattamenti, si dedica da sempre alla ricerca di scritture, viaggi, tradizioni e memorie. Per dieci anni direttore responsabile del mensile "Carcere e Comunità" e co-fondatrice di "SOS Razzismo Italia", nel 1990 fonda l’Associazione Teatrale "The Way to the Indies Argillateatri". Collabora con diverse testate e si occupa di progetti non profit, educativi, teatrali, editoriali, letterari, giornalistici e web.

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